“Siccità”, la colonna sonora. Ne parla Franco Piersanti

Franco Piersanti – Foto Nathalie Tufenkjian

Con Siccità, film di Paolo Virzì ancora nelle sale, il 30 settembre scorso, è uscito anche il disco contente la colonna sonora. Dodici brani firmati da Franco Piersanti, uno dei compositori più creativi e blasonati del nostro “cinema sonoro”. A Venezia il lavoro – pubblicato da Edizioni Curci –  s’è aggiudicato il Soundtrack Stars Award 2022 per la miglior colonna sonora.

Una composizione per orchestra che riesce a rendere tattile l’arsura, la secchezza che in sé ha una drammaticità letteraria: viene in mente il bellissimo libro di Graciliano Ramos, Vidas Secas (pubblicato nel 1938), che poi diventò, nel 1963, anche una pellicola diretta da Nelson Pereira dos Santos, talmente forte e verista che la dittatura militare ne vietò la visione perché “distorceva” il racconto rassicurante del regime.  Continua a leggere



NewStrikers: il jazz cantato secondo Antonio Apuzzo

I NewStrikes sono Antonio Apuzzo (al centro), Marta Colombo, Sandro Lalla, Valerio Apuzzo, Luca Bloise e Michele Villetti

Sto ascoltando l’ultimo lavoro dei NewStrikers, The Songs Album, uscito un mesetto fa anche in vinile. NewStrikers si legge Antonio Apuzzo. Vivace clarinettista e sassofonista, appassionato di poesia, un figlio, Valerio, che a 23 anni suona tromba e flicorno con lui. Insomma, una mente brillante.Antonio è l’anima di una band che – vale la pena sottolinearlo – è in totale sintonia con il “capo”. Lo si percepisce chiaramente nello scorrere degli 11 brani che compongono questo lavoro dove la voce è la protagonista. E la “star della serata” è Marta Colombo, cantante e compositrice lombarda che fa parte di questo ensemble decisamente efficace. Continua a leggere



Misteriseparli: «musica è musica, i generi non contano»

Vediamo se ho capito bene: sono nati nella stessa città, Pescara, uno nel 1971, l’altro sei anni più tardi. Entrambi – senza conoscersi – si sono appassionati alla musica sin da piccoli, studiandola privatamente, diventando polistrumentisti. Il primo è appassionato di club, oltre a essere un musicista è anche un dj, il secondo ha suonato in gruppi rock e hardcore surf. Entrambi sono appassionati di longboard e di professione lavorano nelle piattaforme petrolifere in giro per il mondo. Proprio in una di queste, in Spagna, dieci anni fa si sono conosciuti. 

Questa è la storia di Giuseppe Palmieri (Pepi) e di Andrea Sestri (Andrew), in arte i Misteriseparli, duo difficile da etichettare e incasellare in qualche genere. Nel maggio scorso hanno pubblicato il loro primo lavoro Speedbeforedeath. La musica, spesso, racconta in maniera più efficace delle parole la vita delle persone. E questo disco, pubblicato da Vina Records e distribuito da Believe, narra la storia di questi due uomini che le note hanno fatto incontrare. Continua a leggere



Zoe Pia: clarinetto e launeddas. Le mille strade del jazz

Da pochi giorni si è chiuso il weekend in musica che organizza tutti gli anni in Marmilla, territorio dell’oristanese. Il Pedras et Sonus Jazz Festival, pensato sei anni fa con il pianista e compositore foggiano Roberto De Nittis e Alessandro Loi, ha visto quest’anno la collaborazione artistica con i Tenores di Orosei Antoni Milia, con i quali ha presentato Indindara, il suo ultimo lavoro che si spera diventi anche un disco.

Zoe Pia, 36 anni, è una musicista che mi ha sempre intrigato. È sarda, a riprova che l’isola – non mi stancherò mai di dirlo – è una fucina di grandi musicisti, ama le vie del jazz (inteso come musica popolare) così come, altrettanto intensamente la cultura musicale della sua regione.

Come Paolo Fresu ha iniziato a suonare – in questo caso il clarinetto – nella banda del paese, assorbendo la musica popolare, uno dei tratti distintivi del suo jazz che è azzardato definire “etno”. Le sue composizioni sono imprevedibili, un intrico di strade che trovano congiunzioni naturali con la tradizione locale ma che poi vanno per erte salite e incredibili tuffi in armoniche più “contemporanee”. Continua a leggere



Su:ggestiva: musica e spazio a Roma. Ne parla Enrico Gabrielli

Musica e spazio. Il rapporto è stretto, quasi vincolato, lo spazio può contenere la musica, la musica può armonizzare lo spazio. Per scendere più nel particolare: se lo spazio è inteso come un’opera architettonica, un antichissimo manufatto o una rovina archeologica la valenza emozionale tra questi e la musica assume connotati ancora più profondi.

Su:ggestiva, arrivata alla sesta edizione, nei finesettimana fino al 23 ottobre, è una rassegna pensata proprio per esaltare questa relazione intima tra musica e spazio. La manifestazione di definisce multisensoriale, perché a entrare in gioco non è solo l’udito ma sono anche altri sensi, innanzitutto la vista e il tatto. Il luogo è il Parco archeologico dell’Appia Antica a Roma. Per essere più precisi il Ninfeo della Villa dei Quintili. Famoso e affascinante, palco ideale per ospitare un mix di suoni dove il rock degli I Hate My Village si fonde con la musica contemporanea del pianista mascherato Lambert o del violoncellista e compositore albanese Redi Hasa. Continua a leggere



Autori Associati, un collettivo per rilanciare la musica di qualità

Filippo Minoia

Si sono chiamati Autori Associati, è un nuovo collettivo di musicisti, compositori, produttori, cantanti, autori  nato sui social con un’idea comune: si può fare musica, anche quella dell’attuale mainstream, creando un prodotto di qualità non soltanto tecnica, ma soprattutto artistica. Testi, musiche, distribuzione diverse da quella attuale? Loro sono convinti di sì. Nell’idea degli AA c’è una costante di base: l’etica. Lavorare per portare al pubblico un qualcosa che sia “sostenibile”, nell’accezione originale del termine, e comunicabile  – vabbè la dico a modo mio – guardandosi fieramente allo specchio.

Chi ha avuto l’idea di questa comunità di artisti proveniente da tutta Italia, volutamente aperta, si chiama Filippo Minoia. È un musicista  e compositore romano. L’ho chiamato per farmi raccontare l’iniziativa che ha portato alla pubblicazione di un primo lavoro, solamente digitale, uscito a settembre dal titolo Ruggine&Borotalco, frutto della sinergia del collettivo. Un brano Pop: il genere non è stato scelto a caso, essendo il più inflazionato dal mainstream, reinterpretato in una chiave più intelligente, ironica, un testo contro i luoghi comuni di una forma canzone che racchiude oggi, almeno qui in Italia, una percentuale di rapper, trapper, simili fra loro al punto di rendere banale anche chi scontato non lo è affatto. Continua a leggere



“Felona e Sorona”, il capolavoro prog raccontato da Aldo Tagliapietra

Sto riascoltando un disco bellissimo uscito nel 1973. Il prossimo anno compirà cinquanta primavere, un lavoro atemporale, profondamente progressive nella musica e nei testi. Si tratta di Felona e Sorona de Le Orme, una delle pietre miliari del rock prog non solo italiano. In quegli anni nacquero centinaia di gruppi che si dedicavano a questo nuovo genere musicale, impegnato nella musica e nei testi, di rottura, che richiedeva – come volevano i tempi – una certa complessità, considerata una delle virtù per poter cambiare la società di allora. Anni proficui dove la creatività viaggiava a mille e le avventure sonore erano praterie sterminate.

Settimana scorsa ho proposto su Musicabile due uscite importanti, il nuovo lavoro del Banco del Mutuo Soccorso, Orlando: Le Forme dell’Amore e quello di Franco Mussida, ex chitarrista e cofondatore della PFM, Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu. Due album prog, distanti tra loro, il primo opulento, ricco, un vero proprio poema d’armi e d’amore (si rifà all’Orlando Furioso dell’Ariosto), il secondo minimalista, una sofisticata sottrazione in cerca della purezza del suono. Oggi vi voglio parlare – e lo farò tramite uno degli autori, Aldo Tagliapietra – del terzo Moloch-prog italiano, Le Orme. Allora, Banco, PFM e Orme erano le tre band prog italiane più famose del mondo, la musica italiana stava vivendo uno dei suoi momenti più alti, concerti negli States, in quel’Inghilterra patria del genere, ovunque tournée trionfali.  Continua a leggere



Piano City Palermo, nuova edizione in corso fino a domani

Ricciarda Belgiojoso, direttrice artistica di Piano City Palermo

È iniziata ieri la quinta edizione di Piano City Palermo, tre intensi giorni di musica dedicati allo strumento per eccellenza, quell’arpa, come mi disse un artista, racchiusa in uno scrigno di legno che riesce sempre a incantare e catturare, indispensabile per ogni musicista. Molto spesso le partiture, anche se per altri strumenti, vengono composte al pianoforte. 

Sto scrivendo questo post mentre ascolto uno degli album – secondo me, ovviamente – più intensi dedicati a questo strumento, You must belive in Spring di Bill Evans, con Eddie Gómez al contrabbasso ed Eliot Zigmund alla batteria. B Minor Waltz, The Peacocks, We Will Meet Again sono opere d’arte. Nel disco, rimasterizzato proprio quest’anno, c’è anche una versione del classico Without a Song davvero strepitosa.

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Il ritorno di Franco Mussida dal Pianeta della Musica

Franco Mussida – Foto Federica Mirabelli

Oggi esce un disco prezioso, di quelli che speri sempre arrivino prima o poi. È Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu di Franco Mussida. L’artista, che ho intervistato alcuni mesi fa, lo associ automaticamente alla PFM, di cui è stato uno dei fondatori, mitica band prog ancora in attività di cui lui, però, non fa più parte da tempo. Si è chiamato fuori, non per screzi o rancori, ma perché è andato oltre. Il concetto di band non lo attrae più, come mi raccontava l’altro giorno, alla presentazione del disco. La sua ricerca della musica va verso altre direzioni. Mussida in questo album si è spogliato di tanti orpelli, ha lavorato per sottrazione, togliendo tutto quello spericolato barocchismo (che io continuo a pensare straordinario) del prog, per dargli una nuova veste.  Continua a leggere



Disco del Mese/ Orlando: Le Forme dell’Amore, il ritorno del Banco!

Lascia lente le briglia del tuo ippogrifo o Astolfo/ e sfrena il tuo volo dove più ferve l’opera dell’uomo…!”. Così apriva In Volo, primo brano del primo omonimo disco del Banco del Mutuo Soccorso, pubblicato il 3 maggio del 1972. Il disco del Salvadanaio, oggetto che diventerà, come fu la lingua per i Rolling Stones, il marchio di fabbrica di una delle più grandi band prog italiane. Anni eroici, anni di grande fermento culturale, anni di transizione, dove la complicazione era una sfida e una reazione alla banalizzazione della musica. A cinquanta’anni di distanza, il 23 settembre scorso, il Banco ha pubblicato un nuovo lavoro, Orlando: Le Forme dell’Amore. Un lavoro che sembra arrivato da un altro pianeta, anacronistico, complesso, pieno, che richiede più ascolti per assaporare appieno quel mondo fantastico che la mente di Vittorio Nocenzi, l’unico rimasto del gruppo originario, ha partorito.  Continua a leggere