L’importanza di comunicare la musica

Gianni Sibilla, direttore didattico del Master in Comunicazione Musicale all’università Cattolica di Milano

M’è arrivata una notizia che pubblico con piacere, l’apertura delle iscrizioni alla XXIII edizione del Master in Comunicazione Musicale promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il termine per la presentazione delle domande scadrà il prossimo 13 ottobre (se linkate trovate tutte le informazioni necessarie). 

Questa veloce anticipazione mi dà la possibilità di parlare del mondo della musica preso da un altro aspetto, ugualmente importante, la comunicazione. Termine abusato, si comunica in mille modi (per farvene un’idea vi consiglio la lettura di un bel libro scritto da Silvia Grassi e Roberto Iadicicco, Comunciatore a chi? Guida Editori, 140 pag. 15 euro), troppo spesso ci si improvvisa comunicatori ignorando che comunicare è l’essenza del nostro vivere ed è importantissimo farlo nella maniera più giusta e opportuna.  Continua a leggere

Kublai, la vita è un… sogno vero

Delle ultime uscite italiane di questi mesi mi ha interessato un Ep intitolato Sogno Vero a firma Kublai. Quattro brani dove l’elettronica è il filo conduttore per un lavoro cantautorale al cento per cento, arricchito da gran bei fraseggi che attingono al rock progressive. 

L’artista in questione è milanese, ha 35 anni e si chiama Teo Manzo. Condivide il progetto con Mamo, l’ex batterista degli Io?Drama, amico di una vita. Proprio in una Milano inaridita d’underground, che ha abbandonato il ruolo di città stimolante per una sistemazione più comoda su un mainstream sempliciotto, chiuso tra rap, trap e beat prefabbricati buoni per ogni stagione, Teo ha compiuto nel suo piccolo un miracolo allo stato solido. Insomma, vien da dire, c’è vita su Marte.  Continua a leggere

Tommaso Novi, trio per fischio in concerto

Fischiettare è un bel segno di felicità, almeno a me capita spesso. C’è chi del fischio ne ha fatto una professione, vedi il mitico Alessandro Alessandroni che ha messo le sue perfette modulazioni a disposizione di Ennio Morricone, contribuendo a rendere immortali le colonne sonore degli western di Sergio Leone, tanto che inventò il genere fischio western. Vi parlo di fischio perché questa sera, apre una mini tournée per ora tutta toscana che merita la partecipazione.

L’artista in questione lo conoscete già. Vi ho parlato di lui nel dicembre del 2021. Si chiama Tommaso Novi, 44 anni, pisano. Porta con sé tutta l’irriverenza e la goliardia guascona toscana unita a una solida preparazione musicale. Insomma un artista completo. Uno che, sull’ultimo album pubblicato, Terzino Fuorigioco, ha dedicato un brano al suo impresario. Continua a leggere

Marco Pacassoni, il vibrafono come stile di vita

Marco Pacassoni, John Patitucci e Antonio Sanchez – Foto Andrea Rotili

Marco Pacassoni, classe 1981, è uno dei più bravi e versatili vibrafonisti italiani. Un musicista completo, di quelli baciati dalla dea della musica. Vive a Fano, s’è laureato al conservatorio di Pesaro e quindi negli Stati Uniti alla mitica Berklee School of Jazz, in entrambe con lode.  Continua a leggere

Eugenia Canale, jazz e Risvegli, omaggio all’armonia

Eugenia Canale – Foto Lucia Zanini

Quel do centrale ripetuto in modo apparentemente irregolare fa pensare alle prime gocce d’acqua che tintinnano annunciando l’imminente scroscio di pioggia. «L’ho composto un anno fa. Quella mattina si mise a piovere dopo mesi di siccità. Il brano mi è uscito di getto con una suggestione, la terra si stava risvegliando», mi racconta Eugenia Canale, che vedremo a Piano City Milano il prossimo 20 maggio (ore 12, alla Biblioteca Affori, via Affori 9).

Risvegli è il titolo del brano d’apertura e anche quello del suo nuovo lavoro pubblicato un mese fa. Nove tracce per un disco solido e sofisticato dove non c’è soltanto tecnica ma anche tanta passione e cultura. Il dialogo tra il pianoforte di Eugenia e l’armonica a bocca suonata da Max De Aloe richiama le atmosfere “latine”, accarezzate, alla Toots Thielemans. Alla parte ritmica ci pensano egregiamente Riccardo Fioravanti al contrabbasso (che in Cape riproduce il suono di un berimbau) e il fantasioso Marco Castiglioni alla batteria. Continua a leggere

Ludovica Burtone: le scintille della musica

Ludovica Burtone – Foto Alex Duvall

Sparks, scintille, falischis nella lingua friulana, regione da dove Ludovica Burtone proviene. È il titolo del lavoro che la violinista ha pubblicato il 3 marzo scorso per l’americana Outside in Music. Sei brani, 45 minuti di ascolto, per un lavoro le cui definizioni di genere vestono stretto. Sono scintille, appunto. Scintille di musica che esplodono in tutta la loro lucentezza o fingono di soffocare sotto la cenere. Il fuoco che arde è quello della musica. Classica, cameristica, jazz, latin: si sentono i richiami di così tante idee geniali nelle armonie delle composizioni e sotto le dita di quel violino che comanda in modo leggero, amalgamandosi con il quartetto d’archi (Fung Chern Hwei, violino, Leonor Falcon Pasquali, viola, Mariel Roberts, violoncello) con il pianoforte di Marta Sanchez, il contrabbasso di Matt Aronoff, la batteria di Nathan Elmann-Bell, o con l’incredibile sax di Melissa Aldana in Awakening. E ancora, nelle chitarre “brasiliane” di Leandro Pellegrino e nella “batucada” di Rogerio Boccato (nella splendida rivisitazione di Sinhá di Chico Buarque e di João Bosco), nella voce/strumento di Sami Stevens in Altrove.  Continua a leggere

I paesaggi sonori di Tuulikki Bartosik

Oggi vi porto in Nord Europa. Per essere più precisi, un po’ in Svezia e un po’ in Estonia, per incontrare Tuulikki Bartosik, gran brava musicista che si colloca tra il folk e l’avanguardia. Tuulikki è una “Baltoscandic”, la cui vita è equamente divisa tra Scandinavia e paesi Baltici. Il suo strumento è la fisarrmonica a bassi sciolti, cioè i bassi non sono risolti solo in accordi ma anche in note singole (per la cronaca, usa una italianissima Pigini, azienda nata nell’anconetano nel 1946, costruita appositamente per lei). È anche una cantante, una compositrice e una polistrumentista, suona il pianoforte, l’harmonium e lo zither, strumento della famiglia dei cordofoni, molto diffuso nel paesi scandinavi e baltici. Continua a leggere

Dan Costa: con “Beams” batte il cuore del latin jazz

Beams, raggi di luce. E proprio la luce è la protagonista del nuovissimo lavoro di Dan Costa. Pianista dai solidi studi e da una raffinata creatività, come avevo scritto nel marzo dello scorso anno in occasione di un brano, Iremia, pubblicato insieme a Randy Brecker, Allora suonava di pace interiore, giusto in un momento in cui l’invasione russa in Ucraina stava iniziando il suo macello disorganizzato. Luce è speranza, vita, invito alla positività.

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Claudio Felici: “Guarda da qui”, è tutta un’altra prospettiva…

Carlo Felici, l’autore. Guarda da qui, il titolo. AlfaMusic (Pop&Roll), l’editore. Una cover ad acquerello dove prevale il rosso. Un altro mondo? Un tramonto? Un invito a guardare da altre prospettive? Di Claudio Felici non ne avevo mai sentito parlare prima, né tantomeno del suo disco, composto da otto tracce, insomma un album degno di questo nome. Un valido motivo, per come la vedo io, di metterlo in cuffia.

Se provate a fare una ricerca in Internet su Felici non c’è nulla, o meglio, qualcosa c’è ma per altri motivi (un pittore)… che sia il moniker di qualche artista? Poi, sui credits leggo un nome che conosco bene, Francesco Bruno, uno dei più bravi, creativi e tecnicamente impagabili chitarristi di cui il nostro Paese può fregiarsi (di lui ne avevo scritto non molto tempo fa sul blog).  Continua a leggere

Disco del mese/ Here It Is: A Tribute to Leonard Cohen

Fra le tante uscite di ottobre mi ha colpito un lavoro che, dalla sua pubblicazione, è diventato per me un ascolto quotidiano. Si tratta di Here It Is: A Tribute to Leonard Cohen, edito dalla Blue Note Records e dato all’ascolto il 14 del mese scorso. 

Non sono un amante dei dischi che in qualche modo sfruttano il lavoro di artisti scomparsi. Ma qui, accidenti, siamo davanti a ben altra cosa. Un vero tributo, un omaggio in punta di piedi ma potente, ricco e fedele, dove non prevale l’identità del singolo artista che interpreta ma dell’autore. Che risponde all’immenso nome di Leonard Cohen, uno dei più grandi cantautori che hanno calcato questo pianeta, ammirato, imitato, seguito. 

L’idea del disco – come probabilmente avrete già letto – è di Larry Klein, bassista stranoto, vincitore di Grammys, compositore e turnista d’eccellenza (da Bob Dylan a Peter Gabriel, da Herbie Hankock a Joni Mitchell (della quale è stato anche marito), amico di Cohen fin dai primi anni Ottanta. Il quale ha pensato a un parterre di artisti da brivido: Norah Jones, Peter Gabriel, Gregory Porter, Sarah McLachlan, Luciana Souza, James Taylor, Iggy Pop, Mavis Staples, David Gray e Nathaniel Rateliff.  Continua a leggere