Marco Ligabue: “M.A.P.S.” e il ritorno all’essenziale tra rock emiliano e geografia emotiva

«Mi piacciono gli acronimi, dare sempre una doppia lettura, visto che sono uno che ci litiga e ci mette anima e cuore in ogni parola che scrive. Mi piace che anche nel titolo ci sia questo tipo di effetto». M.A.P.S. (Manuale Alternativo Per Sentire) – nel 2015 aveva pubblicato L.U.C.I. (Le Uniche Cose Importanti) – è l’ultimo lavoro di Marco Ligabue, cantautore dall’animo rock, fratello minore del Luciano di Correggio. Uscito in formato fisico il 21 novembre – e digitale una settimana dopo – è un lavoro sincero, maturo ed essenziale, senza fronzoli. Continua a leggere



RBSN, “Here”: l’intervista ad Alessandro Rebesani e il ritorno all’artigianato musicale

RBSN, Alessandro Rebesani/ Foto Federico Zanghì

Here, “qui”. È il titolo del nuovo lavoro di RBSN, moniker di Alessandro Rebesani, giovane artista anglo italiano cresciuto a Roma. La cover del disco porta scritto solo queste due parole. Il resto è affidato a una fotografia molto significativa (oltre a essere un gran bello scatto!): Alessandro in piedi dentro una vecchia fabbrica che cade a pezzi. Una cover che mi riporta ad altre più datate, per esempio la mitica di Who’s Next album degli Who datato 1971, dove la band posa smarrita intorno un pilastro di cemento su un terreno legato all’industria carboniera nel South Yorkshire, in Inghilterra. Allora le slag heap riguardavano un atto di demitizzazione della propria band.

La fabbrica abbandonata, invece, per Alessandro rappresenta la musica attuale quella tutta uguale, senz’anima, fatta per altre esigenze, leggi social, dominata dalla velocità senza pensiero critico. Lui però, nonostante tutto ciò, è lì in piedi e guarda l’obiettivo con aria di sfida, come dire: “ci metto la faccia, eccomi, sono pronto a dire la mia”, a proporre la sua musica, nata da una lunga introspezione. Continua a leggere



Ribaltavapori, il ritorno al disco come opera unica: intervista ad Antonio Uras

Acqua Distillata (Lucia Gatto) e Ribaltavapori (Antonio Uras) – Foto Marcello Della Puppa -Colibree

Come si fa a scendere da un treno ad alta velocità che attraversa inesorabile e senza mai fermarsi città, campi, ancora città e altri campi appiattendo tutto il panorama in un’unica scia monocromatica? Antonio Uras, giovane musicista triestino, una risposta se l’ha data, pubblicando un album “d’altri tempi” che affronta i temi dell’oggi. «In un mondo in cui tutti urlano, ho pensato che per trasmettere un messaggio disperato come non mai, ci fosse bisogno di dolcezza. Così affidare queste canzoni alla voce unica di Acqua Distillata è stata una scelta naturale, quasi inevitabile». Uras è un giovane cantautore con origini… Continua a leggere


Witchess: impegno sociale e musica creativa. Il viaggio sperimentale di Francesca Remigi

Witchess è l’acronimo di Womxn Implement The Creation of Harmonious Ecosystems of Selfless Species, un progetto interdisciplinare che unisce letteratura, danza e musica, nato dalla creatività di una musicista che conoscete piuttosto bene, Francesca Remigi, batterista di grande talento, della chitarrista Silvia Cignoli, della cantante e flautista Andrea Silvia Giordano e della ballerina Clotilde Cappelletti. 

Un lavoro che si traduce in materia sonora e visiva potente, a tratti durissima, intelligente. In questa narrazione che prende spunto da alcune opere femministe contemporanee di scrittrici come Angela Davis, Silvia Federici, Chimamanda Ngozi Adichie, le quattro artiste hanno costruito una performance, come mi spiega Francesca che ho raggiunto a Berlino dove ora risiede per studio, «con l’obiettivo di reimmaginare un mondo senza patriarcato e ruoli di genere predefiniti». Continua a leggere



Rhapsòdija Trio: “Di Visioni Musicali”, il klezmer che diventa linguaggio contemporaneo

Da sinistra, Adalberto Ferrari, Nadio Marenco, Luigi Maione – Foto Pino Ninfa

Di Visioni Musicali è il titolo di un lavoro pubblicato a fine settembre scorso dai Rhapsòdija,  band klezmer che esiste da oltre trent’anni e che in questo lungo periodo di attività ha cambiato componenti e pelle. Il disco segna la fine di una metamorfosi, da band s’è ricomposta in trio, coeso, essenziale e straordinariamente moderno. Adalberto Ferrari (clarinetti, sassofoni, fiati etnici), una formazione radicata fra jazz contemporaneo e tradizioni dell’Est; Luigi Maione (chitarre, voce), ponte fra teatro musicale, Mediterraneo e ricerca modale; e Nadio Marenco (fisarmonica), background tra world, classica e improvvisazione. 

I tre artisti hanno costruito un linguaggio molto personale, mantenendo il cuore klezmer, però aprendolo verso una dimensione più cameristica con quella chitarra elettrica che lavora su assoli e accompagnamento usata come tessitura timbrica: bordoni, arpeggi sospesi, piccoli delay che avvolgono clarinetto e fisarmonica, spingendo il klezmer fuori dalla matrice folklorica e dentro una dimensione che diventa quasi ambient. Una scelta che dà profondità ai temi yiddish e balcanici senza snaturarli. Continua a leggere



Guappecartò a Milano: parte dal Germi il tour italiano di D-Segni

I Guappecarto’: a sinistra Marco Sica (Mala) e, a destra, Pierluigi D’Amore (Braga)

«Vogliamo portare il pubblico a ripercorrere lo stesso viaggio che abbiamo fatto in quella settimana in sala di registrazione. Sarà una fruizione multisensoriale, quanto più possibile non contaminata». Marco Sica, nome d’arte Mala e Pierluigi D’Amore, Braga, sono i Guappercarto’, band italiana formatasi a Perugia con sede ormai da una ventina d’anni a Parigi, freschi di pubblicazione di un album strumentale D-Segni, uscito lo scorso 24 ottobre, 10 brani per 40 minuti d’ascolto.

Stasera saranno a Milano al Germi (ore 19:45) per la loro prima delle otto tappe del tour italiano che terminerà il 23 novembre al Teatro Odeion di Giovinazzo (Bari). Qui date e luoghi. 

Un lavoro che vale la pena ascoltare per la ricchezza compositiva e per un sapiente uso di strumentazione acustica ed elettronica. Tutto è partito da un’aicizia profonda con un’attrice, regista e molto altro, diventata la loro musa ispiratrice, mancata nel 2020, Madeleine Fischer. È stata lei a scoprire la band che allora si esibiva su un palco importante, che non perdona, la strada, coinvolgendoli nella colonna sonora di Uròboro, film della Fischer. Lei si innamorò delle sonorità dei Guappecarto’. «Una volta le chiedemmo quale fosse secondo lei, il nostro stile musicale», ricorda Mala, «E lei ci rispose semplicemente, la vostra musica!». Continua a leggere



I 5 Elementi: Alessandro Quarta e quella masterizzazione che fa respirare il violino

Alessandro Quarta – Foto Marco Perulli

Premessa. Cosa succede quando due perfezionisti si incontrano? Le strade sono due, tertium non datur, o vanno in Paradiso o finiscono all’Inferno. In questo caso buona la prima. I protagonisti sono Alessandro Quarta, violinista salentino, compositore, musicista eclettico, curioso ed emozionante, e Giulio Cesare Ricci, toscano, teorico della registrazione ambientale, uomo che con la sua Fonè Dischi ha reso viva e pulsante la musica di tantissimi artisti, da Fresu a Bollani da Marcotulli a Mirabassi, usando registratori e microfoni come i mitici Neumann U47, U48, M49, modelli originali fine anni Quaranta e primi Cinquanta, gli stessi usati negli Abbey Road Studios londinesi. Con gli U47 i Beatles hanno inciso gran parte dei dischi dagli esordi fino a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. 

Insomma, menti preziose! Ritorno all’incontro: I 5 elementi, opera di Alessandro Quarta era un lavoro già pubblicato e distribuito da Virgin. Grazie a Red Ronnie, grande fan dell’artista salentino, Alessandro ha conosciuto Giulio Cesare Ricci. Ha così rescisso il contratto con l’etichetta originaria e affidato la masterizzazione del disco alla Fonè. «Ricci mi ha chiamato e mi ha detto: “Lo sai che hai scritto una cosa straordinaria?”. Ci siamo trovati e abbiamo parlato a lungo: l’arte non deve essere fatta per distribuire alla gente ciò che la massa vuole ma per dare ciò che serve». Ascoltato il “nuovo” disco, ricorda Quarta, «Sono stato 20 minuti come un idiota a guardare il soffitto, non avevo mai sentito un suono così bello, il mio suono, quello vero, quello che ascolto con il violino quando ce l’ho sotto l’orecchio. Ho ascoltato – come diceva Mozart – la musica tra le note, l’aria tra gli strumenti era qualcosa di incredibile». Continua a leggere



Francesco Maria Mancarella: “What I Felt”: anatomia poetica di un pianoforte reinventato

Settimana scorsa è uscito What I Felt, album per piano solo preparato di Francesco Maria Mancarella. Chi legge Musicabile se lo ricorderà: nell’aprile dello scorso anno ho pubblicato una lunga intervista che potete rileggere qui, un occasione dell’uscita del suo Nord, disco registrato in Islanda lontano da tutto e da tutti, molto intenso.

What I Felt è un ulteriore passo avanti nella ricerca improvvisativa di una musica classica crossover di questo giovane pianista e compositore leccese. A differenza dell’altro lavoro qui Francesco ha deciso di lavorare a casa sua preparando un suo pianoforte per farlo ha impiegato un bel po’ di tempo e una buona quantità di feltri, diversi per spessore e composizione, che ha pazientemente applicato su tutte le corde del pianoforte.  Continua a leggere



Perché “Forever Young” di Sara Jane Morris & Solis String Quartet è un monito per la musica contemporanea

Forever Young. No, non è il brano degli Alphaville uscito nel 1984, che per inciso dava il nome anche all’album, ma il titolo di un disco fresco, fresco d’uscita, oggi, firmato da Sarah Jane Morrison e dal Solis String Quartet. Una collaborazione già rodata, ricordate All You Need Is Love?, album monografico sui Beatles uscito nel 2022?

L’impianto è lo stesso: la voce baritonale di Sarah, “sporca” al punto giusto, voce Blues, potente e inconfondibile e gli archi del quartetto napoletano che ha fatto della ritmica un punto di forza. Due violini (Luigi Di Maio e Vincenzo De Donna), una viola (Gerardo Morrone) e un violoncello (Antonio Di Francia, che è anche l’arrangiatore dei progetti del Solis) con cui cavalcano senza timore generi musicali ed epoche storiche.  Continua a leggere



Consoli, Salmaso, Shankar, identità in movimento: quando la musica diventa casa oltre i confini

C’è un fil rouge che unisce tre lavori pubblicati nel corso di quest’anno. Uno, uscito settimana scorsa, Amuri Luci di Carmen Consoli, l’altro, Minha Casa di Mônica Salmaso il 2 settembre e Chpater III: We Return To Light di Anoushka Shankar, il 14 marzo. Ve li propongo perché, oltre a essere tutti e tre notevoli per qualità, progetto e indiscussa bravura delle artiste in questione, tracciano un sentiero di resilienza, e innovazione che attraversa il nostro pianeta, dal’Italia, al Brasile all’India. 

Non è affatto banale che tre artiste così diverse trovino terra di dialogo nei concetti di identità culturale radicata, ibridazione estetica, narrazione ciclica e richiamo a un ascolto profondo e consapevole. In tutti e tre i casi la “tradizione popolare” non è rivendicata come mera appartenenza, ma materia viva, pulsante, che deve percorrere il presente. 

Ciascuna ha proposto un progetto ampio (per Shankar la trilogia con il terzo capitolo conclusivo; per Consoli la trilogia che si avvia con Amuri Luci; per Salmaso, il progetto concertistico che trasforma un format di duetti “creati in casa” in live) con l’esigenza di segnare un percorso di speranza e saggia provocazione in un momento di grandi incertezze, tensioni, povertà culturale e mancanza di ricordo. Continua a leggere