Lockdown, l’opposto di musica…

Lockdown. È da un po’ di mesi che abbiamo imparato a conoscere e usare questa parola (per inciso, finita nelle nuove edizioni dei dizionari di lingua italiana). Può un semplice vocabolo diventare sottilmente infido, entrare nel tuo cervello, lavorare, divorare neuroni, far cambiare umore, decidere i tuoi pensieri? Certo che sì! Lockdown viene pronunciato ogni giorno, probabilmente più di amore, e pensato sicuramente più del sesso, il che è tutto dire.

E arrivo al punto: come si combina lockdown con la musica? Stando al significato – isolamento, blocco, confinamento – è l’esatto contrario della seconda, che è apertura, curiosità, fascino, creatività, molteplicità (di visioni, interessi) complicità, comunità, condivisione. Alla fine dell’intervista con Gegè Telesforo, pubblicata sul blog qualche settimana fa, ci siamo dati appuntamento al 29 ottobre al Blue Note di Milano per il suo concerto. «Speriamo di vederci», mi salutava, «auguriamoci non capiti un nuovo lockdown, lo temo, vedrai…».

L’incubo di una chiusura per aver tutti, nessuno escluso, sottostimato il problema è una mazzata clamorosa per la musica (e non solo, ovviamente, ma di musica voglio scrivere). Pensare di nuovo agli artisti chiusi in casa a suonare in maniera artigianale, con quelle facce tristi, l’ansia visibile di non avere un pubblico davanti, l’isolamento di note che si perdono nelle pieghe dei social, ha un che di apocalittico.

Penso ai miei amici, abili tecnici del suono, maestri delle luci, project manager, operatori videoserver, rigger, scaff e via enunciando, che s’erano illusi di aver visto un lumicino dopo l’improvviso, lungo black-out di primavera: ora quella flebile fiammella rischia d’essere soffocata da un nuovo isolamento causa Covid. Dove andremo? Cosa faremo? Come finirà? Ce lo stiamo domandando tutti in questo momento e, purtroppo, una risposta certa non c’è. Nel tutto e il suo contrario regna sovrana la confusione e la paura, uniche certezze.

Dalla bella e intensa No time for Love Like Now di Michael Stipe & Big Red Machine (pseudonimo di Aaron Dessner dei The National) rilasciata a fine marzo e riproposta nella versione “studio” a giugno, ci eravamo illusi che potesse essere cambiato qualche cosa. Invece, quella canzone la intoneremo ancora. E chissà per quanto tempo…

Festa della Musica, con un po’ d’amaro in bocca

Oggi, primo giorno d’estate, dovremmo essere tutti felici, giù per le strade a celebrare la Festa della Musica. Da quando è nata in Francia, nel 1982, legata al solstizio d’estate, sotto l’egida di Jack Lang, allora Ministro della Cultura, nel corso degli anni s’è diffusa in tutto il mondo. Nell’intento degli organizzatori c’è l’idea di sempre: portare la musica, qualunque essa sia, gratuitamente per le strade, per regalare e condividere le gioie del pentagramma.

Dove c’è musica, c’è vita, ci sono emozioni. E fino a qui ci siamo. E non sarò certo io a rovinare nel mio piccolo questo bell’appuntamento. Anche perché quest’anno la Fête de la Musique ha un’altra valenza, è una sorta di 25 aprile, una liberazione da un inverno/primavera d’oppressione, duro da dimenticare. Le abbiamo vissute tutte, i flash mob, gli applausi (meritati) ai medici e infermieri, le session di musica e canto dai balconi, piccoli palchi monouso, gli streaming di artisti più o meno famosi. Ora che proprio liberi non siamo, visto che l’invisibile tiranno ancora incombe anche se con molta meno furia, avere a disposizione una giornata dove divertirsi è un imperativo assoluto.

Paolo Fresu stasera dalle 20 sarà in diretta streaming dal sito della Festa della Musica e su quello della Rappresentanza Italiana della Commissione europea dal parco Valle dei Templi di Agrigento per una notte di festa e di ricordo, in onore di Ezio Bosso, dal titolo Altissima Luce – Laudario da Cortona, concerto jazz con incursioni classiche insieme con il bandeonista Daniele Bonaventura. Con loro, il contrabbassista Marco Bardoscia, il batterista Michele Rabbia e l’Orchestra da Camera di Perugia. Il mitico trombettista dice parole sante: «In un periodo in cui eravamo tutti confinati nelle nostre case per via di un nemico invisibile, la musica ci ha permesso di affacciarci alla finestra e di sentirci per un po’ liberati. Oggi più che mai la musica è di tutti. La musica dovrebbe essere nelle nostre case, nei nostri cuori, nelle nostre vite. Tutti i giorni. Tutti dovrebbero essere in grado di leggere una partitura perché la musica è condivisione, è capacità di tendere la mano verso il prossimo».

Sarà l’ultimo disco in cuffia – Rough and Rowdy Ways, di Bob Dylan uscito un paio di giorni fa – con le sue ballate blues intrise di ricordi ed emozioni, sarà che non ho ancora digerito questo 2020 bisestile (pizzico necessario di superstizione), ma io vorrei che questa giornata di gioia, canto e note si trasformasse anche in un impegno: festeggiamola pure la musica ma senza dimenticarci di chi la musica la fa e con la musica ci vive.

Mi sono preso a cuore una piccola, grande battaglia. Grazie a questa, ho conosciuto persone splendide, tutte maestranze dello spettacolo. Figure necessarie per diffondere la musica, dalla festa di paese al mega concerto nello stadio San Siro, per intenderci. Per mesi non hanno visto un euro, tutti “tengono” famiglia. Invece di aspettare passivamente gli eventi stanno lavorando per loro stessi, cercando di far conoscere l’altra faccia dello spettacolo, quella invisibile ai più, ma preziosa tanto quanto il frontman idolatrato che suona davanti a migliaia di spettatori.

Lo spettacolo deve continuare, e continuerà. Il problema sarà: come? Come si entrerà in un teatro o in un’arena al di là delle disposizioni dei decreti governativi, come verranno fatti i contratti per turnisti, star, fonici di palco, fonici di sala, addetti alle luci, mediaserver, scaff, rigger… e l’elenco è ancora lungo. Rolling Stone, edizione americana, un paio di giorni fa ha sganciato una piccola bomba: in poche parole, Live Nation, la più grossa azienda organizzatrice di eventi dal vivo in Usa, complice la pandemia e la crisi economica conseguente, vorrebbe trasferire il rischio d’impresa sugli artisti. Qualche esempio? Se un concerto viene cancellato per la scarsa vendita di biglietti, l’azienda rifonderà gli artisti, a titolo di garanzia, il ​​25% del cachet concordato (invece del 100 per cento che i promotori sono tenuti a pagare). E ancora: se un artista annulla un’esibizione in violazione dell’accordo, questi dovrà rifondere il promotore con una somma pari al doppio del suo compenso, penalità, come ha fatto notare la rivista musicale Billboard, senza precedenti nel settore della musica dal vivo. Così potremo dire addio a una bella fetta di concerti e, tornando alle maestranze dello spettacolo, assisteremo a una falciata trasversale…

Sarà il caso che tutti, dalle rockstar che protestano con l’hashtag #iolavoroconlamusica, ai tecnici che chiedono solidarietà e lavoro, agli organizzatori che cercano in tutti i modi – e come negarlo! – di fare profitto, si uniscano per pensare a un imminente futuro di rilancio della musica in tutti i suoi aspetti. Se quel giorno arriverà avremo una speranza. E anche una ricorrenza da celebrare: un evviva alla festa della musica…

Musica e… crisi/ Il mondo nascosto di “Dietro le Quinte”

Back On Stage, Claudio Zanoni

L’appuntamento è per le nove al teatro comunale di Gonzaga, cittadina di novemila abitanti abitanti del basso mantovano. Il Po è vicino, la giornata splendida, un sabato da classica gita fuori porta. L’aria che tira appena sceso dalla moto è quella di un grande giorno. Le porte del teatro sono aperte – gran bella sensazione! – un evento straordinario, visto che i “luoghi dello spettacolo” resteranno chiusi per decreto della presidenza del consiglio fino al 15 giugno.

Sono stato coinvolto da alcuni amici, tutti maestranze dello spettacolo, per contribuire a costruire uno spot (che vedrete prestissimo sulle pagine di questo blog) a sostegno di centinaia di addetti allo spettacolo che sono fermi, senza lavoro da mesi. Il lockdown da coronavirus se ha tenuta viva la presenza degli artisti in streaming, più o meno casalinghi, ha invece cancellato i già invisibili professionisti del dietro le quinte di ogni spettacolo, evento, manifestazione degno di questo nome.

Sono stati sufficienti pochi giorni, una fittissima chat di idee, creatività spinta al massimo, il titolo, Back On Stage, e la disponibilità di una giovane amministrazione comunale pronta ad aprire, prima in Italia, le porte di un teatro a fonici, videomaker, video engineering, addetti alle luci, con il solo scopo di far sentire le voci di professionisti altrimenti silenziosi. Una ventina di persone che hanno dato vita a uno spettacolo dove i protagonisti per una volta sono stati loro, gli invisibili, “un mondo che non è mai apparso e che non vuole apparire”.

Back On Stage – La regia

Tutto costruito in maniera meticolosa, una troupe da Roma con a capo il regista Giampaolo Damato, i tre professionisti, menti dell’operazione, Paolo “Red” Talami, audio engineering, 61 anni, bolognese, Vittorio Magro, 53 anni, fonico e tecnico audio, da Mantova, Massimo Vigliotti, 45 anni, video engineering da Torino, insieme a Gianfranco Stefanelli, 60 anni, bolognese, un passato dietro ai palchi, giornalista, art director, creativo alla milanese Tucano.

Tutti concordi nel mostrare il grande e certosino lavoro che c’è nella preparazione di un concerto o un evento, le prove audio, video, la sistemazione del suono e delle luci, ma anche far capire alla gente l’intesa che si viene a creare tra i tecnici e gli artisti, momenti di stima e di complicità che fa nascere anche delle solide amicizie. Li osservo dalla platea e da dietro le quinte e quello che viene subito fuori è la gioia di ritornare in attività, la concentrazione, i passaggi ripetuti migliaia di volte in anni di lavoro, la meticolosità di ogni operazione, anche la più semplice.

Arriva Claudio Zanoni, trombettista e chitarrista dei Ridillo, band funk-soul formatasi nei primi anni Novanta tra la provincia di Mantova e quella di Reggio Emilia, gestore del caffè del teatro di Gonzaga e producer, subito preso e messo sul palco per un paio di riprese. Quindi è la volta della truccatrice e della costumista, altre figure importanti del grande circo del “dietro le quinte”, grazie a due formidabili volontarie, Caterina, moglie di Massimo, e Paola, tuttofare sempre presente nel gestire i dettagli. «Veloci che suona l’ora del pranzo, sennò sforiamo nei tempi». Red è implacabile, il tempo di mangiare un risotto accompagnato da un bicchiere di Lambrusco e i dolci (ottimi!) portati dalla moglie di Massimo, con il Limoncello fatto da Red (bel tenore alcolico…). Quindi, di nuovo sul palco: si monta il mixer e la batteria, bisogna microfonarla, ci pensa Gianfranco: «L’ho fatto per anni», racconta, mentre accorda i tamburi e sistema l’hi-hat, il charleston.

Back On Stage – Momento di pausa. Al centro uno degli organizzatori, Vitty Magro

Intanto iniziano ad arrivare i video di solidarietà da musicisti e rockstar. Dewey Bunnell, Gerry Beckley, degli AmericaTullio De Piscopo e il mitico Beppe Carletti dei Nomadi, sono stati i primi a rendersi disponibili per un messaggio di appoggio e di forza al mondo “di dietro le quinte”, come si sono autodefiniti questi “ragazzi invisibili”. Arrivano anche i cronisti, Leonello Viale di Radio Bruno e Mauro Pinotti de La Gazzetta di Mantova (un articolo è uscito proprio oggi sul quotidiano locale). Si parla degli effetti della pandemia, della crisi, di come uscirne, della prossima riapertura di cinema, sale e teatri. Ognuno ha la sua ricetta ma si sa, si parla dell’incognito. Sul tavolo non mancano le idee…

La voce che il teatro ha preso vita s’è diffusa in città. La gente passa e fa capolino, curiosa. L’emozione di trovare quelle porte aperte ricorda, anche nel piccolo centro di Gonzaga, che tornare alla normalità forse si può. E si deve. Arrivano Alberto Benati e Alessandra Bertelli. Alberto è l’ex tastierista dei Ridillo, musicista e gran sognatore. Conosce profondamente il territorio in cui vive e tutto questo mix di arte, musica, territorio, cultura lo ha riversato in un’associazione assieme ad Alessandra, attivissima, il Collettivo Indaco. Da alcuni anni organizzano un festival, il 432HZ. Una frequenza non presa a caso: «È quella perfetta, sin dall’antichità, sulla quale si sono fatti e si continuano a fare studi. Una frequenza che porta effetti benefici all’uomo e alla natura», mi spiega Alberto. E proprio su questi 432HZ a Luzzara, lungo il Po, un posto magnifico, è nata l’idea di costruire un ponte sonoro sul grande fiume: «Due gruppi di musicisti posti ciascuno su una sponda del fiume, suonano insieme, ovviamente su quella stessa frequenza, in modo da creare un magico gioco di riverberi aiutati anche da uno spettacolo di luci…».

Back On Stage – Elisabetta Galeotti, sindaca di Gonzaga

Nel tardo pomeriggio arriva anche la sindaca di Gonzaga, Elisabetta Galeotti, assieme al giovanissimo assessore alla cultura, Eugenio Benatti, 26 anni. «È bello vedere il teatro in funzione», dice la prima cittadina, orgogliosa. Per l’estate monteranno un’arena aperta disponibile a tutti coloro che vorranno esibirsi, dai gruppi teatrali a quelli musicali. Il sogno nel cassetto dell’assessore alla cultura. E anche quello dei “lavoratori invisibili”.

Le riprese sono terminate, la troupe di regia dopo aver caricato il furgone riparte alla volta di Roma. Sono quasi le otto di sera. Il cielo si colora dei blu elettrici e arancioni del tramonto. Si ritornerà ad ascoltare e a fare musica live? Con gradualità, le restrizioni sono ancora molte – non più di 200 persone nei teatri e non più di mille all’aperto. Saremo costretti a vedere concerti in streaming? Forse, ma almeno fatti bene, in attesa di tempi migliori. Che si spera arrivino anche per Red&Soci. La musica bisogna farla insieme mi dicono, ed è davvero così.