Musica e… crisi 2/ Ritorno al lavoro, futuro, speranze, progetti

Giusto una settimana fa vi ho raccontato la giornata passata nel teatro di Gonzaga con un gruppo di tecnici, fonici, security, esperti di video e luci per girare uno spot a favore dei lavoratori del Dietro le Quinte, totalmente penalizzati dal lockdown a seguito della pandemia. Ore intense di lavoro, tutti, per una volta, concentrati sul realizzare qualcosa per se stessi, un atto di sensibilizzazione verso il pubblico a cui questo mondo deve praticamente tutto.

Oggi potete vedere il risultato di quel lavoro, racchiuso nello spot diretto e montato da Giampaolo Damato (cliccate sulla foto qui in basso). Nell’idea del bolognese Paolo “Red” Talami, 61 anni, del mantovano Vittorio “Vitty” Magro, 53, e del torinese Massimo “Max” Vigliotti, 45, i tre organizzatori dell’iniziativa, i primi due, fonici di sala, di palco e tecnici del suono, il terzo project manager e operatore mediaserver, dovrebbe essere proiettato prima di ogni spettacolo dal vivo, sia questo un concerto, un evento o una rappresentazione teatrale.

Ormai ci siamo: oggi, 15 giugno, riaprono cinema, teatri, manifestazioni all’aperto. Con molte restrizioni, ma a questo punto saranno i promoter e gli artisti a doversi adattare: più serate nello stesso posto per compensare la richiesta del pubblico e coprire le spese, accettare di rivedere i cachet di tutti, come saggiamente sostiene Beppe Carletti, leader dei Nomadi, band che vive di pubblico, serate, in contatto continuo con i fan. Artisti, di lungo pedigree e giovani “leve”, hanno voluto contribuire all’iniziativa degli “invisibili” inviando video di sostegno (cliccate sulla foto in basso, la prima per Carletti, la seconda per Ghigo Renzulli dei Litfiba). Se ne stanno aggiungendo ogni giorno. Sono tutti musicisti che hanno lavorato con loro, si conoscono, stimano, affezionano. Insomma, un atto dovuto, come in ogni grande famiglia degna di questo nome, spontaneo e confortante per chi ama la musica in tutti i suoi aspetti.

 

Ho fatto quattro chiacchiere con Red, Vitty e Max, anche loro felici di tanta solidarietà, dagli amici artisti ma soprattutto dai tanti interventi sui social di persone normali che li incitano a non mollare, ad andare avanti.

Come per molte cose, la pandemia e la quarantena stanno cambiando profondamente questo mondo, il fatto di essersi tutti bloccati ha interrotto bruscamente – per fortuna! – certe abitudini che si trascinavano pigramente, ha fatto riflettere e, sì, magari un mondo migliore è possibile anche da queste parti…Vitty: «Non credo si tornerà mai più come prima. A quello che eravamo si aggiunge la frustrazione di un futuro poco chiaro… Ora stiamo pensando solo a ripartire, questo è il nostro obiettivo…».
Red: «Una cosa è sicura, cambierà il pubblico in base a quando finirà quest’emergenza – oggi, meglio dire, mezza emergenza. Se continua così, dovremmo adattarci, abituarci a convivere fino a quando non ci sarà il vaccino… e forse tutto tornerà come prima».
Max: «Il mio futuro e quello della nostra professione? Al momento mi sono (ci siamo) dedicati a questo progetto lavorativo. Credo che la ripresa porterà con sé una maggiore consapevolezza di quello che è il mondo dello spettacolo».

Massimo “Max” Vigliotti

Voi siete dei veterani del dietro le quinte, come avete iniziato questo mestiere?Nell’immaginario collettivo è un lavoro meraviglioso, sempre in viaggio, conosci rockstar, una vita avventurosa…
Red:
«Ho iniziato nel 1975. Allora suonavo in una band con Gianfranco Stefanelli (quarto creativo del gruppo, l’art che ha ideato il logo dell’iniziativa, n.d.r.). Avevamo acquistato tutta la strumentazione per suonare dal vivo. Ricordo che andavamo ad appendere i manifesti delle nostre esibizioni di notte perché non avevamo i soldi per pagare le tasse comunali. Dopo un anno di questa vita, facevamo un rock country in controtendenza, ci siamo resi conto di essere fuori strada. Con tutto il materiale di palco che avevamo a disposizione abbiamo deciso di costituire una società e affittarlo alle band, lavoro che è durato per molti anni. Intanto mi ero appassionato al mestiere del fonico… Ho lavorato con Enrico Ruggieri, gli Skiantos, e dall’87 al 2012, con i Litfiba. Poi anche con Jovanotti, Ligabue, Zucchero, Gigi Proietti in teatro. È vero, viaggi, conosci molta gente ma è un mestiere molto faticoso, non hai orari, puoi lavorare anche per 20 ore filate. Ti deve piacere. In tutto questo sono riuscito a farmi una famiglia e a mantenerla!».
Max: «Io nasco come montatore e riparatore di sistemi tecnici. Ho studiato per questo. Crescendo e acquistando abilità, mi sono trovato a lavorare nel mondo del broadcasting, finendo a installare e tarare video proiettori per le proiezioni immersive. Lavoro per eventi, aziende e anche nei concerti, quando c’è da creare i ledwall che servono ad arricchire il concerto. Prima progetto il tutto per dare la mappatura corretta ai videomaker, i quali poi mi danno il video che proietto durante lo show. Ho collaborato come operatore di messa in onda nei concerti di Jovanotti, Ramazzotti, Ligabue (dove ho conosciuto Red), Renato Zero e tanti altri artisti, ma anche grosse aziende come la Fiat. Sono fortunato perché faccio il mestiere per cui ho studiato. Anch’io sono sposato e ho una figlia adolescente».
Vitty: «Ho cominciato suonando la chitarra in un gruppo hard rock nel 1989, nella mia città, Mantova. Poi, grazie a un collega più anziano, Ivo Bottura, che mi ha fatto da maestro, mi sono avvicinato e appassionato al mestiere di fonico. Ho fatto una lunga gavetta assieme a Ivo, decine e decine di concerti estivi… Poi ho iniziato a seguire i Nomadi, prima come backliner del chitarrista poi come fonico di palco. Quindi sono passato a tournée con i Modena City Ramblers, Carmen Consoli, Niccolò Fabi. Sono il fonico di sala di Davide Van De Sfroos dal 2013. Ho fatto il fonico per gli America, questi ultimi li ho seguiti in cinque tour. Con Red ho fatto l’installazione dell’impianto audio dei concerti di Leonard Cohen e Paul MacCartney. Mestiere avventuroso? Ti racconto questa: ad aprile del 1998 mi sono sposato; dopo nemmeno un mese sono partito per un lungo tour e sono ritornato a casa solo a settembre… bel mestiere, sì, ma incredibilmente tosto. Anch’io ho un figlio, di dieci anni».

Vittorio “Vitty” Magro

Ritorniamo alla vostra iniziativa: è difficile raccogliere gli operatori dello spettacolo, fare battaglie e iniziative insieme…
Max: «Il fermo obbligato di questi mesi mi ha portato a pensare molto e a condividere i miei pensieri sul nostro futuro professionale con altri amici. Ho spolverato la mia agenda per contattare i colleghi e sottoporre quella che era un’idea embrionale per farsi sentire. Non potevamo rimanere in silenzio, senza lavoro così d’improvviso. Sentivo la necessità di parlare alla gente, dire loro che gli artisti se vogliono esibirsi hanno bisogno di un fonico, se vogliono fare un concerto servono altre maestranze decisive alla buona riuscita dello show…».
Vitty: «Ti confesso che in questi tre mesi di fermo ho pensato anche di cambiare mestiere. Ma poi ho pensato: che cosa faccio? Mi sono passate davanti interminabili notti di concerti, l’adrenalina prima dell’inizio, poi alla fine, hai quella sensazione indescrivibile di aver fatto un gran lavoro. Un aneddoto: ho lavorato per un bel po’ di date con B.B. King. Tutte le sere, a fine concerto, veniva da me e mi ringraziava. L’ultima sera mi ha stretto la mano ringraziandomi ancora per l’ottimo lavoro e la collaborazione. Il giorno dopo sono andato a fare il fonico per un concerto locale. Sul palco c’era un ragazzino con chitarra e amplificatore costosissimi, accompagnato dal padre. Mi chiama: «Ehi, tipo, non mi sento…». Sono andato da lui e gli ho spiegato un po’ di cosette. Ecco, la complicità e la stima tra artista e tecnico è indispensabile e si ha solo quando entrambi sono veri professionisti. Tornando a noi, è difficile fare un censimento su quanti siamo in Italia. Ultimamente c’è un fiorire di ragazzi che escono da scuole di specializzazione disposti a tutto… la situazione sta scappando di mano. Per risparmiare, certe produzioni contattano giovani ancora inesperti, pagandoli ovviamente poco. Non ci sono regole».
Red: «Proprio per questo – e lo sto dicendo da anni – la nostra categoria deve essere regolamentata da un Ordine professionale. Vanno stabilite le modalità di ingresso, la formazione continua, ma è necessario avere un patentino, un’abilitazione per lavorare. In questo modo si fa selezione con aumento di professionalità. Ho insegnato un anno al Polo Scientifico Universitario di Firenze a 30 ragazzi che sarebbero poi usciti con un diploma che permetteva di accedere anche a un corso universitario. Era un insegnamento impostato sul “live”. Di questi 30 ragazzi solo uno ha fatto il magazziniere per un anno in una produzione. Per tornare al lavoro avventuroso che attira molti ragazzi, questi spesso si ricredono dopo aver visto, e vissuto, la fatica e il duro lavoro che viene richiesto. Anche la normativa non aiuta. Dopo gli incidenti che sono costati due vite a Trieste, nel 2011, nel tour di Jovanotti, e a Reggio Calabria nel 2012, nel concerto della Pausini, l’organizzazione di un concerto viene considerata alla stregua di un cantiere edile, con tutte le distorsioni del caso. Si cerca di evitare incidenti mettendo paletti, si aggiungono normative che “incasinano” il settore, invece di rendere tutto più fluido e sicuro».

Paolo “Red” Talami

Quindi, fatemi capire: regolamentazione del settore e creazione di un albo secondo voi sono la strada giusta per cercare di risolvere i vostri problemi?
Red: «In un periodo di vacche grasse, quando gli affari vanno a gonfie vele per tutti, pochi ci pensano. Sei coinvolto dal lavoro, vedi le cose che non vanno, ti riprometti di migliorarle, ma poi sei sempre in giro per il mondo e tutto passa in secondo piano. Il lockdown, il trovarsi improvvisamente senza occupazione, ha fatto riflettere».
Vitty: «All’estero, in Germania, Francia, Svizzera ci sono regolamentazioni più ferree che da noi. In una mia giornata tipo, le 16/18 ore di lavoro, sono la regola. Lì viene riconosciuto il lavoro serale e quello logorante con limiti all’orario e riconoscimenti anche economici…».

Cosa succederà adesso che si riapre?
Vitty: «La mia paura, visto che per un po’ non ci saranno grossi investimenti, è che si scateni una guerra al ribasso che costringerà a scendere a compromessi. Ma non voglio essere negativo; grazie al mestiere che facciamo abbiamo imparato a “saltar fuori” dai problemi in un modo o nell’altro. D’altronde, il “live” è così».
Max: «Nel bene e nel male non sarà più come prima. Non possiamo più vivere di compromessi. Spero che torni di nuovo la professionalità, che non si parli più di risparmi economici, ma di qualità. Le persone in questo mestiere fanno al differenza».

 

 

Musica e… crisi/ Il mondo nascosto di “Dietro le Quinte”

Back On Stage, Claudio Zanoni

L’appuntamento è per le nove al teatro comunale di Gonzaga, cittadina di novemila abitanti abitanti del basso mantovano. Il Po è vicino, la giornata splendida, un sabato da classica gita fuori porta. L’aria che tira appena sceso dalla moto è quella di un grande giorno. Le porte del teatro sono aperte – gran bella sensazione! – un evento straordinario, visto che i “luoghi dello spettacolo” resteranno chiusi per decreto della presidenza del consiglio fino al 15 giugno.

Sono stato coinvolto da alcuni amici, tutti maestranze dello spettacolo, per contribuire a costruire uno spot (che vedrete prestissimo sulle pagine di questo blog) a sostegno di centinaia di addetti allo spettacolo che sono fermi, senza lavoro da mesi. Il lockdown da coronavirus se ha tenuta viva la presenza degli artisti in streaming, più o meno casalinghi, ha invece cancellato i già invisibili professionisti del dietro le quinte di ogni spettacolo, evento, manifestazione degno di questo nome.

Sono stati sufficienti pochi giorni, una fittissima chat di idee, creatività spinta al massimo, il titolo, Back On Stage, e la disponibilità di una giovane amministrazione comunale pronta ad aprire, prima in Italia, le porte di un teatro a fonici, videomaker, video engineering, addetti alle luci, con il solo scopo di far sentire le voci di professionisti altrimenti silenziosi. Una ventina di persone che hanno dato vita a uno spettacolo dove i protagonisti per una volta sono stati loro, gli invisibili, “un mondo che non è mai apparso e che non vuole apparire”.

Back On Stage – La regia

Tutto costruito in maniera meticolosa, una troupe da Roma con a capo il regista Giampaolo Damato, i tre professionisti, menti dell’operazione, Paolo “Red” Talami, audio engineering, 61 anni, bolognese, Vittorio Magro, 53 anni, fonico e tecnico audio, da Mantova, Massimo Vigliotti, 45 anni, video engineering da Torino, insieme a Gianfranco Stefanelli, 60 anni, bolognese, un passato dietro ai palchi, giornalista, art director, creativo alla milanese Tucano.

Tutti concordi nel mostrare il grande e certosino lavoro che c’è nella preparazione di un concerto o un evento, le prove audio, video, la sistemazione del suono e delle luci, ma anche far capire alla gente l’intesa che si viene a creare tra i tecnici e gli artisti, momenti di stima e di complicità che fa nascere anche delle solide amicizie. Li osservo dalla platea e da dietro le quinte e quello che viene subito fuori è la gioia di ritornare in attività, la concentrazione, i passaggi ripetuti migliaia di volte in anni di lavoro, la meticolosità di ogni operazione, anche la più semplice.

Arriva Claudio Zanoni, trombettista e chitarrista dei Ridillo, band funk-soul formatasi nei primi anni Novanta tra la provincia di Mantova e quella di Reggio Emilia, gestore del caffè del teatro di Gonzaga e producer, subito preso e messo sul palco per un paio di riprese. Quindi è la volta della truccatrice e della costumista, altre figure importanti del grande circo del “dietro le quinte”, grazie a due formidabili volontarie, Caterina, moglie di Massimo, e Paola, tuttofare sempre presente nel gestire i dettagli. «Veloci che suona l’ora del pranzo, sennò sforiamo nei tempi». Red è implacabile, il tempo di mangiare un risotto accompagnato da un bicchiere di Lambrusco e i dolci (ottimi!) portati dalla moglie di Massimo, con il Limoncello fatto da Red (bel tenore alcolico…). Quindi, di nuovo sul palco: si monta il mixer e la batteria, bisogna microfonarla, ci pensa Gianfranco: «L’ho fatto per anni», racconta, mentre accorda i tamburi e sistema l’hi-hat, il charleston.

Back On Stage – Momento di pausa. Al centro uno degli organizzatori, Vitty Magro

Intanto iniziano ad arrivare i video di solidarietà da musicisti e rockstar. Dewey Bunnell, Gerry Beckley, degli AmericaTullio De Piscopo e il mitico Beppe Carletti dei Nomadi, sono stati i primi a rendersi disponibili per un messaggio di appoggio e di forza al mondo “di dietro le quinte”, come si sono autodefiniti questi “ragazzi invisibili”. Arrivano anche i cronisti, Leonello Viale di Radio Bruno e Mauro Pinotti de La Gazzetta di Mantova (un articolo è uscito proprio oggi sul quotidiano locale). Si parla degli effetti della pandemia, della crisi, di come uscirne, della prossima riapertura di cinema, sale e teatri. Ognuno ha la sua ricetta ma si sa, si parla dell’incognito. Sul tavolo non mancano le idee…

La voce che il teatro ha preso vita s’è diffusa in città. La gente passa e fa capolino, curiosa. L’emozione di trovare quelle porte aperte ricorda, anche nel piccolo centro di Gonzaga, che tornare alla normalità forse si può. E si deve. Arrivano Alberto Benati e Alessandra Bertelli. Alberto è l’ex tastierista dei Ridillo, musicista e gran sognatore. Conosce profondamente il territorio in cui vive e tutto questo mix di arte, musica, territorio, cultura lo ha riversato in un’associazione assieme ad Alessandra, attivissima, il Collettivo Indaco. Da alcuni anni organizzano un festival, il 432HZ. Una frequenza non presa a caso: «È quella perfetta, sin dall’antichità, sulla quale si sono fatti e si continuano a fare studi. Una frequenza che porta effetti benefici all’uomo e alla natura», mi spiega Alberto. E proprio su questi 432HZ a Luzzara, lungo il Po, un posto magnifico, è nata l’idea di costruire un ponte sonoro sul grande fiume: «Due gruppi di musicisti posti ciascuno su una sponda del fiume, suonano insieme, ovviamente su quella stessa frequenza, in modo da creare un magico gioco di riverberi aiutati anche da uno spettacolo di luci…».

Back On Stage – Elisabetta Galeotti, sindaca di Gonzaga

Nel tardo pomeriggio arriva anche la sindaca di Gonzaga, Elisabetta Galeotti, assieme al giovanissimo assessore alla cultura, Eugenio Benatti, 26 anni. «È bello vedere il teatro in funzione», dice la prima cittadina, orgogliosa. Per l’estate monteranno un’arena aperta disponibile a tutti coloro che vorranno esibirsi, dai gruppi teatrali a quelli musicali. Il sogno nel cassetto dell’assessore alla cultura. E anche quello dei “lavoratori invisibili”.

Le riprese sono terminate, la troupe di regia dopo aver caricato il furgone riparte alla volta di Roma. Sono quasi le otto di sera. Il cielo si colora dei blu elettrici e arancioni del tramonto. Si ritornerà ad ascoltare e a fare musica live? Con gradualità, le restrizioni sono ancora molte – non più di 200 persone nei teatri e non più di mille all’aperto. Saremo costretti a vedere concerti in streaming? Forse, ma almeno fatti bene, in attesa di tempi migliori. Che si spera arrivino anche per Red&Soci. La musica bisogna farla insieme mi dicono, ed è davvero così.