L’arte Solenne di Carlo Maver

Carlo Maver – Foto Daniele Franchi

Talento poetico, emozioni che vibrano grazie al soffio primordiale di un flauto basso o al mantice di quello strumento geniale e complesso che è il bandoneon. Musica del mondo, frutto di viaggi ed esperienze vitali. Musica sacra, perché inviolabile. E poi silenzi profondi che ti scavano dentro l’anima rendendo unico ogni ascolto. 

Carlo Maver, 50 anni appena compiuti, flautista e bandoneonista bolognese ha fatto un piccolo e prezioso miracolo pubblicando Solenne, il suo nuovo lavoro dopo cinque anni di silenzio. Giorni in cui ha ragionato sul proprio destino, sulla perdita dei genitori e di amici, sulla separazione. Un album uscito il 10 marzo in vinile e cd, il digitale arriverà poi. Un punto fermo anche questo: il voler fissare su qualcosa di tattile il frutto del suo lungo e non facile lavoro, presentato a Bologna, domenica scorsa, appunto.  Continua a leggere

Dal Tango, alla bossa, al jazz, il lungo viaggio dei Libertango 5tet

«L’editore, come il musicista, non è altro che un traghettatore di storie». È una frase che mi è piaciuta molto nella sua pulita metafora. L’ho letta in un’intervista a Olivia Sellerio, mi pare l’avesse pubblicata La Repubblica, cantante (il disco Zara Zabara: 12 canzoni per Montalbano è un piccolo gioiello) ed editrice con il fratello Antonio dell’omonima casa editrice palermitana.

Mi è venuta in mente ascoltando un disco uscito a settembre dal titolo Point Of No Return dei siciliani Libertango 5tet. La Sicilia come crocevia di popoli e di artisti vanta un bel parterre di musicisti, a partire da Franco Battiato che ha raccolto l’essenza di quelle contaminazioni mediterranee, alla pianista jazz Cettina Donato, da Mario Venuti ad Alborosie, da Salvatore Sciarrino a Sade Mangiaracina, da Daniela Spalletta, di cui vi ho parlato pochi giorni fa, al sassofonista Francesco Cafiso. Musicisti di varia estrazione, dal jazz alla classica, dal pop al reggae, ne ho citati solo alcuni, non me ne vogliano gli altri che ho dimenticato. E, a questi, aggiungo i Libertango 5tet, band che sta insieme dagli anni Novanta, che s’è eclissata per una quindicina d’anni e che, nel mezzo del cammin della sua vita, è ritornata con un disco davvero interessante.

I cinque componenti sono tutti bravissimi e pignoli musicisti che sanno il fatto loro, venuti su a cultura e musica, ascoltata e suonata. Francesco Calì alla fisarmonica e al pianoforte, Gino De Vita alle chitarre, Marcello Leanza ai fiati, Giovanni Arena al contrabasso e basso elettrico, Ruggero Rotolo alla batteria. 

Point Of No Return è proprio un traghettatore di storie e stili musicali. Sembra – provatelo ad ascoltare in sequenza di brani – un racconto che inizia forte in Argentina con Five or Four Tango, quello alla Astor Piazzolla (non a caso hanno deciso di chiamarsi Libertango!), per poi proseguire con il brano che dà il titolo all’album, Point Of No Return, un’ariosa, brasileira bossa jazz che tanto mi fa ricordare la scuola “mineira”, quella dei vari Milton Nascimento, Wagner Tiso, Beto Guedes, o le influenze di Egberto Gismonti, con la sua musica estremamente colta, contaminata da folk, jazz, classica… A proposito, anche la madre di Egberto, Ruth Gismonti, dotata di una gran voce, è di origini siciliane…

Un’orchestra d’archi, molto cinematografica, riprende le redini nel terzo brano, I’ll Be There, dove il pianoforte di Calì si fonde con una struggente chitarra di De Vita. Siamo ancora in America Latina, ma si inizia ad avvertire la sicilianità in temi musicali cari alle colonne sonore tipiche di un film alla Giuseppe Tornatore.

Il viaggio ha una sterzata improvvisa, allegra, popolare con una fisarmonica da festa e da danze paesane con Alysia’s Dance. Sezioni ritmiche al massimo (vero divertimento per Ruggero Rotolo che lancia stimoli continui alla serotonina) e una chitarra acustica che racconta la gioia di una serata d’allegria in riva al mare in una notte d’estate.

I Libertango 5tet in concerto – Foto Salvo Cantone

I brani si alternano, da sognanti session latin jazz ad accenti di jazz classico, oserei, liberty, con gli strumenti che si richiamano e il contrabbasso che marcia che è un piacere, camminando felpato su sax, chitarra e fisarmonica (Three Brothers).

Brano complesso, in chiave contemporanea, Mal d’Afrique, è tecnicamente perfetto da rischiare di sembrare senz’anima. Pensiero che svanisce presto nel successivo Dr. Tomas e in Life and Death, intensi e struggenti.

Fine col botto con Tango for Sigfred, dove si fa tango, secco, vellutato, sensuale, ma si usa la lingua jazz intrecciandola a una chitarra rock, quasi acida, che ricorda come la musica sia interconnessa e i generi siano solo un aspetto secondario di quel fiume di note placido o impetuoso che ha traghettato l’ascoltatore lungo un disco che vale davvero la pena mettere nella propria collezione.

Piazzolla and Friends, quattro giorni di Tango a Trani

Permettetemi un ritorno a un post fatto l’11 marzo di quest’anno. Ricordava il centenario dalla nascita di uno dei più grandi musicisti dell’America Latina, un “tanguero” che ha rivoluzionato il tango. Sto parlando di Astor Piazzolla. Vi segnalo un altro capitolo dei festeggiamenti della città di Trani verso uno dei suoi figli più famosi.

Questa settimana, dal 22 al 25 settembre, si terrà al Palazzo delle Arti Beltrani il Piazzolla&Friends, una serie di concerti ed eventi teatrali ideato dall’associazione InMovimento, con i patrocini di Regione Puglia, Teatro Pubblico Pugliese, Comune di Trani, Ambasciata argentina a Roma, Fundación Astor Piazzolla.

Questa la notizia di cronaca. In realtà, la quattro giorni tranese è, dal punto di vista artistico, di grande rilievo anche per chi non ama le struggenti melodie del tango. Perché sarà l’occasione per assistere, nella Corte Davide Santorsola, ad alcuni concerti di altissimo profilo. Mercoledì apre il bandeonista argentino Daniel Binelli (faceva parte del Sexteto Nuevo Tango di Piazzolla) e della pianista uruguaiana Polly Ferman, duo già in concerto per alcune date nel nostro Paese.

Giovedì toccherà alla violinista italo francese Sabrina Condello e al bandeonista argentino Victor Ugo Villena. Nato in Argentina nel 1979, Villena, che da anni ha scelto la Francia come sua seconda terra, è un bandeonista di lungo corso, ha lavorato anche con i Gotan Project nel loro tour dal 2003 al 2007 (ricordate il tango elettronico?). Ha pubblicato da pochi giorni, il 16 settembre scorso, un gran bel disco di tango, struggente al punto giusto, con la cantante Cristina Vilallonga intitolato Al Final (ascoltate Del Subsuelo).

Venerdì 24 settembre tocca a un altro grande artista, il violinista dall’animo rock Alessandro Quarta con il suo quintetto. Quarta un paio d’anni fa ha pubblicato un lavoro molto raffinato, Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla, un disco che ascolto spesso. Soprattutto Fracanapa e l’immancabile Vuelvo al Sur, una delle versioni che preferisco insieme a quella incredibile di Caetano Veloso su Fina Estampa, dove al posto del violino c’è il profondo violoncello di Jaques Morelenbaum, disco che solo un latinoamericano geniale come il baiano Veloso poteva concepire e realizzare.

Non c’è musica senza ballo. Sabato 25 settembre in scena lo spettacolo di teatro danza, prodotto dall’associazione InMovimento, Sognando Piazzolla con la musica live dei Tango Sonos (i fratelli Antonio e Nicola Ippolito), e le due coppie di tangueros Giorgia Rossello /Vito Raffanelli e Valentina Guglielmi/Miky Padovano.

Astor Piazzolla, oggi il centenario della nascita

Giusto cento anni fa nasceva a Mar de Plata (Argentina) Astor Piazzolla, il musicista che ha trasformato il tango, rendendolo oltre alla danza, una musica complessa, ricca di sfumature, figlia delle sue esperienze. Figlio di italiani (il padre Vicente era originario di Trani, la madre Assunta di Massa Sassorosso, borgo toscano in Garfagnana), Astor studiò musica a New York dove la famiglia si trasferì quando lui aveva appena tre anni. Nella Grande Mela, dopo gli studi classici, fu catturato dalla libertà contagiosa ed espressiva del jazz. Il suo strumento era il bandoneón, quella strana fisarmonica importata in Argentina a metà Ottocento da un  tedesco che è diventata l’anima di un’orchestra di tango. Narrano le cronache che, ad appena 12 anni, incontrò il re del tango dei primi anni del Novecento, Carlos Gardel, che lo volle al suo fianco in una tournée. Era il 1934. Il padre Vicente, probabilmente intimorito per l’a giovane età, non glielo permise. Gardel morì l’anno successivo a Medellin in Colombia.

Ma torniamo alla musica di Piazzolla: con lui, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, il tango da musica romantica alla Gardel, appunto, diventa più ritmico, complesso. Piazzolla introduce chitarre elettriche, i primi sintetizzatori, suonati dal figlio Daniel nel periodo dell’Octeto Electronico, formazione che durò appena quattro anni. Per questo si attirò le ire dei conservatori del tango e persino da Borges che lasciò sdegnato la sala durante un suo concerto. Ma lui credeva nella sua musica. Non a caso le contaminazioni con il jazz con il mitico sassofonista Gerry Mulligan o il vibrafonista Gary Burton diedero vita a quel tango nuevo di gran successo negli States e in Europa ma non nel suo Paese. Ascoltatevi Close Your Eyes and Listen con Gerry Mulligan, alla batteria il nostro grande Tullio De Piscopo, brano del 1974, dall’album Summit, o Vipraphonissimo dall’album The New Tango registrato dal vivo nell’88 al Mountreux Jazz Festival.

Dei tanti lavori prodotti in vita (poi sono usciti un sacco di dischi postumi… e qui sapete come la penso, una sorta di “esplorazione” di artisti che non avevano, per ovvie ragioni, più motivo decisionale su brani, sequenze, arrangiamenti) c’è Adiòs Nonino (1969), Libertango (1974), Tango: Zero Hour (1988), quest’ultimo l’album preferito dallo stesso musicista… Astor scrisse anche colonne sonore: per Sur di Fernando Solanas con la mitica canzone Vuelvo al Sur, le parole (qui sotto) sono dello stesso Solanas, brano interpretato anche da uno strepitoso Caetano Veloso. Per il film Solanas vinse la miglior regia al quarantunesimo Festival di Cannes. Compose anche le musiche per l’Enrico IV di Marco Bellocchio (1984).

Vuelvo al Sur, como se vuelve siempre al amor

vuelvo a vos con mi deseo, con mi temor

Llego al Sur como un destino del corazón

soy del Sur como los aires del bandoneón

Sueño el Sur, inmensa luna, cielo al revés

busco el Sur el tiempo abierto, y su después.

Quiero el Sur, su buena gente, su dignidad,

siento el Sur, como tu cuerpo en la intimidad.

Vuelvo al Sur, llego al sur te quiero

Dunque, se volete approfondire il tema, oggi a Trani, città d’origine dei Piazzolla, ci sarà un collegamento con Mar de Plata, per ricordare il grande bandeonista e artista. Diretta streaming alle 14 sulle pagine Facebook Festival del Tango Trani del Centenario Piazzolla e sulla pagina ufficiale della Città di Trani. Ovviamente, festeggiamenti anche a Massa Sassorosso in Garfagnana con l’arrivo dei consoli e dell’ambasciatore argentino in Italia.