America, l’intervista: musica, live, pandemia e ottimismo

Gerry Beckley e Dewey Bunnell – Foto di Henry Diltz

Quando si dice America – intesa come band – più o meno a tutti gli appassionati di quel sound West Coast che ha fatto fortuna negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, viene in mente una canzone, A Horse With No Name: On the first part of the journey, I was looking at all the life, There were plants and birds and rocks and things… Ricordate? Le voci che riecheggiavano quella di Neil Young, le chitarre acustiche leggere e sognanti, il raccontare quell’America “freedom style” con quella punta di sana nostalgia per chi ascoltava… Gerry Beckley, Dewey Bunnel e Dan Peek, i tre adolescenti che si sono incontrati nel college a Londra perché i loro padri lavoravano per l’USAF, l’areonautica militare americana, diventati amici inseparabili, hanno marcato il territorio della musica internazionale con brani diventati dei “classici”: Ventura Highway, Sister Golden Hair, You Can do Magic, All My Life, I Need You, tanto per citarne alcuni.

Dan nel 1977, ha deciso di cambiar strada, pur rimanendo amico di Gerry e Dewey, poi un infarto se l’è portato via a 60 anni, nel 2011. Gerry e Dewey hanno continuato il loro lavoro artistico, entrando nel club delle band Over Fifties in attività, con un enorme lavoro live. Tour continui, concerti su concerti, soprattutto in Europa e in Italia dove hanno un buon numero di appassionati fan. Il Covid19 ha bloccato anche gli America. Di spettacoli dal vivo se ne parlerà nell’estate 2021. Gerry e Dewey sono stati tra i primi a mandare il loro contributo video a supporto dell’associazione Dietro le Quinte, di cui ho ampiamente parlato in vari post precedenti. Così li ho chiamati, per sapere come stanno gestendo lo stop forzato…

Gli America in concerto – Foto di Christie Goodwin

Ciao Dewey, ciao Gerry, come state vivendo questo strano periodo? Dove vi trovate?
Gerry: «Ciao Beppe, bello sentirti! In questo momento mi trovo a Sidney con mia moglie Sally e i suoi bimbi. I miei due ragazzi sono rimasti a Los Angeles. Lei era partita prima per l’Australia, a metà aprile, dopo cinque settimane di lockdown a Los Angeles».
Dewey: «Stiamo cercando, come la maggior parte delle persone nel mondo, di limitare la nostra potenziale esposizione al virus. La band e tutta la crew si trovano nelle loro rispettive case, vivendo questa situazione giorno per giorno.

Componete, vi scambiate idee per nuovi progetti?
Dewey: «In occasione del cinquantesimo anniversario della band abbiamo realizzato vari progetti  (come l’uscita di 50th Anniversary: The Collection, album celebrativo uscito nel luglio 2019, n.d.r.) e molti altri sono in fase di sviluppo. Abbiamo trascorso molti mesi con il nostro archivista, Jeff Larson, a rivedere scatole di nastri, cassette, dischi rigidi, video, film Super 8… Il cofanetto più grande si chiama Half Century e include molte canzoni e immagini inedite. Di recente abbiamo pubblicato la nostra biografia autorizzata America-The Band scritta da Jude Warne (con prefazione di Billy Bob Thornton, n.d.r.).
Gerry: “Mi sono finalmente allestito il tanto agognato studio di registrazione a casa, a Sidney. Un normale banco e un Mac da 16 pollici, collegati e funzionanti… E il risultato è che sto realizzando, dopo anni, delle registrazioni davvero nuove… tutto ciò è molto divertente!».

Credo che il lockdown, sia stato anche un’opportunità: ripensare la propria vita, riconsiderare le priorità, un momento di meditazione…
Dewey: «Sono d’accordo. Nella mia vita non mi è mai capitato tutto quello che sto vivendo ora, che è, in egual misura, liberatorio e frustrante. Siamo stati costretti a rallentare e a lasciare passare i giorni con una nuova velocità».
Gerry: «Hai ragione Beppe… ci è stata data la possibilità di trovare quello che davvero conta nelle nostre vite. Tutti in questo settore hanno perso il lavoro “dal vivo”, ma so anche che non possiamo farci niente per ora. Dispiace dirlo, ma è così…».

America – Foto di Christie Goodwin

Già, non si fanno più concerti, la “cultura attiva” come l’abbiamo conosciuta stenta a ripartire. Si tornerà alla vecchia maniera o ci sarà un’evoluzione nel modi di divulgare la cultura e soprattutto la musica?
Gerry: «Penso che la maggior parte di noi voglia tornare il più presto possibile a quello che era la  normalità; ma che cosa significhi ciò e quando ci si arriverà sono grosse domande che non hanno risposte certe. Noi dovremmo fare un lungo tour in Europa nell’estate del 2021… lo speriamo e preghiamo per questo!».
Dewey: «È difficile prevedere come la nostra cultura verrà cambiata dalla pandemia. Penso che le persone mature, come noi, dovranno impegnarsi a cambiare molto più delle generazioni più giovani, per il solo fatto che noi abbiamo più esperienza di vita da confrontare. Comunque, sono convinto che ci adatteremo e apporteremo tutte le modifiche necessarie per stare fisicamente bene. Resteranno per molto tempo le preoccupazioni sugli assembramenti, il ritrovarsi in molti in uno stesso luogo. Avremo, certo, sempre accesso alla musica e all’arte, in una forma o nell’altra perché viviamo in un’era di comunicazione di massa».

Che tipo di musica state ascoltando ultimamente?
Dewey: «A esser sinceri, non ne sto ascoltando molta in questo periodo. Passo la maggior parte delle mie giornate all’aperto, in mezzo alla natura. Quando cerco musica di solito è per guardare una performance dal vivo su YouTube di un vecchio artista o una band che mi piace… chiamala pure reminiscenza!».
Gerry: «Ne sto ascoltando un sacco, la mia musica preferita. Come Wilco, uno che va a mille, non si scollega mai! E poi… ripasso le colonne sonore di Ennio Morricone, scomparso recentemente. Lui ha molto influenzato le mie composizioni. Le sue musiche per Bugsy, The Mission, Nuovo Cinema Paradiso restano le mie favorite».

Ho visto le vostre dichiarazioni spontanee in favore delle maestranze dello spettacolo attualmente senza lavoro (per ascoltarle cliccate sulle foto qui sotto). Un tour è un grande spettacolo, state insieme per giorni, diventate tutti una grande famiglia…
Dewey/Gerry: «È vero, ci manca l’aspetto “fisico” del tour, lo stare insieme con i nostri amici, il viaggiare in posti nuovi e in quelli già conosciuti, suonare la nostra musica…».

L’anno scorso avete raggiunto un anniversario importante, mezzo secolo di America. Una vita di lavoro, musica e amicizia…
Dewey: «Sono invecchiato nel business della musica. Abbiamo iniziato l’avventura America da adolescenti e per me è stato straordinario aver raggiunto i 50 anni di registrazioni e tournée in tutto il mondo. Significa molto: abbiamo stretto molte amicizie, collaborato con altrettanti musicisti e tecnici in questi decenni. Non vedo l’ora di riprendere da dove avevamo interrotto il 12 marzo 2020!».
Gerry: «Cinquant’anni sono qualche cosa che vale chiaramente la pena celebrare. Dewey e io siamo stati molto fortunati in questo nostro lungo “viaggio” e, ovviamente, entusiasti al pensiero che l’Italia abbia giocato un ruolo così importante della nostro storia».

Qual è il vostro album favorito degli America?
Gerry: «Ne ho due: Homecoming, il nostro secondo lavoro, credo sia molto forte e coerente, perché riassume le nostre migliori caratteristiche. Adoro anche Here&Now disco prodotto per noi dal compianto Adam Schlesinger (dei Fountains of Wyne, mancato lo scorso primo aprile a 52 anni per colpa del Covid19, n.d.r.) e il grande, grande James Iha (chitarrista dei The Smashing Pumpkins, n.d.r.): penso che abbia rappresentato uno dei nostri migliori lavori degli ultimi anni».
Dewey: «Continuo a pensare e ne sono sempre più convinto che sia stato il nostro primo album, America. Un altro disco che davvero mi piace molto è Human Nature (14esimo in studio della band, uscito nel 1998, n.d.r.)».

America – Foto di Christie Goodwin

Avete voglia di parlarmi un po’ di Dan Peek, della sua scelta di lasciare la band all’apice del successo in cerca di altri valori?
Dewey: «Dan è stato uno dei membri fondatori della band. Eravamo tre grandi amici che hanno condiviso le esperienze della vita insieme fin dall’adolescenza. Ed era un musicista di talento, intelligente che sapeva anche essere divertente. Credo che il grande successo della band abbia schiacciato Dan. Ci siamo tutti dovuti adeguare alle fatiche dei tour, alla necessità di scrivere nuove canzoni, fare nuovi album. E, allo stesso tempo, stavamo anche sviluppando le nostre vite personali, sposandoci oppure creando relazioni “off the road”. Nel 1977 Dan ha deciso che non voleva più tenere quel ritmo. Così ha iniziato un nuovo viaggio che includeva il seguire le sue credenze religiose…».
Gerry: «Onoriamo l’immenso contributo che Dan Peek ha dato ogni singola notte (quando suonavamo insieme nei concerti). Io e Dew abbiamo bei ricordi di Dan, lui era un uomo davvero divertente».

In Italia avete tanti fan. Cosa vi piace del nostro Paese? Avete spesso dichiarato che vi piace venire a suonare qui…
Dewey: «Fin dalla prima volta che abbiamo girato l’Italia in tour abbiamo concordato che è un Paese bellissimo. Le magnifiche città e i borghi storici adagiati su terreni e coste meravigliose lo rendono geograficamente attraente. Poi le persone, le tradizioni, la cucina danno una buona energia a tutti noi. Ci divertiamo sempre durante i nostri viaggi in Italia e non vediamo l’ora di tornare di nuovo nel 2021…».
Gerry: «L’Italia è e rimarrà sempre una delle nostre tappe favorite durante i nostri viaggi e tour. Anche se adoriamo il cibo e la storia, la gemma più preziosa sono le persone, gli italiani: hanno così tanto amore per la vita!».

La situazione negli Stati Uniti, con l’esplosione della pandemia, le rivolte, un razzismo dilagante, non è delle migliori. Cosa sta succedendo?
Gerry: «Siamo tutti rattristati per la dura situazione in tutto il mondo, in modo particolare per i nostri amici e familiari negli States. Anche se io e mia moglie la stiamo vivendo dalla nostra casa di Sidney ogni giorni ci informiamo sull’andamento e i numeri della pandemia. È una tragedia in evoluzione. Ci troviamo tutti nel mezzo della storia oggi, che lo vogliamo o meno…».
Dewey: «Gli Stati Uniti stanno certamente attraversando un grande momento di transizione. La pandemia e lo stop della vita economica e sociale hanno focalizzato l’attenzione delle persone su problemi già esistenti nella nostra società, che ora richiedono dei cambiamenti. Penso che il nostro Paese sia ancora molto giovane rispetto a un luogo come l’Italia. Abbiamo molte questioni sociali ancora aperte, come il razzismo e il diritto all’uguaglianza. Fino a quando non saranno risolte, le tensioni non cesseranno».

Musica da viaggio/ Alternative Country Rock, cinque album da ascoltare

Oggi, splendida giornata di sole, voliamo dall’altra parte dell’oceano, negli States, per parlare di un genere, l’Alternative Country Rock, che s’è sviluppato dalla fine degli anni Ottanta e negli anni Novanta del secolo scorso. Sicuramente avrete ascoltato alcuni dei gruppi più significativi del genere ancora attivi, per citarne alcuni, Calexico, Lambchop, Giant Sand… In sostanza, melodie folk, quelle alla Nashville per intenderci, contaminate da suoni più rock con escursioni nel mariachi, bluegrass, punk, blues… Come per tutte le cose c’è un inizio e, per l’alternative country, questo ha un nome stravagante, The Flying Burrito Brothers, band nata nel 1968 da due esuli dei Byrds (storico gruppo folk rock psichedelico dove suonò anche David Crosby), Gram Parsons e Chris Hillman. Il primo morì a 26 anni di overdose nel 1973, il secondo, è un famoso bassista di 75 anni ancora in attività. Piccola annotazione: è grazie a Gram Parsons che Keith Richards dei Rolling Stones, per un periodo inseparabili, s’è innamorato della musica country, contribuendo a dare ancora più sale al suono dei ribelli British… Il loro primo album, The Gilded Palace of Sin, fu accolto entusiasticamente dalla critica ma non vendette molto. È considerato la pietra miliare del genere che di lì a qualche anno sarebbe esploso. I Flying Burrito Brothers restano in attività fino agli anni Novanta, Parsons suonò e cantò nei primi due album, poi venne “licenziato” dalla band perché perso nei meandri della droga.

E rieccoci all’Alternative Country: ho scelto cinque gruppi e altrettanti dischi da proporvi, quelli che metto in cuffia nelle mie escursioni motociclistiche…

Calexico La band di Tucson (Arizona) nata nel 1996 è quella che più rappresenta il genere, grazie anche alla voce di Joey Burns e alla batteria di John Convertino, entrambi ex-membri dei Giant Sand. Il disco da ascoltare è Selections From Road Atlas 1998-2011, (qui Crystal Frontier), primo disco live rilasciato dal gruppo, nel 2011. Annotatevi anche Years to Burn, l’ultimo lavoro pubblicato lo scorso anno insieme a Sam Beam, in arte Iron&Wine, artista che già aveva collaborato con la band nel disco In The Rains del 2005.

Lambchop Il frontman, anima e cuore di questa band davvero unica nei suoi percorsi musicali, porta lo stesso nome di un eroe della Marvel il mutante Kurt Wagner. Il nostro Kurt, classe 1959, ha fondato i Lambchop nel 1986 a Nashville. L’album che vi propongo d’ascoltare è Nixon del 2000 che contiene la bellissima Up with People. Da assaporare anche l’ultimo lavoro, molto più elettronico e altrettanto sofisticato, This (is what I wanted to tell you).

Wilco Altra band storica che arriva da Chicago, fondata dal cantante e compositore Jeff Tweedy nel 1994. Oltre all’album simbolo del successo di critica e vendite, Yankee Hotel Foxtrot (2001), nella creativa produzione degli Wilco ce n’è un altro molto interessante: Mermaid Avenue  & Summerteeth del 1998 realizzato con Billy Bragg – qui California Stars – (contiene brani scritti da Woody Guthrie e musicati dal cantautore inglese e dalla band americana). Uscì anche un volume II e, nel 2012, la raccolta definitiva del progetto: Mermaid Avenue: The Complete Sessions. Gli Wilco hanno pubblicato un nuovo album lo scorso anno dal titolo Ode to Joy.

Giant Sand La band di Tucson fondata nel 1985 da Howe Gelb ha visto avvicendarsi nella sua lunga storia vari componenti, tra questi anche Burns e Convertino dei Calexico. Da mettere in cuffia Storm del 1988 (ascoltate qui Town Where No Town Belongs). Lo scorso anno i Giant Sand hanno pubblicato Recounting The Ballad of Thin Line Man, rivisitazione dello splendido album Ballad of Thin Line Man del 1986, altro lavoro dirimente della band.

 

Jason & The Scorchers Il Jason in questione è Ringenberg, frontman e autore dei brani della band nata nel 1981 e “chiusa” nel 2010. Suoni decisamente più aggressivi, contagiosi. Non a caso viene collocata anche nel filone del cowpunk… L’album scelto è Fervor – Lost and Found del 1985 (qui il brano I Can’t Help Myself): adrenalina garantita, endorfine positive rilasciate, ottimo compagno di viaggio! Jason Ringerberg continua la sua attività solista: l’ultimo lavoro, Stand Tall, è stato pubblicato dall’eclettico musicista esattamente un anno fa.