Anniversari/ I 72 anni di Ian Paice, mitico batterista dei Deep Purple

È stato – e lo è tuttora – uno dei miei idoli. Idoli di gioventù, quelli che ti rimangono appiccicati al cuore e all’anima. Più che un uomo, un metronomo: perfetto, secco, senza sbavature, con il genio del ricamo. L’effetto? Una musica sempre piena, adrenalinica, potente, espressiva all’estremo. Sto parlando di Ian Paice: il batterista di Nottingham, oggi compie 72 anni.

Famoso per la sua militanza nei Deep Purple e negli Whitesnake, Paice merita d’essere ricordato e celebrato. Il suo assolo di oltre sei minuti nel brano The Mule  (ascoltatelo!), dall’album live Made in Japan dei Deep Purple nella formazione Mark II, per me la migliore (con Ritchie Blackmore, John Lord, Ian Gillan e Roger Glover), del 1972, resta scolpito nelle piste di registrazione come uno dei migliori della storia del Rock, assieme a quelli del compianto John “Bonzo” Bonham dei Led Zeppelin e agli altri di Ginger Baker dei Cream, volato pure lui nei palchi del cielo, lo scorso anno, entrambi conterranei.

Paice, tanto per celebrarlo fino in fondo, ha suonato con molti grandi della musica, George Harrison, Paul McCartney, il sassofonista Eddie Harris nell’album E.H. in the UK (disco del 1973 registrato dal musicista jazz con personaggi del calibro di Steve Winwood, Jeff Beck, Rick Grech, Neil Hubbard…).

Il prossimo 7 agosto uscirà Woosh!, il ventunesimo album in studio dei Deep Purple, prodotto da Bob Ezrin (ascoltate Throw My Bones). Possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo sul fatto che la band abbia fatto la sua strada, che forse Paice e compagni potrebbero smetterla lì… Ma come possiamo fermare la loro voglia di musica? Si divertono, eccome, lo hanno dichiarato loro stessi (Ezrin incluso). Finché la salute li accompagna avremo ancora la sensazione di averli vicini, un lungo pezzo di strada percorso insieme. Piccole gioie della vita. Auguri Ian!

Riflessioni/ Beatles? Forever and ever… and everyday

Dieci anni in cambio dell’immortalità, dal 1960 al 1970. È questo il patto che i Beatles devono aver fatto con il dio della musica quando, da anonimi ragazzi di Liverpool sono diventati il gruppo più famoso della storia della musica. Certo, i Rolling Stones, altri immortali in azione dagli anni Sessanta, sono ancora sul palco. Loro invece come band si sono disintegrati all’apice della popolarità – storie, leggende, donne, rancori, investimenti sbagliati, carriere soliste, metteteci tutto quello che volete.

Eppure, grazie alla loro popolarità per i milioni di fan nel mondo è come se il ritiro dalle scene in formazione Fab4 non fosse mai successo. I Beatles sono i Beatles, sempre lì, immortali, presenti come band ancora attiva nell’immaginario collettivo. Poi ci sono Paul McCartney, John Lennon, George Harrison, Ringo Starr, altre storie. Sono ovunque, addirittura trasformati in fumetti (come testimonia il bel libro, uscito nel 2010 per Skyra, firmato da Enzo Gentile e Fabio Schiavo, Beatles a FumettiI). 

Mi è capitato di osservare uno dei tanti siti aggregatori di notizie. Uno di questi, thisdayinmusic.com, con sede a Prestatyn, località balneare gallese che si affaccia sulla baia di Liverpool a una settantina di chilometri dalla città di MacCartney&Soci, riporta i fatti salienti accaduti nel mondo della musica (rock e pop) negli anni per ogni giorno dell’anno. La cosa incredibile, non perché gli autori del sito siano un po’ di parte, visto lo stesso luogo di provenienza della band, è che per ogni giorno dell’anno sono segnalate una o più notizie sui Beatles. Mi sono divertito a prendere la settimana in corso, da domenica 7 a domenica 14 giugno. Qui la “Beatlescronologia”. Divertitevi!

07/06/1964 Primo tour mondiale, i Beatles partono da Amsterdam diretti a Hong Kong. L’aereo si  ferma a Beirut per rifornimento di carburante. Centinaia di scatenate/i fan invadono la pista. I quattro autografano gli album, ma poi alcuni tentano di salire nell’aereo, la polizia cerca di contenerli con la schiuma antincendio.

08/06/1967 Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band si posiziona al primo posto nelle vendite del Regno Unito e ci resterà per 27 settimane. Per registrare l’album, la cui produzione è costata 25mila sterline (l’equivalente di 42.500 dollari), ci sono volute più di 700 ore di studio. Particolarità: l’album per la prima volta contiene i testi delle canzoni stampati nella busta interna.

09/06/1963 L’ultima data del tour con Roy Orbison. I Beatles si esibiscono nella King George’s Hall, a Blackburn, Lancashire. È in questo tour che i fan dei Beatles iniziano a lanciare gelatina sul palco. Il motivo? George Harrison, in un’intervista televisiva, aveva dichiarato di esserne goloso.

10/06/1964 Da Hong Kong, tre giorni dopo l’“assalto” di Beirut, i Fab4 volano verso l’Australia. Dopo una sosta non programmata a Darwin, dove oltre 400 “fedeli seguaci” salutano il loro aereo, i Beatles atterrano a Sydney, nel mezzo di un violento acquazzone. Salgono su un camion scoperto per salutare i mille fan.

11/06/1969 I Beatles vanno al numero Uno della classifica dei singoli britannici con The Ballad Of John and Yoko, diciassettesimo primo posto nel Regno Unito della band. Gli unici due Beatles che suonano in studio sono John Lennon e Paul McCartney.

12/06/1965 I Beatles entrano nella lista delle onorificenze per per ricevere l’MBE  – Member of the Order of the British Empire – in occasione del compleanno della Regina Elisabetta (verranno insigniti a ottobre). Le proteste arrivano a Buckingham Palace: il deputato canadese Hector Dupuis, anche lui candidato, sostiene che la famiglia reale britannica lo ha messo allo stesso livello di un gruppo di volgari ignoranti…

13/06/1964 Torniamo al primo tour mondiale: i Beatles si esibiscono in altri due spettacoli al Centennial Hall, Adelaide. Per i quattro spettacoli previsti ci sono 12mila biglietti disponibili, contro una richiesta di pubblico di 50mila. I due concerti di questo giorno sono stati gli ultimi del batterista Jimmy Nicol, nel ruolo di Beatle temporaneo, in sostituzione dell’ammalato Ringo Starr. Sempre il 13 giugno ma del 1970, la band inizia due settimane al top della classifica dei singoli Usa con The Long And Winding Road, loro ventesima numero Uno negli States. Lo stesso giorno l’album Let It Be (dodicesimo e ultimo della band) sale al primo posto nella charts degli album Usa più venduti.

14/06/1963 Durante un tour nel Regno Unito, i Beatles suonano alla New Brighton Tower di Wallasey (non esiste più…) con il gruppo di supporto dei Gerry and the Pacemakers, band di Liverpool. I biglietti costano appena 6 scellini. Tra il 1961 e il 1963 si esibiranno qui per 27 volte.

Musica e natura/ Liberi come falchi? Forse, ma…

Ho un collegamento giornaliero a cui non rinuncio. Pensate pure che sia naïf o freak, però, seguire la nascita e la crescita di tre esemplari di falchi pellegrini, nati in cima al tetto del Pirellone, uno dei simboli di Milano, è stato, ed è, rigenerante in un momento particolare come quello che stiamo vivendo.

I tre piccoletti sono figli di Giò e Giulia, due magnifici esemplari di Falco “peregrinus”, chiamato così perché il colore delle piume in testa li fa assomigliare ai cappucci usati dai pellegrini in altri secoli, e battezzati così in onore di Giò Ponti, l’architetto che ha progettato il Pirellone, e della di lui moglie.

Fantasie a parte, la coppia è stata avvistata tre anni fa durante i lavori di ristrutturazione del tetto del palazzo. Qualcuno in Regione ha fatto costruire un nido e ci ha messo una webcam per seguire la vita di questa famigliola ignara di trovarsi in un Big Brother per pennuti.

Permettetemi un’altra precisazione sul rapace in questione, alla stregua dei freddi elenchi di prestazioni di una supercar: velocità massima 320 km/h, apertura alare fino a 120 cm, lunghezza fino a 58 cm, visibilità garantita, tre chilometri.

Detto ciò, vi domanderete se siete atterrati per sbaglio in un blog per aspiranti ornitologi. Il punto è che la vista da lassù, l’arrivo della madre che porta il cibo a questi tre, che ormai appaiono ogni giorno che passa sempre più dei robusti giovanotti/e pronti/e a spiccare il volo, stimola riflessioni. In questo momento anche noi ci troviamo nel nostro nido, tentiamo di riaffacciarci al mondo, cerchiamo la libertà del poterci librare di nuovo in aria, ci sentiamo pronti a spiccare il volo di nuovo… eppure restiamo ancora immobili e impauriti, soprattutto a Milano dove pare che il virus non voglia mollare (molto per colpa dei nostri comportamenti). Proprio oggi il sindaco Beppe Sala nel suo quotidiano dialogo via Instagram s’è lanciato in una dura reprimenda contro chi pensa che tutto sia passato, mettendo in pericolo la città – il riferimento è al caos dei Navigli, presi ieri pomeriggio d’assalto in stile movida da happy hour.

Ritorno ai tre amici alati e a una canzone che mi viene naturalmente in testa, Three Little Birds, di Bob Marley & The Wailers dall’album Exodus (1977), disco dirimente nella storia del reggae e dell’artista. Sarà il levare del ritmo, il carisma del leggendario interprete, il sole che oggi lotta tra le nuvole per uscire, ma c’è quel senso di speranza e allegria che ti pervade quando Bob intona:

 

Rise up this mornin’,
Smiled with the risin’ sun,
Three little birds
Pitch by my doorstep
Singin’ sweet songs Of melodies pure and true,
Sayin’, (“this is my message to you-ou-ou:”)
Singin’: “don’t worry ‘bout a thing,
‘Cause every little thing gonna be all right.”
Singin’: “don’t worry (don’t worry) ‘bout a thing,
‘Cause every little thing gonna be all right!”…

Il reggae aiuta lo spirito, ti ben dispone e se poi ci sono tre “little birds” che ti rassicurano cinguettando che andrà tutto bene nelle tue piccole cose della vita, every little thing gonna be allright, accogli il messaggio di ottimismo e decidi di farlo tuo, osservando i tre falchetti, ormai adottati via web, che sembrano sempre più dei polli con il becco ricurvo.

Ma quando, inevitabilmente, ripiomba la preoccupazione e nemmeno Bob riesce a colorala, allora vale la pena di seguire il consiglio di Emilíana Torrini, l’artista italo-islandese che, nella sua Birds (dall’album Me and Armini del 2008), avvolgente folk psichedelico, canta la speranza:

Lend me yours wings
And teach me how to fly
Show me when it rains
The place you go to hide

(Prestami le tue ali, insegnami a volare, mostrami, quando piove, il luogo in cui ti rifugi…). 

La metafora della mia/nostra possibile (forse, un giorno) libertà continua, anzi, trova una delle sue maggiori espressioni in Neil Young, con la sua Birds contenuta nel bellissimo album After The Gold Rush (1970): piano e voce per parlare di oggi e domani. Today e Tomorrow si altalenano nel brano,  precipitandoti, oserei, sul filo della depressione, facendoti però riflettere su quello che siamo diventati, uomini e donne  confusi, Feathers fall around you piume che che perdiamo e ci impediscono di “volare”.

La presa di coscienza “Younghiana” si riflette nelle parole di Sia, cantautrice  pop australiana, nel suo Bird Set Free (da This Is Acting del 2016): I Struggle to fly now, oh/ But there’s a scream inside that we all try to hide (Sto cercando di volare ora, ma c’è un grido dentro che tutti cerchiamo di nascondere), per poi riuscire a liberarsi dell’ansia con un urlo: I shout it out like a Bird set free (Grido forte come un uccello liberato).

In questi giorni, molti artisti si sono cimentati e si stanno dedicando a registrazioni o dirette streaming, per mantenere un diretto contatto con il pubblico ma anche per ingannare la quarantena. Dall’altra parte dell’oceano lo stanno facendo più che mai, essendo “lucchettati” a casa. Come John Legend, o Chris Martin: il frontman dei Coldplay  è diventato, sempre su Instagram, una sorta di juke box, suonando i brani che i fan gli chiedevano di cantare.

Una delle esibizioni “in quarantine” che ho più apprezzato è stata quella di Sheryl Crow, di un paio di giorni fa: al piano ha interpretato Beware The Darkness, uno dei brani più sentiti di George Harrison dall’album (da riascoltare!) All Things Must Pass, fatto uscire nel novembre del 1970, pochi mesi dopo lo scioglimento dei Beatles. Vi lascio il testo, così potete cantarlo con Sheryl. Un atto di libertà in attesa della libertà!

Watch out now, take care
Beware of falling swingers
Dropping all around you
The pain that often mingles
In your fingertips
Beware of darkness
Watch out now, take care
Beware of the thoughts that linger
Winding up inside your head
The hopelessness around you
In the dead of night
Beware of sadness
It can hit you
It can hurt you
Make you sore and what is more
That is not what you are here for
Watch out now, take care
Beware of soft shoe shufflers
Dancing down the sidewalks
As each unconscious sufferer
Wanders aimlessly
Beware of Maya
Watch out now, take care
Beware of greedy leaders
They take you where you should not go
While Weeping Atlas Cedars
They just want to grow, grow and grow
Beware of darkness