Oh Me Oh My è l’ultimo lavoro pubblicato da Lonnie Holley. Il quinto disco. Lonnie è un artista afroamericano di 73 anni, di Birmingham, Alabama. Scultore, pittore, fotografo, poeta, regista e anche musicista. La sua è un’arte povera, stratificata e rimodellabile, come la vita. Le sue opere sono esposte in molti musei americani al Fine Arts di San Francisco, al Metropolitan di New York, allo Smithsonian, alla National Gallery of Art di Washington, in una permanente all’Onu. Ad ascoltarlo è spiazzante quanto coerente con la sua filosofia di vita: nei brani del disco senti Miles Davies, Gil Scott-Heron, gli Animal Collective – con cui per inciso ha collaborato – e un sacco d’altri musicisti che hanno influenzato i suoi ascolti. Continua a leggere
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Bruce Hornsby e il suo nuovo “Non-Secure Connection”…
Vi ricordate The Way it is, fortunato brano uscito nel 1986, ripreso anche da 2Pac con il titolo di Changes? Portava la firma di un musicista istrionico, Bruce Hornsby, allora con i Range. Di strada il pianista della Virginia (ha suonato per due anni anche con i Grateful Dead, agli inizi dei Novanta) ne ha fatta, e tanta. Con una coerenza di fondo mai dimenticata: il non voler pervicacemente essere etichettato in un genere. Hornsby ha percorso – e continua a percorrere – tutte le strade della musica.
Soul, funk, rock, jazz, bluegrass, pop mainstream, tutto e il suo contrario. L’ultimo lavoro – ed è per questo che ve ne parlo – Non-secure Connection, uscito ad agosto, ritrova un Hornsby in gran vena creativa. Confesso, mi piace molto!
Rock, prog, jazz spalmato in maniera coscienziosa, pop quanto basta, sembra di ascoltare i Genesis e Peter Gabriel, soprattutto, quest’ultimo, nell’intonazione vocale metallica. Parallelamentei a un ventennale sodalizio fortunato e simbiotico con il regista Spike Lee, Bruce non ha mai smesso di pubblicare gran bei lavori, come l’ultimo.
Molta attenzione sia alla partitura sia ai testi, un lavoro altamente critico verso il mondo web – per capirlo basti ascoltare Porn Hour: “We got everything we want with a mouse click, The innovation of the Internet. We thank the hard boys and the naked girls For the coming of our beautiful cyber world” – con lo spazio alle solite sue collaborazioni di massimo livello.
Come quelle con Vernon Reid, chitarrista dei Living Colour e la cantautrice e poetessa Jamila Woods (Bright Star Cast) e con il violinista (polistrumentista) Rob Moose (The Rat King). C’è persino Leon Russell, artista di culto, mancato nel 2016, in una registrazione che Bruce aveva fatto insieme un quarto di secolo fa (Anything Can Happen) e una solida My Resolve, suonata con James Mercer (The Shins, Broken Bells).
D’effetto anche Cleopatra Drones, canzone che apre il disco e ben dispone all’ascolto. Se volete approfondire l’artista, ascoltatevi un altro paio di album, Hot House del 1995: molto jazz e funk con collaborazioni eccellenti come Béla Fleck, il virtuoso del banjo, Pat Metheny e Jimmy Haslip, bassista e fondatore degli Yellowjackets, e il doppio Spirit Trail, uscito nel 1998. Ah dimenticavo, un altro album bellissimo: Absolute Zero, del 2019, che il New York Times ha definito “ccmplesso e per nulla alla moda, dunque, ottimo”! Anche qui collaborazioni di sostanza, con il batterista jazz Jack DeJhonette nel brano che dà il titolo all’album, per proseguire con Justin Vernon (Bon Iver) – uno dei suoi “giovani colleghi” preferiti – in Cast Off. Buon Bruce, dunque!