Moreno Conficconi e Romagna 2.0: con gli E-Wired Empathy rinascerà il Liscio

Moreno Il Biondo Conficconi – Foto Elisa Magnoni

Si appassiona mano a mano che racconta, è un fiume in piena. Aperto, solare, curioso. Moreno Conficconi, conosciuto come Il Biondo, 66 anni, calca i palchi da quando di anni ne aveva 14. Clarinettista dell’orchestra Casadei «abbiamo fatto 330 serate all’anno per 15 anni», mi racconta, sta vivendo una seconda vita artistica. Dopo l’esperienza con gli Extraliscio s’è imbarcato in un progetto in cui crede fortemente. 

Ne va della salvezza e della nobilitazione del Liscio, musica da ballo, fieramente da sagra paesana e poco d’ascolto. Una tradizione radicata soprattutto nella sua Romagna. Il liscio ha un’anima musicale forte, basta saperla scoprire e aprirsi al dialogo con musicisti di altra estrazione. Con questo spirito esce proprio oggi Romagna 2.0, album che Il Biondo firma con gli E-Wired Empathy, una vecchia conoscenza di Musicabile. Apparentemente due realtà incomunicabili. Apparentemente… In realtà il disco che vi consiglio di ascoltare attentamente e senza pregiudizi dà il via a una nuova rilettura di una musica folclorica che ha un peso nel nostro Paese. Come è stato per la Taranta Salentina, quando Stewart Copeland, storico batterista dei Police, si innamorò a tal punto da farne uno spettacolo che ha portato in giro per il mondo. Continua a leggere

Luciana Morelli, il canto e le parole affidate al vento

para reconocer en la sed mi emblema 
para significar el único sueño
para no sustentarme nunca de nuevo en el amor
he sido toda ofrenda
un puro errar 
de loba en el bosque
en la noche de los cuerpos
para decir la palabra inocente

(Los Trabajos y Las Noches, Alejandra Pizarnik)

Words of the Wind è il titolo del terzo album di Luciana Morelli, musicista, cantante e compositrice argentina residente a Basilea, uscito il 7 giugno scorso per Habitable Records, etichetta nata tre anni fa grazie all’intraprendenza e alla scommessa di otto giovani musicisti capitanati dall’argentino Javier Subatin. Tra questi “saggi” c’è anche c’è anche una preziosa conoscenza di Musicabile, Francesca Remigi. 

Un album bello, ricco di chiaroscuri a pennellare un progetto che parte dalle poesie di quattro autrici di epoche diverse: l’inglese Emily Brontë, vissuta nell’Ottocento, l’argentina Alejandra Pizarnik, una delle voci controcorrente del Novecento latinoamericano, suicidatasi ad appena 36 anni, nel 1972, la newyorkese trentaseienne Robin Myers, appassionata di letteratura iberoamericana, e la settantaquattrenne canadese, poetessa e saggista Anne Carson.  Su queste solide basi Norelli ha basato le sue composizione, andando ad armonizzare versi e armonie. Continua a leggere

Gli Wes Or No Trio ritrovano Montgomery con “Watch What Happens”

Da sinistra, Simone Basile, Giovanni Paolo Liguori e Manrico Seghi

Il 19 luglio prossimo uscirà sugli scaffali digitali e fisici Watch What Happens, secondo lavoro del Wes Or No Trio, giovane formazione jazz composta Simone Basile alla chitarra, Manrico Seghi all’Hammond e Giovanni Paolo Liguori alla batteria. 

Wes, chitarra, Hammond… gli indizi non possono che portare in un’unica direzione. Wes è il grande Wes Montgomery, colui che rivoluzionò la chitarra jazz negli anni Cinquanta e Sessanta, e gli strumenti usati dal trio di cui sopra, si rifanno al modo di concepire la band del musicista di Indianapolis: si può fare buon jazz anche abbandonando il contrabbasso, elemento dirimente in un trio, sostituendolo con un organista (nonostante le critiche feroci ricevute dai puristi del jazz di allora che tacciarono l’artista d’essere troppo commerciale).  Continua a leggere

Petrigno, blues e rumore per parlare la Lingua del Santo

A fine aprile è uscito il primo disco di Marco Petrigno, cantautore, bluesman e pittore palermitano. Il titolo incuriosice, La lingua del Santo (via Vina Records), otto tracce che trasudano dolore, sofferenza, visioni apocalittiche. In effetti di un’apocalisse si tratta. Un’apocalisse personale dove il roots blues ci calza alla battuta. Chitarre stridule, resofonica metallica fino all’asprezza, synth che creano tappeti profondamente cupi, disegnando oscurità nel pentagramma. 

Può sembrare un ossimoro uscire con un lavoro così in un momento, come la primavera che prelude all’estate e alla voglia di sole e fancazzismo. Una risposta la dà lo stesso artista, consapevole di questa forzatura: «La lingua del Santo è un disco che principalmente serviva a me. Che mi mancava. È come se senza dolore fossi nulla. A volte mi sento come se ci siano dei posti dentro la mia testa dove non posso andare neanche io. Malessere ed irrequietezza. Sentirsi fuori posto, inesatti. Scomodi. Il disco è uno sfogo del mio malessere, la mia musica lo è solitamente», spiega Marco. Continua a leggere

“Somewhere In My Mind”: le visioni funk, jazz e rock di Luigi Masciari

Da sinistra: Jason Lindner, Luigi Masciari e Roberto Giaquinto

Luigi Masciari, classe 1977, è un chitarrista e un compositore di grande eleganza. Vive a Roma e insegna chitarra jazz al conservatorio di Firenze. Il 31 maggio scorso ha pubblicato il suo terzo lavoro in studio, Somewhere In My Mind, via Tosky Records. Sette brani densi, condensati in pochi minuti di ascolto ciascuno, eccetto l’ultimo, Monolith, di 7 minuti e 59 secondi, ricchi di spunti, dialoghi, visioni.

In questa psichedelica avventura sonora assieme a Luigi ci sono due incredibili compagni di viaggio, Jason Lindner, tastierista e compositore newyorkese attivo da metà anni Novanta in varie formazioni, ha suonato nell’ultimo disco di David Bowie, Blackstar (pubblicato l’8 gennaio del 2016, giorno del compleanno del Duca Bianco, che morì due giorni dopo) e il batterista Roberto Giaquinto, che vive e lavora ormai da anni a New York. I tre, oltre al jazz hanno in comune l’origine. Luigi e Roberto sono napoletani veraci, mentre Jason, da parte di madre, vanta discendenze partenopee.  Continua a leggere

Mood Swings, Laura Fedele canta la libertà

Laura Fedele – Foto Alice Asinari

Libertà. Se dovessi riassumere in una sola parola il nuovo lavoro di Laura Fedele, pianista e cantante genovese, docente di canto jazz alla Civica Scuola di Musica Claudio Abbado di Milano, questa sarebbe la più corretta. Libertà di dire quello che si pensa, di essere critica verso questo modo di procedere e organizzare la vita che l’umanità s’è data, di gridare la propria visione di un mondo possibile, di chiamarsi fuori dal comune sentire su guerre, violenze, confini. Mood Swings uscito un paio di mesi fa è un disco che già dal nome invoca ad alta voce questa aspirazione vitale.  Continua a leggere

Alis Ray stasera sul palco di Vasco: sogni e futuro

«Ho avuto la grande fortuna di incontrare una scuola di auto-consapevolezza che mi ha permesso di iniziare a conoscermi veramente e mi ha fatto prendere in mano le redini della mia vita. Ho iniziato a studiare canto e a scrivere le prime canzoni, mi sono misurata con la vergogna, le paure e con tutte quelle voci interiori che mi dicevano di lasciare perdere perché non ero abbastanza brava. Ho scelto di nutrire e di ascoltare la parte migliore di me che si è accolta per com’era, perché avevo compreso che solo vedendomi meglio potevo cambiare, accogliendo anche le critiche. Anni fa non potevo cantare davanti a nessuno. Al mio primo concorso canoro mi sono esibita seduta con le spalle rivolte al pubblico…».

Annalisa Stecconi, classe 1988, parmense. Nome d’arte Alis Ray. Il suo percorso artistico lo ha riassunto nelle parole che avete appena letto. Stasera aprirà la sesta data milanese di Vasco Rossi. Una bella occasione arrivata dopo essersi aggiudicata a maggio il Zocca Paese della Musica, contest-festival nato con l’obiettivo di scoprire e lanciare nuovi talenti nel mondo della musica, in collaborazione con Vasco Rossi. Alis (crasi di Annalisa) è cresciuta a buona musica,  grazie al padre e allo zio appassionati di Rock, quello che oggi definiscono “classico”, in realtà ancora molto più avanti rispetto al piattume mainstream attuale. Continua a leggere

Max De Aloe, l’armonica e Thelonious Monk

Il 17 maggio scorso, solo su supporto fisico (ad agosto seguirà quello digitale), è uscito un disco che vale la pena d’essere segnalato. Si intitola Melodic Monk e l’autore è l’armonicista Max De Aloe con il suo ormai storico quartetto, Roberto Olzer al pianoforte, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Nicola Stranieri alla batteria. È un lavoro dedicato al Thelonious Monk compositore, dove troviamo brani famosissimi del pianista americano come ‘Round Midnight, Bemsha Swing, Ugly Beauty, Ask Me Now, Pannonica, reinterpretati in ambiente morbido e sofisticato, una chiave di lettura più struggente del lavoro diMonk, meraviglioso pianista irruento e percussivo. 

Max è un musicista proficuo: al suo attivo ha più di 60 dischi (ha collaborato anche a Risvegli, il lavoro della pianista Eugenia Canale di cui vi ho parlato lo scorso anno), 18 di questi firmati come leader, ma è anche un artista che da sempre lavora con la cultura organizzando spettacoli in solo, creando colonne sonore per spettacoli teatrali e documentari, collaborazioni con poeti, scrittori e registi, direttore artistico di festival. A Gallarate, la città in cui vive, nel 1995 ha fondato una scuola di musica, il Centro Espressione Musicale, dove insegna tecnica d’improvvisazione jazz, fisarmonica e armonica cromatica. Ciliegina sulla torta, dal 2018 è anche il direttore della casa discografica Barnum For Art, etichetta che ha pubblicato quest’ultimo lavoro. Insomma, uno che non sta mai fermo! Continua a leggere

Romina Falconi, regina delle ombre

Romina Falconi. Le foto sono di Ilario Botti

Romina Falconi, classe 1985, romana, bionda platino. È un’artista che, sui dischi, naviga tra le onde rassicuranti del pop e, dal vivo, in quelle del rock bello elettrico, usando le stesse canzoni. È la donna degli ossimori: musica sbarluccicante/testi da rapper incazzato, ironica e tagliente/dolce e sorridente. «Nel mondo del pop quando ho cominciato a bussare alle porte delle case discografiche e delle radio mi vedevano come un mix tra una macchietta e la saponificatrice di Correggio», racconta con una risata. Entra nel magico mondo positivo del pop come un rinoceronte determinato a incornare la jeep dei turisti che lo stanno fotografando.

Il motivo che ha destato il mio interesse è il modo di presentare la sua musica attraverso un progetto, Rottocalco, e un tour, Rottincuore Recital, che definisce i perimetri del suo lavoro artistico. Ve lo spiego in maniera sommaria, il resto lo leggete nell’intervista: l’uscita programmata di un singolo che, come sta facendo Mirco Mariani con il Parcheggiatore di Sommergibili di cui vi ho raccontato qui, andrà a comporre un album, e in più un libro vero e proprio che spiega i tre minuti della canzone e li fa rivivere con interventi suoi e di esperti tra psicologi, scrittori, antropologi, sociologi, disegnatori. Finora ne ha scritti tre, La Suora, Lupo Mannaro, Maria Gasolina, il quarto tratto da La solitudine di una regina, brano uscito il 17 maggio scorso, una ballad che racconta la storia di una regina prigioniera dell’assenza, è in fase di preparazione. Continua a leggere

Chiaré: ritorna il sound partenopeo

Chiara Ianniciello, classe 1999, salernitana. Nome d’arte, con cui non si sente ancora totalmente a suo agio: Chiaré. Chiaré è anche il titolo del suo primo disco uscito ad aprile, otto brani freschi, per nulla banali, con un sound che si richiama agli anni Settanta e Ottanta di una Napoli in effervescenza artistica, vedi Pino Danile e tutto il suo favoloso entourage, ma anche Edoardo De Crescenzo, quindi Joe Barbieri… quel sound mediterraneo, latino, jazzato e molto raffinato.  Continua a leggere