Ieri nel grande contenitore della Milano Music Week, “in onda” dal 20 al 26 novembre, Massimo Cotto, giornalista, scrittore, dj, docente, uno dei massimi esperti di musica Rock, voce nota di Virgin Radio, con il suo programma Rock & Talk ha presentato Il Rock di Padre in Figli (Gallucci editore, 320 pagg, 16,50 euro). Più che un libro un manifesto del Rock in tutte le sue accezioni, dalla musica, allo stile, alla forma mentis, raccontato al figlio sedicenne, preso come il “rappresentante” di una generazione ignara di cosa possa contenere quella semplice parola. «Raccontare il Rock a mio figlio che ha 16 anni è stato bellissimo, perché ho potuto descrivergli quello che il Rock ha fatto a livello collettivo per la società, ma anche a livello individuale, per ognuno di noi. Tutti abbiamo bisogno di sogni, passione, bellezza, musica. Ognuno le trova in luoghi diversi. Quelli della mia generazione si sono rifugiati nel rock. Il mio libro racconta il Rock, ma, in un certo modo, racconta anche un modo di vivere e sognare», scrive Massimo. Continua a leggere
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L’eredità sociale (e musicale) degli anni Ottanta in un libro
Per uno come me, nato agli inizi dei Sessanta del secolo scorso, dove c’era solo la televisione in bianco e nero con un paio di canali, l’evoluzione tech e l’involuzione culturale della specie umana sembrano il viaggio a bordo di un’astronave narrato da Kurt Vonnegut: Winston Niles Rumfoord e il suo cane Kazak in giro per lo spazio profondo risucchiati in un infundibulo cronosinclastico. Distorsioni temporali, queste sono state le tappe dell’adolescenza e della giovinezza di chi è nato in quegli anni.
Adolescenti nei Settanta, con la colonna sonora di Led Zeppelin, Genesis, Yes, King Crimson, Pink Floyd, Guccini, De Andrè, Dalla, Sly & the Family Stone, Marvin Gaye…, affascinati dalle ideologie, con la voglia di conoscere, con la presunzione di farcela comunque, dall’essere contro per necessità vitale.
Giovani uomini e donne negli Ottanta. E qui quel dispettoso infundibulo cronosinclastico ci ha mandati dritti in un bel guaio: dall’idea di comunità si passa al singolare, dall’impegno si scivola nell’edonismo, dalla cultura dell’apprendere si perpetua la licenza del disinteresse. Nei Novanta, quando di anni ne avevamo trenta, l’edonismo ha ceduto alla depressione e, nella musica al grunge dei Nirvana e al pessimismo indie dei Radiohead… Il resto fino ai giorni nostri non è marcante. Anzi, a ben guardare, l’aeronave di Niles continua a stazionare nel parcheggio degli Eighties, con spostamenti minimi.
Vi starete chiedendo se prima di scrivere queste righe mi sono scolato una cassa di Raboso del Piave di Cecchetto. Invece, la stura dei pensieri, che è un po’ l’inizio di una fase di riorganizzazione dei ricordi, me l’ha fornita un libro che consiglio di leggere, Gli Ottanta. L’Italia tra evasione e illusione di Luca Pollini (E115, 480 pagg, 22 euro). Continua a leggere