Simona Molinari al Blue Note con… Mercedes Sosa

Simona Molinari – Foto Erwin Benfatto

Simona Molinari non ha certo bisogno di presentazioni. È una delle preziose artiste fuori dal coro mainstream che contribuiscono a rendere grande la canzone d’autore italiana. Penso a Tosca (che ha collaborato in una canzone del suo ultimo album, il settimo, Hasta siempre Mercedes, uscito il 22 marzo di quest’anno, dedicato a Mercedes Sosa), a Ilaria Pilar Patassini, Petra Magoni, Fiorella Mannoia, Rossella Seno,  per citarne alcune. Una ristretta cerchia di donne impegnate, brave, dotate di voci inconfondibili. 

Proprio con Hasta Siempre Mercedes Simona ha vinto per la seconda volta – la prima fu due anni fa con l’album Petali – il premio Tenco, targa che ritirerà il prossimo 17 ottobre a Sanremo. Il 7 marzo scorso è stata insignita a New York del Callas Tribute Prize NY, premio dedicato alla mitica soprano americana di origine greca. Continua a leggere



Esce Let me Play, Let me Pray, disco in solo di Nico Morelli

Oggi esce su tutti gli scaffali, fisici e digitali, Let me Play, Let me Pray, il nuovo lavoro di Nico Morelli, pianista di Taranto da anni residente a Parigi. Di lui e della sua musica vi avevo parlato in un post uscito nel maggio di due anni fa. La casa discografica è la Tǔk Music, sempre attenta a proporre artisti mai banali né tantomeno scontati. Un disco in piano solo è un’arma a doppio taglio, così almeno la pensa lo stesso Morelli, momento importante per la carriera di un musicista ma anche piuttosto rischioso, visto che un intero album suonato sempre dallo stesso strumento può stancare l’ascoltatore.

Per evitare la noia Nico ha tirato fuori il meglio del suo sapere far arte: un lavoro di 56 minuti per 16 brani, inciso rigorosamente live, senza post produzioni, dove il protagonista è il pianoforte, in questo caso uno Steinway and Sons della serie D, a coda, con un suono potente, caldo e ricco di sfumature. Unito, però, a una loop station, una diamonica (strumento ad ance con tastiera), un tamburello e la cassa del piano usata come percussione. Oltre agli strumenti estemporanei che usa regolarmente durante i suoi concerti solisti, Morelli si è avvalso anche dell’aiuto di due sound designer che hanno modificato il suono in presa diretta, trasformando il pianoforte, come un camaleonte, in cascate di suoni eterei, chitarre elettriche, campanelle.

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Otto&Baccini aprono il Cittadella Jazz

C’è più di un motivo per ritagliarsi questo fine settimana a Cittadella, in provincia di Padova. Va in scena, infatti, la quarta edizione del Cittadella Jazz (dal 30 agosto al primo di settembre) una tre giorni, intensa e divertente, fatta di concerti, la Magicaboola Brass Band che percorre il centro cittadino in stile New Orleans, e una mostra fotografica, ovviamente dedicata al jazz – 4/4 in Jazz – firmata da Roberto Ciffarelli, una delle belle conoscenze di Musicabile, inaugurata il primo agosto al Palazzo Pretorio.

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Tre dischi da ascoltare… from Brazil!

Ritorno da voi dopo una settimana di relax con tre dischi di recente uscita. Tutti e tre arrivano dalla cultura musicale brasiliana, una delle mie passioni, lavori legati alle armonie “classiche” della bossa, del samba e della musica popolare latino americana, un terzo tra bossa, jazz e psichedelia che vede protagonisti due musicisti incredibili, Milton Nascimento ed Esperanza Spalding. 

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Antonio Faraò, con Tributes emozioni in jazz

La parola “tributo” porta in sé il concetto di corresponsione. In senso affettivo, più che un’azione materiale è un’offerta per qualcosa di bello e di positivo che si ha ricevuto nella vita e che merita, dunque, un atto di riconoscenza. Proprio in questa direzione va Tributes, lavoro firmato da Antonio Faraò, uscito il 14 giugno scorso, pubblicato dalla prestigiosa etichetta jazz olandese Criss Cross. Dieci brani per un’ora e quattro minuti di ascolto, otto originali e due standard, I Love You e Matrix, con i quali il pianista e compositore romano ha voluto ringraziare tutti quei musicisti (e luoghi) che hanno segnato la sua formazione artistica e umana.

Un lavoro complesso, d’altronde Faraò da sempre ci ha abituati a esperienze emotive e musicali mai banali, grazie a quel suo sicuro incedere jazz, dove il linguaggio conta, le dita volano e le note esplodono in mille fuochi d’artificio. Jazz da ascoltare, jazz fatto per emozionare, jazz usato per raccontare. 

Suoi compagni di viaggio, riuniti nel classico trio, sono due nomi “pesanti” del jazz mondiale, John Patitucci al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria. I tre si conoscono da tempo, sono praticamente coetanei, John classe 1959, Jeff 1963 e Antonio 1965, hanno suonato con il gotha del jazz internazionale del Novecento, hanno ascolti comuni e tra loro un rapporto comunicativo profondo che li porta a narrare storie che conoscono bene, in alcuni casi hanno contribuito addirittura a  scriverle, e che sanno raccontare con il cuore e con l’esperienza.

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Luciana Morelli, il canto e le parole affidate al vento

para reconocer en la sed mi emblema 
para significar el único sueño
para no sustentarme nunca de nuevo en el amor
he sido toda ofrenda
un puro errar 
de loba en el bosque
en la noche de los cuerpos
para decir la palabra inocente

(Los Trabajos y Las Noches, Alejandra Pizarnik)

Words of the Wind è il titolo del terzo album di Luciana Morelli, musicista, cantante e compositrice argentina residente a Basilea, uscito il 7 giugno scorso per Habitable Records, etichetta nata tre anni fa grazie all’intraprendenza e alla scommessa di otto giovani musicisti capitanati dall’argentino Javier Subatin. Tra questi “saggi” c’è anche c’è anche una preziosa conoscenza di Musicabile, Francesca Remigi. 

Un album bello, ricco di chiaroscuri a pennellare un progetto che parte dalle poesie di quattro autrici di epoche diverse: l’inglese Emily Brontë, vissuta nell’Ottocento, l’argentina Alejandra Pizarnik, una delle voci controcorrente del Novecento latinoamericano, suicidatasi ad appena 36 anni, nel 1972, la newyorkese trentaseienne Robin Myers, appassionata di letteratura iberoamericana, e la settantaquattrenne canadese, poetessa e saggista Anne Carson.  Su queste solide basi Norelli ha basato le sue composizione, andando ad armonizzare versi e armonie. Continua a leggere



Gli Wes Or No Trio ritrovano Montgomery con “Watch What Happens”

Da sinistra, Simone Basile, Giovanni Paolo Liguori e Manrico Seghi

Il 19 luglio prossimo uscirà sugli scaffali digitali e fisici Watch What Happens, secondo lavoro del Wes Or No Trio, giovane formazione jazz composta Simone Basile alla chitarra, Manrico Seghi all’Hammond e Giovanni Paolo Liguori alla batteria. 

Wes, chitarra, Hammond… gli indizi non possono che portare in un’unica direzione. Wes è il grande Wes Montgomery, colui che rivoluzionò la chitarra jazz negli anni Cinquanta e Sessanta, e gli strumenti usati dal trio di cui sopra, si rifanno al modo di concepire la band del musicista di Indianapolis: si può fare buon jazz anche abbandonando il contrabbasso, elemento dirimente in un trio, sostituendolo con un organista (nonostante le critiche feroci ricevute dai puristi del jazz di allora che tacciarono l’artista d’essere troppo commerciale).  Continua a leggere



Festival in Littorina: apre le danze Mauro Ottolini e la sua Orchestra Ottovolante

La EuroVelo 7, ciclopista europea di 7.409 chilometri che collega Capo Nord a La Valletta, Malta, si interseca con la ciclovia 6, che segue il percorso della vecchia ferrovia che collegava Mantova a Peschiera, lungo il Mincio. La chiamano la strada del sole e proprio il sole, che qui al Nord in questi giorni di luglio vediamo far capolino tra una nuvola e un nubifragio, è il protagonista di un Festival sui generis, Musica in Littorina, Sound of The Sun, che incomincia proprio oggi, 4 luglio, nell’omonimo locale a due passi dall’uscita del casello autostradale di Peschiera della A4.

La Littorina del Mincio è nato alcuni anni fa dalla fantasia di Federico Signorelli, architetto appassionato di buon cibo e musica: è un punto di sosta per i ciclisti, ma anche un luogo di ritrovo per passare alcune ore di tranquillità sorseggiando una birra al calar del sole o cenando con pizze gourmet e gli immancabili tortellini di Valeggio sul Mincio, serviti solo con burro e salvia. Signorelli ha rimesso a posto, facendola diventare un B&B, anche la vecchia stazione ferroviaria, risanando il territorio circostante, e da un paio di mesi ha dato vita a un altro locale, il 7Ponti, ricavato in un vecchio magazzino posto proprio sotto al Ponte ferroviario di Peschiera.  Continua a leggere



“Somewhere In My Mind”: le visioni funk, jazz e rock di Luigi Masciari

Da sinistra: Jason Lindner, Luigi Masciari e Roberto Giaquinto

Luigi Masciari, classe 1977, è un chitarrista e un compositore di grande eleganza. Vive a Roma e insegna chitarra jazz al conservatorio di Firenze. Il 31 maggio scorso ha pubblicato il suo terzo lavoro in studio, Somewhere In My Mind, via Tosky Records. Sette brani densi, condensati in pochi minuti di ascolto ciascuno, eccetto l’ultimo, Monolith, di 7 minuti e 59 secondi, ricchi di spunti, dialoghi, visioni.

In questa psichedelica avventura sonora assieme a Luigi ci sono due incredibili compagni di viaggio, Jason Lindner, tastierista e compositore newyorkese attivo da metà anni Novanta in varie formazioni, ha suonato nell’ultimo disco di David Bowie, Blackstar (pubblicato l’8 gennaio del 2016, giorno del compleanno del Duca Bianco, che morì due giorni dopo) e il batterista Roberto Giaquinto, che vive e lavora ormai da anni a New York. I tre, oltre al jazz hanno in comune l’origine. Luigi e Roberto sono napoletani veraci, mentre Jason, da parte di madre, vanta discendenze partenopee.  Continua a leggere



Max De Aloe, l’armonica e Thelonious Monk

Il 17 maggio scorso, solo su supporto fisico (ad agosto seguirà quello digitale), è uscito un disco che vale la pena d’essere segnalato. Si intitola Melodic Monk e l’autore è l’armonicista Max De Aloe con il suo ormai storico quartetto, Roberto Olzer al pianoforte, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Nicola Stranieri alla batteria. È un lavoro dedicato al Thelonious Monk compositore, dove troviamo brani famosissimi del pianista americano come ‘Round Midnight, Bemsha Swing, Ugly Beauty, Ask Me Now, Pannonica, reinterpretati in ambiente morbido e sofisticato, una chiave di lettura più struggente del lavoro diMonk, meraviglioso pianista irruento e percussivo. 

Max è un musicista proficuo: al suo attivo ha più di 60 dischi (ha collaborato anche a Risvegli, il lavoro della pianista Eugenia Canale di cui vi ho parlato lo scorso anno), 18 di questi firmati come leader, ma è anche un artista che da sempre lavora con la cultura organizzando spettacoli in solo, creando colonne sonore per spettacoli teatrali e documentari, collaborazioni con poeti, scrittori e registi, direttore artistico di festival. A Gallarate, la città in cui vive, nel 1995 ha fondato una scuola di musica, il Centro Espressione Musicale, dove insegna tecnica d’improvvisazione jazz, fisarmonica e armonica cromatica. Ciliegina sulla torta, dal 2018 è anche il direttore della casa discografica Barnum For Art, etichetta che ha pubblicato quest’ultimo lavoro. Insomma, uno che non sta mai fermo! Continua a leggere