Wester Swing. È un sottogenere del country americano nato in Texas e diffuso in alcuni stati vicini. In voga nella prima metà del Novecento, è un mix tra folk e jazz di prima leva. La storia ci dice che il fondatore del genere fu Bob Wills, ovviamente soprannominato The King, artista che veniva da una famiglia musicale, il padre John era un fenomenale violinista. Il Western Swing influenzò un altro Re, quello del rock’n’roll, Elvis Presley, ma anche Chuck Berry e tanti altri artisti che emersero negli anni Cinquanta e Sessanta. Continua a leggere
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Il “senso” della Musica secondo Valerio Piccolo
Il cantautore casertano Valerio Piccolo in questo periodo sta vivendo una notorietà ben riposta grazie al brano E si’ arrivata pure tu, parte della colonna sonora di Parthenope, film di Paolo Sorrentino. Piccolo, per chi non lo conoscesse è un musicista, ma anche un traduttore dall’inglese, appassionato di musica e cultura americana contemporanea. All’attivo ha sette dischi molti dei quali concept album e collaborazioni pesanti, per anni con la grande Suzanne Vega e con lo scrittore Ricky Moody. Da poco ha pubblicato il suo ultimo lavoro, Senso, che contiene il brano di cui scrive qui sopra. Continua a leggere
Vanessa Tagliabue Yorke, la notte, l’oscurantismo culturale e la musica liquida
Lo dico senza preamboli: Princess of the Night, l’ultimo disco di Vanessa Tagliabue Yorke, uscito poco più di un mese fa, è uno di quei lavori che ti rimane scolpito nel cuore e nella mente. Bello, emozionante, ricco, complesso nella sua costruzione, una musica che richiede più ascolti attenti e che, se accetti di partecipare, ti propone un viaggio ricco di riferimenti, armonie, contrattempi, arrangiamenti nel quale avventurarsi e perdersi. «È molto difficile oggi percepire un disco come un luogo emotivo che ti porta a fare un viaggio compiuto», mi racconta Vanessa parlando della musica liquida, dove ascolti senza cognizione, senza sapere cosa c’è dietro a quei brani, cosa l’artista voleva esprimere, quali i tasti toccati per accendere un’emozione… Continua a leggere
The BlueBeaters, 30 anni tra Ska e Reggae con la voglia di cambiare
Trent’anni insieme non sono pochi. Le nozze d’argento sono passate da un bel pezzo, ma i BlueBeaters sono ancora saldamente insieme a festeggiare una lunga storia fatta di palchi, concerti, amicizia, ska, reggae e intese. «La vita media di una band, facendo le dovute eccezioni, è di cinque anni, come per i matrimoni», scherza Ferdinando Masi, in arte Count Ferdi, il batterista del gruppo milanese.
«Dopo tutto questo tempo abbiamo sentito l’esigenza di andare oltre senza però snaturare quello che siamo: vogliamo aprire un nuovo capitolo della nostra storia», continua Count Ferdi. Dallo ska e dal reggae-roots stanno passando alla musica alternativa degli anni Ottanta e Novanta diventata poi parte di quel pop mainstream a cui molti artisti continuano ad attingere. Continua a leggere
I fratelli Pagani: Caroline fa rivivere il talento di Herbert
«A quelli che mi chiedono: e i palestinesi? Rispondo: io sono un palestinese di duemila anni fa. Sono l’oppresso più vecchio del mondo. Sono pronto discutere con loro ma non a cedere le terre che ho lavorato. Tanto più che laggiù c’è posto per due popoli e per due nazioni. Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme…». Non so se l’avete mai letta, è un passaggio de l’Arringa per la mia terra, scritta da Herbert Pagani nel 1975, allora 31enne. Quest’anno l’artista, musicista, scrittore, avrebbe compiuto 80 anni. Era nato lo stesso giorno della Liberazione italiana dal Nazismo e dal fascismo, il 25 aprile.
Herbert era un uomo poliedrico, uno che, seppur morto giovane, a 44 anni per una leucemia, nella sua vita ha vissuto più vite artistiche, disegnatore, pittore, scultore, musicista, conduttore radiofonico per Radio Montecarlo, attore. Nel 1973 pubblicò in francese un’opera rock visionaria, Megalopolis, racchiusa in un doppio album, che venne tradotta anche in italiano in formato ridotto nel quale suonò anche Ivan Graziani. Continua a leggere
Fil Rouge Quintet: l’isola nera, il mare e le solitudini
Il mare visto da un’isola. Inteso come elemento fisico, è magnifico e pericoloso, l’autostrada che fa muovere da sempre commerci, popoli e culture – ne parlavo giusto settimana scorsa con Patrizia Laquidara. Il mare visto da un’isola parla di solitudine, impossibilità di relazionarsi, paura di lasciare un luogo sicuro per l’incertezza della vita.
Delle nostre insicurezze e di molto altro ancora parla il secondo album dei Fil Rouge Quintet (il primo, L’inconnue, autoprodotto, è uscito nel 2016) intitolato L’île Noir. Musica crossover, mediterranea, che sa essere leggera e struggente, ricca di spunti e di richiami jazz, da cui tutti i componenti provengono, ma con forti incursioni nella World Music, africana, mediorientale, latino americana e in quella classica, soprattutto la romantica Ottocentesca dei grandi pianisti dell’est Europa. Continua a leggere
Patrizia Laquidara: la musica, la scrittura e quella voglia di raccontare il mondo
«I miti viaggiano perché i popoli viaggiano ed è un processo millenario che non si può fermare». Nella sua evidenza storica questa frase può sembrare lapalissiana. In realtà non lo è affatto. Il contagio, le commistioni, quel melting pot che l’antropologo Darcy Ribeiro, parlando della costruzione del popolo brasiliano, ha definito miscigenação, da cui discendono storie, leggende, riti, musiche oggi vengono visti come un’accezione negativa, da osteggiare. E così i nazionalismi hanno facile presa, perché questi cammini, queste migrazioni sono complesse e la tentazione di ricorrere a riassunti grossolani (e grotteschi) per rappresentarle è tanta. Viviamo in un periodo “semplice” dove il “complesso” viene dato in pasto alla gente come un pomposo nemico da combattere.
Patrizia Laquidara, classe 1972, è un’artista curiosa e vivace. La frase con cui ho aperto questo pezzo è sua. Testimonia tutta la sua urgenza di musicista, compositrice, cantante, scrittrice e performer di raccontare il presente avendo ben chiaro il passato. I suoi lavori, sempre molto calibrati, raccontano proprio questo. Patrizia è donna curiosa (il curiosos per i latini era colui che si curava di qualche cosa) il voler conoscere oltre le apparenze, lo scavare per raccontare. Che lo faccia in musica, la sua espressione più immediata, oppure attraverso le parole (il suo libro Ti ho vista ieri, romanzo autobiografico, uscito lo scorso anno edito da Neri Pozza, è un bel successo editoriale), non cade mai nella banalità di pensiero. Continua a leggere
Tre dischi al femminile freschi di stampa
Per il weekend vi propongo tre dischi usciti nell’ultima settimana. Si tratta di tre lavori al femminile, legati inconsapevolmente uno all’altro, interessanti per come sono stati costruiti e per le diverse ispirazioni che hanno acceso la creatività delle artiste. Ecco dunque la giovane Dora Morelenbaum, figlia del violoncellista Jaques e della cantante Paula, raffinati musicisti che hanno fatto la storia della musica MPB colta (Jaques ha suonato con Tom Jobim, con Caetano oltre che con una nutrita schiera di musicisti di tutto il mondo, incluso Paulo Fresu e Daniele Di Bonaventura), al suo primo album, Pique; quindi la nostra Alessia Martegiani, jazzista raffinata che proprio oggi ha pubblicato un disco dal titolo intrigante, La Luna vista dalla Luna; chiude il trio una giovane cantautrice inglese, Laura Marling, che ha rilasciato oggi un disco “casalingo” dal titolo Patterns in Repeat. Continua a leggere
NavenerA: In Fondo con Marco “Ciuski” Barberis
Marco “Ciuski” Barberis, classe 1965, è un batterista trasversale. Ha suonato con tanti gruppi, Mao Mao, Ustmamò, Mallory Switch ma anche con Cristina Donà, i La Crus, ovvero Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti, e con Michael McDermott. Un musicista che, ammaliato dal Prog inglese, cresciuto nel Punk, ha deciso di mettersi in gioco come autore di testi e musiche e di pubblicare il suo primo disco come band leader.
Il suo progetto si chiama NavenerA, con lui alla batteria e voce ci sono Fabio Pollono alla chitarra e Gianluca Zenone (Alec Dreiser) al basso. Il disco invece ha un titolo apparentemente strano: In Fondo. Il fondo ha diverse accezioni, per Marco sono i vertiginosi fondali marini che lui usa come metafora per i tanti “fondo” della vita. Spiegati molto bene nella Graphic Novel che porta lo stesso titolo disegnata da Massimo Blangino allegata al disco. Continua a leggere
Tre dischi da “gustare” nel fine settimana
Blues e jazz. Per questo fine settimana vi ho apparecchiato un pranzo esaltante. Primo piatto, la ristampa di un disco firmato da due assi del blues di metà Novecento, Sam “Lightning” Hopkins e Sonny Terry, registrato nel 1960 e pubblicato il primo gennaio del 1961, Last Night Blues. Come secondo piatto vi consiglio un lavoro spumeggiante direttamente da Londra: gli Ezra Collective, giovane band crossover che ha rilasciato il terzo disco Dance, No One’s Watching, un potente invito alla danza e al divertimento e, per chiudere in bellezza e bontà, come dessert, l’album del franco libanese Ibrahim Maalouf, Trumpets of Michel-Ange. Mettetevi comodi e ascoltateli, sarà un gran bel weekend di musica! Continua a leggere