Love in Exile: Aftab, Iyer e Ismaily arrivano dallo spazio profondo

La ricetta per trascorrere un’ora di meditazione, soli con se stessi, fatto quanto mai raro nella nostra ingabbiata e programmata esistenza, è racchiusa in un disco, Love in Exile, uscito il 24 marzo scorso via Verve Records, che porta le firme di tre musicisti di grandissimo spessore: Arooj Aftab, Vijay Iyer e Shahzad Ismaily. Tutti e tre vivono a New York, Vijav è nato negli States da genitori indiani, come pure Shahzad, figlio di una famiglia pakistana, mentre Arooj (una conoscenza di Musicabile) è nata a Ryad, in Arabia Saudita, anche lei da genitori pakistani.

Vijav è un grande pianista jazz che ama sperimentare, Shahzad è un polistrumentista che studia le musiche di vari Paesi, dall’Asia all’Europa al Centro America, i suoi legami con la musica islandese sono risaputi e prolifici, mentre Arooj è una compositrice e cantante con un timbro di voce che ti incanta, come il flauto per il serpente. In un’unica sessione hanno registrato nella Big Apple questo lavoro di un’ora e 14 minuti dove anche la voce diventa strumento tra le stratificate e sofisticate basi elettroniche di Shahzad e le note del pianoforte, simili a onde del mare, che lambiscono leggere, s’ingrossano e si incanalano negli anfratti più complessi dei sette brani, volutamente lunghi per creare quel pathos che rende tutto il disco così magico.

I temi affrontati nel disco sono quelli della Aftab, l’amore, la perdita (in Vulture Prince era quella del fratello a cui era legatissima), il desiderio che diventa nostalgia. Con pochi bayt, distici, cantati in urdu riesce a creare un’atmosfera lieve capace di cullare l’ascoltatore, come in Sharabi, dove la sua voce arriva su una prateria di synth, rumore di fondo ambientale che la avvolge. Dopo 8 minuti e 30 secondi di viaggio in questa galassia eterea, entra il pianoforte di Iyer a ricamare la voce di Arooj, rendendo più “terreno”, “fisico” il suono. Stesso discorso per il pezzo d’apertura, To Remain/To Return, dove la Aftab ripete a mantra Jaa re, Jaa re, Jaa re (vai ora), o per Haseen Thi con la linea di basso “mormorata” da Ismaily che accompagna la Aftab in una delle sue ballad voluttuose… O, ancora, in Eye of the Endless, dove a condurre la melodia è un pianoforte romantico “cantato” che segue la voce della Aftab e segue il ritmo del basso di Ismaily che percuote la stessa nota…

Non è un disco facile, ma d’altronde, è nella complessità che si scopre la vera bellezza.

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