La ricetta per trascorrere un’ora di meditazione, soli con se stessi, fatto quanto mai raro nella nostra ingabbiata e programmata esistenza, è racchiusa in un disco, Love in Exile, uscito il 24 marzo scorso via Verve Records, che porta le firme di tre musicisti di grandissimo spessore: Arooj Aftab, Vijay Iyer e Shahzad Ismaily. Tutti e tre vivono a New York, Vijav è nato negli States da genitori indiani, come pure Shahzad, figlio di una famiglia pakistana, mentre Arooj (una conoscenza di Musicabile) è nata a Ryad, in Arabia Saudita, anche lei da genitori pakistani. Continua a leggere
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Christian Muela, Didjeridoo, tribalità urbana e improvvisazione radicale
Il 10 marzo scorso è uscito un disco, catalogato come Worldwide, degno di nota, Didjin Beat di Christian Muela. Il trentanovenne musicista italo-congolese di stanza a Roma, ha confezionato un lavoro che sta tra elettro-dance e il suono arcaico del didjeridoo degli aborigeni australiani. Questo strano strumento fa parte della famiglia degli aerofoni ad ancia labiale, i più diffusi sono il flauto e la tromba: le labbra, vibrando, producono il suono.
Ve l’ho fatta breve, perché sul didjeridoo, in uso da oltre duemila anni, di cose da dire ce ne sarebbero molte, sono stati scritti libri e, se si vuole imparare, girano anche molti tutorial su internet. Quello che mi interessa farvi notare è la sua capacità di risvegliare nella mente umana sinapsi sopite, una sorta di transponder che risponde a richiami ancestrali. Allo stesso modo dei mantra dei monaci tibetani. Continua a leggere
L’arte di Lonnie Holley e la musica in… trance
Oh Me Oh My è l’ultimo lavoro pubblicato da Lonnie Holley. Il quinto disco. Lonnie è un artista afroamericano di 73 anni, di Birmingham, Alabama. Scultore, pittore, fotografo, poeta, regista e anche musicista. La sua è un’arte povera, stratificata e rimodellabile, come la vita. Le sue opere sono esposte in molti musei americani al Fine Arts di San Francisco, al Metropolitan di New York, allo Smithsonian, alla National Gallery of Art di Washington, in una permanente all’Onu. Ad ascoltarlo è spiazzante quanto coerente con la sua filosofia di vita: nei brani del disco senti Miles Davies, Gil Scott-Heron, gli Animal Collective – con cui per inciso ha collaborato – e un sacco d’altri musicisti che hanno influenzato i suoi ascolti. Continua a leggere
Ludovica Burtone: le scintille della musica

Ludovica Burtone – Foto Alex Duvall
Sparks, scintille, falischis nella lingua friulana, regione da dove Ludovica Burtone proviene. È il titolo del lavoro che la violinista ha pubblicato il 3 marzo scorso per l’americana Outside in Music. Sei brani, 45 minuti di ascolto, per un lavoro le cui definizioni di genere vestono stretto. Sono scintille, appunto. Scintille di musica che esplodono in tutta la loro lucentezza o fingono di soffocare sotto la cenere. Il fuoco che arde è quello della musica. Classica, cameristica, jazz, latin: si sentono i richiami di così tante idee geniali nelle armonie delle composizioni e sotto le dita di quel violino che comanda in modo leggero, amalgamandosi con il quartetto d’archi (Fung Chern Hwei, violino, Leonor Falcon Pasquali, viola, Mariel Roberts, violoncello) con il pianoforte di Marta Sanchez, il contrabbasso di Matt Aronoff, la batteria di Nathan Elmann-Bell, o con l’incredibile sax di Melissa Aldana in Awakening. E ancora, nelle chitarre “brasiliane” di Leandro Pellegrino e nella “batucada” di Rogerio Boccato (nella splendida rivisitazione di Sinhá di Chico Buarque e di João Bosco), nella voce/strumento di Sami Stevens in Altrove. Continua a leggere
I due mondi in jazz di Antonio Artese
Two Worlds è il nuovo lavoro che Antonio Artese, pianista di Termoli con una lunga permanenza negli States, in California, musicista a cavallo tra il classico e il jazz, ha pubblicato un paio di mesi fa per la Abeat del mitico Mario Caccia.
Un paio di mondi di Artese ve li ho già svelati, la dualità tra Europa e America, tra musica classica e jazz e, aggiungo, tra stili e dinamiche armoniche, tra romanticismo e razionalità, tra passioni sonore che esaltano la “mediterraneità” dell’artista, ma anche la tensione al minimalismo di scuola nordeuropea e gli emozionanti “fraseggi” in trio alla Bill Evans. Continua a leggere
“La Figlia di Dio”, Rossella Seno canta la bellezza contro l’orrore
No. Non devo pensarti figlio di Dio
Ma figlio dell’uomo fratello anche mio…
Bisogna partire da qui per parlare del nuovo lavoro di Rossella Seno, La Figlia di Dio, prodotto dalla Azzurra Music in collaborazione con l’Associazione Culturale Disobedience. Da Fabrizio De André e dalla sua Laudate Hominem, brano contenuto ne La Buona Novella, uno dei capolavori dell’artista genovese. Prima di dedicarvi all’ascolto del disco di Rossella – che ha ripreso nei suoi 12 brani anche Si chiamava Gesù, altra meravigliosa canzone del cantautore – vi consiglio di riascoltare e, per chi non lo avesse mai fatto per questioni d’età, ascoltare, quest’album importantissimo nella storia del cantautorato italiano. Tratto dai vangeli apocrifi, è la versione del cristianesimo secondo Faber. I cori potenti, stravinskijani, di Gian Piero Reverberi, l’attenzione all’uso degli strumenti a corda e a fiato, delle percussioni quando necessarie, ne fanno per i tempi un lavoro d’avanguardia. Continua a leggere
Il paradiso? C’è ed è la Terra. Parola di Lucas Santtana

Lucas Santtana – Foto Jérome Witz
Oggi vi presento un disco uscito ai primi di gennaio per la casa discografica francese Nø Format!. L’autore è Lucas Santtana, 52 anni, brasiliano di Bahia, nipote di Tom Zé, uno dei padri del Tropicalismo, polistrumentista, con domicilio in Francia, a Montpellier. Il disco si intitola O Paraíso. Fatte le presentazioni ufficiali, ve lo consiglio perché è uno dei lavori più interessanti che ho ascoltato in questi primi mesi del 2023, sia dal punto di vista musicale sia da quello “letterario”. Continua a leggere
I paesaggi sonori di Tuulikki Bartosik
Oggi vi porto in Nord Europa. Per essere più precisi, un po’ in Svezia e un po’ in Estonia, per incontrare Tuulikki Bartosik, gran brava musicista che si colloca tra il folk e l’avanguardia. Tuulikki è una “Baltoscandic”, la cui vita è equamente divisa tra Scandinavia e paesi Baltici. Il suo strumento è la fisarrmonica a bassi sciolti, cioè i bassi non sono risolti solo in accordi ma anche in note singole (per la cronaca, usa una italianissima Pigini, azienda nata nell’anconetano nel 1946, costruita appositamente per lei). È anche una cantante, una compositrice e una polistrumentista, suona il pianoforte, l’harmonium e lo zither, strumento della famiglia dei cordofoni, molto diffuso nel paesi scandinavi e baltici. Continua a leggere
Il viaggio perfetto nella musica di Enrico Solazzo
Lo avevo visto suonare a Portobuffolè (Treviso) lo scorso anno. Era il tastierista di un supergruppo jazz dove l’anfitrione era Antonio Faraò, uno dei grandi della musica internazionale, pianista virtuoso ed emozionante, che presentava al Gaia Jazz, di cui è direttore artistico, il suo progetto Eklektik.
Enrico Solazzo, brindisino di nascita e romano d’adozione, ha pubblicato per Via Veneto Jazz da nemmeno due mesi il suo primo lavoro da leader, Perfect Journey. Titolo quanto mai appropriato: un viaggio perfetto nella musica che gli piace, negli arrangiamenti di cui è maestro e con gli amici dei quali ha sommo rispetto e scambi professionali continui. All’album hanno partecipato quaranta musicisti, tra questi Antonio Faraò in You’re My Trhill, uno standard interpretato da Billie Holiday e Nat King Cole di Jay Giorney e Sidney Clare, Fabiana Rosciglione, Stefano Di Battista, Lele Melotti, Baptiste Herbin. Mi fermo qui, l’elenco è ancora lungo… Continua a leggere
Maurizio Petrelli, crooner per mosche e zanzare
Scrivo canzoni per mosche e zanzare. È il curioso titolo del disco in uscita domani firmato da Maurizio Petrelli, farmacista di Monteroni in provincia di Lecce e musicista per passione e studio. Petrelli, 67 anni, è un simpatico signore innamorato di un modo di concepire la musica legato agli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Brani costruiti per durare, dove il valore sta in un’alchimia di strumenti, in un buon testo e in arrangiamenti orchestrali. I suoi punti di riferimento non possono che essere Domenico Modugno e Frank Sinatra. Crooner, roba del secolo scorso, direte. Eppure, rifletto, ci vuole un ostinato coraggio per proporre in anni veloci e digitali come i nostri, dove le canzoni le fanno i computer e il canto è adattato alle mode del momento, un passo diverso, arioso, pignolo, orchestrato. Proprio questo mi è piaciuto di lui. L’essere controcorrente al limite della provocazione, il ribadire con leggerezza e autoironia uno spaccato di vita e note che diventa senza tempo, un pianeta lontano ma raggiungibile da tutti. Continua a leggere