L’eredità sociale (e musicale) degli anni Ottanta in un libro

Per uno come me, nato agli inizi dei Sessanta del secolo scorso, dove c’era solo la televisione in bianco e nero con un paio di canali, l’evoluzione tech e l’involuzione culturale della specie umana sembrano il viaggio a bordo di un’astronave narrato da Kurt Vonnegut: Winston Niles Rumfoord e il suo cane Kazak in giro per lo spazio profondo risucchiati in un infundibulo cronosinclastico. Distorsioni temporali, queste sono state le tappe dell’adolescenza e della giovinezza di chi è nato in quegli anni.

Adolescenti nei Settanta, con la colonna sonora di Led Zeppelin, Genesis, Yes, King Crimson, Pink Floyd, Guccini, De Andrè, Dalla, Sly & the Family Stone, Marvin Gaye…, affascinati dalle ideologie, con la voglia di conoscere, con la presunzione di farcela comunque, dall’essere contro per necessità vitale.

Giovani uomini e donne negli Ottanta. E qui quel dispettoso infundibulo cronosinclastico ci ha mandati dritti in un bel guaio: dall’idea di comunità si passa al singolare, dall’impegno si scivola nell’edonismo, dalla cultura dell’apprendere si perpetua la licenza del disinteresse. Nei Novanta, quando di anni ne avevamo trenta, l’edonismo ha ceduto alla depressione e, nella musica al grunge dei Nirvana e al pessimismo indie dei Radiohead… Il resto fino ai giorni nostri non è marcante. Anzi, a ben guardare, l’aeronave di Niles continua a stazionare nel parcheggio degli Eighties, con spostamenti minimi. 

Vi starete chiedendo se prima di scrivere queste righe mi sono scolato una cassa di Raboso del Piave di Cecchetto. Invece, la stura dei pensieri, che è un po’ l’inizio di una fase di riorganizzazione dei ricordi, me l’ha fornita un libro che consiglio di leggere, Gli Ottanta. L’Italia tra evasione e illusione di Luca Pollini (E115, 480 pagg, 22 euro). Continua a leggere



Olivia Trummer e Nicola Angelucci: Dialogue’s Delight!

 

Olivia Trummer e Nicola Angelucci – Foto Andrea Boccalini

C’era una volta una volpe vezzosa e canterina che amava la musica. Aveva imparato a suonare il pianoforte da cucciola. Era diventata amica di un coccodrillo che annunciava il suo arrivo battendo zampe e coda, creando nel tranquillo scorrere del grande fiume tanti cerchi concentrici, ritmati ricami d’acqua. Con lui si trovava per suonare e cantare, insieme si capivano attraverso la musica. Ritmo e armonia. Una scimmietta, brava fisarmonicista, li sentì suonare e si inserì in quei divertenti dialoghi. I tre diventarono inseparabili, superarono le loro visibili differenze affidandosi alla musica, linguaggio universale…

Viene spontaneo iniziare con una favola, guardando la cover – e l’allegato libretto – opera dell’illustratrice Cecilia Valli di Dialogue’s Delight, primo lavoro del duo Olivia Trummer e Nicola Angelucci con la partecipazione di Luciano Biondini. L’antropoformizzazione di Olivia, creativa pianista e cantante di Stoccarda, di Nicola, uno dei più apprezzati batteristi jazz della scena internazionale e di Luciano, prezioso fisarmonicista è un piccolo tocco di genio della Valli. Cosa c’era di più narrativamente forte e immediato che immaginare il dialogo di tre “animali umanizzati” così diversi? La musica fa queste magie, unisce gli opposti, garantisce e rispetta le differenze, le esalta come massima forma d’arte. Continua a leggere



Taranto: in mostra le batterie di Antonio Di Lorenzo

Per gli appassionati è un’occasione ghiotta. Fino al 18 giugno a Taranto, in occasione del Medimex, vi segnalo la mostra Vintage Drum Show Medimex 2023, Antonio Di Lorenzo Drum Collection nell’ex-chiesetta dell’Università degli Studi – Polo Jonico (via Duomo 259, orari 10-19:30, ingresso libero).

Antonio Di Lorenzo è un musicista e batterista che naviga tra jazz, pop e cantautorato impegnato.Nella sua lunga attività vanta collaborazioni eccellenti, da Steve Lacy, Lee Konitz, Enrico Rava, Benny Golson a Vinicio Capossela, Lucio Dalla e Paolo Conte. Tra pochi giorni, il 21 giugno, uscirà il suo sesto lavoro The Sweet Survivor.

Un disco che ha iniziato a comporre a Los Angeles ma che poi, cosa Covid, ha stoppato. «È stato un lavoro piuttosto sofferto ma alla fine l’ho portato a termine. Con me ci sono Bruno Tommaso al contrabbasso, John Medeski al pianoforte e Marc Ribot alla chitarra». Oltre anche ad altre vecchie conoscenze come Vince Abbracciante, fisarmonicista di gran talento, il bassista Dado Penta, il sassofonista Sabino Fino. «Vince è il mio fratello piccolo, è davvero bravo, l’ho cresciuto con l’Hammond!». The Sweet Survivor è un lavoro ricco di colori: «Non è jazz tradizionale, ho voluto inserire tutte le mie passioni. Uscirà in digitale, in cd, in vinile e anche in cassetta. Alla vecchia maniera…», mi spiega. Continua a leggere



La felicità e il futuro secondo Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù – Foto Mauro Talamonti

L’ignoranza è certezza, fare i soldi e scappare/ Mendicanti di ebrezza, noia peninsulare

Mi ha colpito questo passaggio nel testo di Italia Pornografica, brano che apre l’ultimo lavoro di Paolo Benvegnù dal titolo Solo fiori. L’artista in questione ha un pedigree d’eccellenza nel panorama di quella musica italiana per nulla mainstream, e probabilmente per questo di grande valore artistico. Continua a leggere



Kublai, la vita è un… sogno vero

Delle ultime uscite italiane di questi mesi mi ha interessato un Ep intitolato Sogno Vero a firma Kublai. Quattro brani dove l’elettronica è il filo conduttore per un lavoro cantautorale al cento per cento, arricchito da gran bei fraseggi che attingono al rock progressive. 

L’artista in questione è milanese, ha 35 anni e si chiama Teo Manzo. Condivide il progetto con Mamo, l’ex batterista degli Io?Drama, amico di una vita. Proprio in una Milano inaridita d’underground, che ha abbandonato il ruolo di città stimolante per una sistemazione più comoda su un mainstream sempliciotto, chiuso tra rap, trap e beat prefabbricati buoni per ogni stagione, Teo ha compiuto nel suo piccolo un miracolo allo stato solido. Insomma, vien da dire, c’è vita su Marte.  Continua a leggere



Tony Esposito e Antonio Faraò, le buone vie del jazz

Tony Esposito

Approfittando dell’ospitalità di Tgcom24, da anni cerco di trasmettere il senso e il valore della buona Musica. Buona s’intende la musica capace di emozionare, di toccare il nostro essere più nascosto. Non tutto quello che c’è in giro ha questo scopo, ma lì andiamo in un’altra definizione, che è “intrattenimento”. Nulla di male, è necessario anche quello. Solo la buona Musica, però, riesce a parlarti, a scavarti dentro, a farti riflettere sulle cose di tutti i giorni. 

Ed è proprio “quella” buona Musica che ho ascoltato ieri sera nell’Auditorium Arvedi di Cremona, serata finale dell’ottava edizione di Cremona Jazz, saggiamente organizzata dal direttore artistico Roberto Codazzi. In un teatro con messa in scena centrale, un gioiello in legno – il pavimento del palco è una cassa di risonanza grazie a un’intercapedine di 60 centimetri costruita in cedro giallo dell’Alaska – hanno suonato musicisti che fanno parte della mia formazione musicale, Tony Esposito, Gigi De Rienzo, Antonio Faraò, accompagnati da Lino Pariota, alle tastiere e voce, e da Claudio Romano alla batteria. Continua a leggere



Tommaso Novi, trio per fischio in concerto

Fischiettare è un bel segno di felicità, almeno a me capita spesso. C’è chi del fischio ne ha fatto una professione, vedi il mitico Alessandro Alessandroni che ha messo le sue perfette modulazioni a disposizione di Ennio Morricone, contribuendo a rendere immortali le colonne sonore degli western di Sergio Leone, tanto che inventò il genere fischio western. Vi parlo di fischio perché questa sera, apre una mini tournée per ora tutta toscana che merita la partecipazione.

L’artista in questione lo conoscete già. Vi ho parlato di lui nel dicembre del 2021. Si chiama Tommaso Novi, 44 anni, pisano. Porta con sé tutta l’irriverenza e la goliardia guascona toscana unita a una solida preparazione musicale. Insomma un artista completo. Uno che, sull’ultimo album pubblicato, Terzino Fuorigioco, ha dedicato un brano al suo impresario. Continua a leggere



Terra senza terra: il ritorno di Ilaria Pilar Patassini

Ilaria Pilar Patassini – Foto Paolo Soriani

Antefatto in Do minore. È un buon inizio per un racconto in musica, storia in cui si intersecano tanti personaggi. Il piccolo Tancredi, l’amico Pierre, discografico illuminato morto troppo presto, gli amanti di Architetture Lontane di Paolo Conte, la funambola Maria Spelterini, Tzia Gavina Puggioni, anziana e saggia donna sarda. Vicende che profumano di mare e anelano alla terra, che reclamano riflessioni profonde su cosa siamo diventati e dove vogliamo dirigerci.  Continua a leggere



Hamilton de Holanda il pollo volante, tra Choro e jazz

Flying Chicken, pollo volante. Ma l’avete mai visto volare per davvero un pollo? La cover dell’ultimo disco di Hamilton de Holanda, il mitico bandolinista carioca, mostra un pollo antropofoirmizzato con tanto di occhiali da sole con in testa una gallina, comodamente sistemata, sullo sfondo di un cielo azzurro carico con candide nuvole. Cielo tropicale e allegro. In portoghese, Flying Cicken si traduce Frango Voador.

Ok, gli elementi per iniziare a raccontarvi il disco ci sono tutti. Il bandolim, simile al mandolino a cui Hamilton ha fatto aggiungere altre due corde portandole a dieci per dare maggiore profondità allo strumento e possibilità di volare sulla piccolissima tastiera, il Frango, che altri non è che il tecnico del suono di Hamilton, con lui da tanti anni, «un amico che risolve qualsiasi problema» (mi racconta l’artista) e, infine, la sfida. Continua a leggere



Marco Pacassoni, il vibrafono come stile di vita

Marco Pacassoni, John Patitucci e Antonio Sanchez – Foto Andrea Rotili

Marco Pacassoni, classe 1981, è uno dei più bravi e versatili vibrafonisti italiani. Un musicista completo, di quelli baciati dalla dea della musica. Vive a Fano, s’è laureato al conservatorio di Pesaro e quindi negli Stati Uniti alla mitica Berklee School of Jazz, in entrambe con lode.  Continua a leggere