Il destino della musica, incontro a Carpi

Ieri sera sono andato a Carpi. Nel cortile d’onore di Palazzo dei Pio, l’edificio simbolo della città, ben 11 secoli di storia da raccontare, c’era un appuntamento davvero interessante: Il futuro della musica dal vivo in Italia alla luce del Covid19. Così recitava l’incipit dell’incontro. Avevo prenotato una quindicina di giorni fa per assicurarmi uno dei pochi posti disponibili, causa distanziamento e norme antipandemia…

Del destino della musica live se ne sta parlando troppo poco. Assieme al turismo, quello degli spettacoli dal vivo è il settore più colpito. Sul turismo si sta tentando di fare qualche cosa, sulla musica no. È questa l’amara considerazione che è emersa anche nella tavola rotonda con Beppe Carletti, mitico frontman dei Nomadi, Cisco, ex Modena City Rambler, Paolo Belli, Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, e Alberto Bellelli, sindaco di Carpi. Moderatore Pierluigi Senatore, direttore news di Radio Bruno, storica emittente locale.

Della questione ne ho già parlato in questo blog. Professionisti senza lavoro, artisti allo sbando, speranze a lumicino… Non a caso la serata s’è aperta con la proiezione dello spot girato da un gruppo di tecnici che si è unito nell’associazione Dietro le Quinte e firmato da Giampaolo Damato a favore degli “Invisibili”, le maestranze dello spettacolo che da mesi ormai non guadagnano più, come ho avuto modo di raccontarvi qualche tempo fa qui e qui.

Quella della musica è un’industria a tutti gli effetti: considerando tutto l’indotto, genera 250 miliardi di euro, il 16 per cento del Pil, e occupa qualcosa come 400mila persone, cifre sicuramente al ribasso… Un’industria che ha staccato la spina e che, per farla ripartire, ha bisogno di sostanziosi aiuti – legislativi e pecuniari – oltre che di una grande botta di fortuna (non è detto che le due cose viaggino sempre insieme)…

È un problema nazionale e come tale dovrebbe essere trattato. Lo hanno sostenuto un po’ tutti i relatori. «L’Emilia Romagna è l’unica regione italiana che ha varato una legge sulla musica», spiega Bonaccini. Ogni anno si investe un milione di euro per non far cadere nell’oblio la cultura musicale di una comunità, aiutando le bande musicali, favorendo i live, promuovendo le nuove professioni legate alla musica e le scuole di musica… Di una legge per il settore se ne sta parlando da decenni, da quando ho iniziato questa professione quasi trent’anni fa», ricorda Cisco.

Il governo dovrebbe varare forme di sostegno per gli artisti meno conosciuti, per i tecnici – è sempre Bonaccini a parlare – è necessario trovare una forma di compensazione. Sulla difficile ripartenza dei concerti, ancora il politico: «Faccio una richiesta al Governo: ridiscutere il numero di pubblico ammesso nei live (oggi, mille all’esterno e 250 all’interno, n.d.r.), permettendo di ampliarlo, laddove possibile, in modo da garantire un minimo di lavoro per tutta la filiera».

Sembra ben intenzionato: lui e Zaia sono i nuovi nomi della politica italiana. I “governatori” del fare. Non a caso i Nomadi sono partiti con le loro prime tre date post Covid in Veneto. “La regione Veneto ci ha dato la possibilità di ripartire. Ci siamo ridotti il cachet, i nostri tecnici, invece, li paghiamo per intero… Lo dico con orgoglio: abbiamo altre 11 date fissate tra Veneto, Piemonte, Toscana, Marche e Umbria (quest’ultima ancora in forse)”, mi spiega Beppe Carletti. Che aggiunge amaro: «L’ho detto ieri sera, l’hai sentito, e te lo ripeto: noi musicisti siamo sempre pronti ad aiutare per raccogliere fondi su qualsiasi cosa. Nel 2012 ho organizzato con un amico una raccolta fondi/concerti per dare una mano alle persone colpite dal terremoto. Lo facciamo senza paura, l’abbiamo sempre fatto. Ora tocca a noi avere bisogno degli altri, ma nessuno ci considera… Per la musica non ha mai fatto niente nessuno…».

Cerchiamo di tirare le fila: la crisi post-pandemia è tragica. Il tempo per agire e salvare un comparto sempre più stretto, i musicisti a parole dicono di essere uniti, in realtà ognuno corre per sé da sempre. È quanto mai necessario un intervento dei big della musica italiana sulla politica: Vasco, Ligabue, Zucchero, Jovanotti, per fare alcuni nomi pesanti, potrebbero (e dovrebbero) aprire interlocuzioni con il governo per chiedere, soprattutto a nome dei più deboli, una legge che regolamenti questo settore. Il problema è che la musica è considerata cultura solo a parole. Nei fatti, è un’altra cosa. Parole di Cisco: «perché il libro ha un’Iva al 4 per cento e il disco al 22%?». Bella domanda. La musica, soprattutto quella non classica, non è considerata un mestiere ma un passatempo… «è sempre stata vista come un’arte povera» sostiene Carletti. E lui, il mestiere lo conosce davvero bene, visto che da oltre mezzo secolo calca i palchi dell’Italia intera con i suoi Nomadi.

La conclusione forse sta nelle parole del sindaco di Carpi, Alberto Bellelli: «In un periodo un po’ oscurantista si vince solo puntando sulla cultura e sulla bellezza» e in quelle di Paolo Belli: «Le persone hanno bisogno non solo delle cure del corpo ma anche di quelle per l’anima. E la musica è una di queste».

Festa della Musica, con un po’ d’amaro in bocca

Oggi, primo giorno d’estate, dovremmo essere tutti felici, giù per le strade a celebrare la Festa della Musica. Da quando è nata in Francia, nel 1982, legata al solstizio d’estate, sotto l’egida di Jack Lang, allora Ministro della Cultura, nel corso degli anni s’è diffusa in tutto il mondo. Nell’intento degli organizzatori c’è l’idea di sempre: portare la musica, qualunque essa sia, gratuitamente per le strade, per regalare e condividere le gioie del pentagramma.

Dove c’è musica, c’è vita, ci sono emozioni. E fino a qui ci siamo. E non sarò certo io a rovinare nel mio piccolo questo bell’appuntamento. Anche perché quest’anno la Fête de la Musique ha un’altra valenza, è una sorta di 25 aprile, una liberazione da un inverno/primavera d’oppressione, duro da dimenticare. Le abbiamo vissute tutte, i flash mob, gli applausi (meritati) ai medici e infermieri, le session di musica e canto dai balconi, piccoli palchi monouso, gli streaming di artisti più o meno famosi. Ora che proprio liberi non siamo, visto che l’invisibile tiranno ancora incombe anche se con molta meno furia, avere a disposizione una giornata dove divertirsi è un imperativo assoluto.

Paolo Fresu stasera dalle 20 sarà in diretta streaming dal sito della Festa della Musica e su quello della Rappresentanza Italiana della Commissione europea dal parco Valle dei Templi di Agrigento per una notte di festa e di ricordo, in onore di Ezio Bosso, dal titolo Altissima Luce – Laudario da Cortona, concerto jazz con incursioni classiche insieme con il bandeonista Daniele Bonaventura. Con loro, il contrabbassista Marco Bardoscia, il batterista Michele Rabbia e l’Orchestra da Camera di Perugia. Il mitico trombettista dice parole sante: «In un periodo in cui eravamo tutti confinati nelle nostre case per via di un nemico invisibile, la musica ci ha permesso di affacciarci alla finestra e di sentirci per un po’ liberati. Oggi più che mai la musica è di tutti. La musica dovrebbe essere nelle nostre case, nei nostri cuori, nelle nostre vite. Tutti i giorni. Tutti dovrebbero essere in grado di leggere una partitura perché la musica è condivisione, è capacità di tendere la mano verso il prossimo».

Sarà l’ultimo disco in cuffia – Rough and Rowdy Ways, di Bob Dylan uscito un paio di giorni fa – con le sue ballate blues intrise di ricordi ed emozioni, sarà che non ho ancora digerito questo 2020 bisestile (pizzico necessario di superstizione), ma io vorrei che questa giornata di gioia, canto e note si trasformasse anche in un impegno: festeggiamola pure la musica ma senza dimenticarci di chi la musica la fa e con la musica ci vive.

Mi sono preso a cuore una piccola, grande battaglia. Grazie a questa, ho conosciuto persone splendide, tutte maestranze dello spettacolo. Figure necessarie per diffondere la musica, dalla festa di paese al mega concerto nello stadio San Siro, per intenderci. Per mesi non hanno visto un euro, tutti “tengono” famiglia. Invece di aspettare passivamente gli eventi stanno lavorando per loro stessi, cercando di far conoscere l’altra faccia dello spettacolo, quella invisibile ai più, ma preziosa tanto quanto il frontman idolatrato che suona davanti a migliaia di spettatori.

Lo spettacolo deve continuare, e continuerà. Il problema sarà: come? Come si entrerà in un teatro o in un’arena al di là delle disposizioni dei decreti governativi, come verranno fatti i contratti per turnisti, star, fonici di palco, fonici di sala, addetti alle luci, mediaserver, scaff, rigger… e l’elenco è ancora lungo. Rolling Stone, edizione americana, un paio di giorni fa ha sganciato una piccola bomba: in poche parole, Live Nation, la più grossa azienda organizzatrice di eventi dal vivo in Usa, complice la pandemia e la crisi economica conseguente, vorrebbe trasferire il rischio d’impresa sugli artisti. Qualche esempio? Se un concerto viene cancellato per la scarsa vendita di biglietti, l’azienda rifonderà gli artisti, a titolo di garanzia, il ​​25% del cachet concordato (invece del 100 per cento che i promotori sono tenuti a pagare). E ancora: se un artista annulla un’esibizione in violazione dell’accordo, questi dovrà rifondere il promotore con una somma pari al doppio del suo compenso, penalità, come ha fatto notare la rivista musicale Billboard, senza precedenti nel settore della musica dal vivo. Così potremo dire addio a una bella fetta di concerti e, tornando alle maestranze dello spettacolo, assisteremo a una falciata trasversale…

Sarà il caso che tutti, dalle rockstar che protestano con l’hashtag #iolavoroconlamusica, ai tecnici che chiedono solidarietà e lavoro, agli organizzatori che cercano in tutti i modi – e come negarlo! – di fare profitto, si uniscano per pensare a un imminente futuro di rilancio della musica in tutti i suoi aspetti. Se quel giorno arriverà avremo una speranza. E anche una ricorrenza da celebrare: un evviva alla festa della musica…

Musica e… crisi/ Il mondo nascosto di “Dietro le Quinte”

Back On Stage, Claudio Zanoni

L’appuntamento è per le nove al teatro comunale di Gonzaga, cittadina di novemila abitanti abitanti del basso mantovano. Il Po è vicino, la giornata splendida, un sabato da classica gita fuori porta. L’aria che tira appena sceso dalla moto è quella di un grande giorno. Le porte del teatro sono aperte – gran bella sensazione! – un evento straordinario, visto che i “luoghi dello spettacolo” resteranno chiusi per decreto della presidenza del consiglio fino al 15 giugno.

Sono stato coinvolto da alcuni amici, tutti maestranze dello spettacolo, per contribuire a costruire uno spot (che vedrete prestissimo sulle pagine di questo blog) a sostegno di centinaia di addetti allo spettacolo che sono fermi, senza lavoro da mesi. Il lockdown da coronavirus se ha tenuta viva la presenza degli artisti in streaming, più o meno casalinghi, ha invece cancellato i già invisibili professionisti del dietro le quinte di ogni spettacolo, evento, manifestazione degno di questo nome.

Sono stati sufficienti pochi giorni, una fittissima chat di idee, creatività spinta al massimo, il titolo, Back On Stage, e la disponibilità di una giovane amministrazione comunale pronta ad aprire, prima in Italia, le porte di un teatro a fonici, videomaker, video engineering, addetti alle luci, con il solo scopo di far sentire le voci di professionisti altrimenti silenziosi. Una ventina di persone che hanno dato vita a uno spettacolo dove i protagonisti per una volta sono stati loro, gli invisibili, “un mondo che non è mai apparso e che non vuole apparire”.

Back On Stage – La regia

Tutto costruito in maniera meticolosa, una troupe da Roma con a capo il regista Giampaolo Damato, i tre professionisti, menti dell’operazione, Paolo “Red” Talami, audio engineering, 61 anni, bolognese, Vittorio Magro, 53 anni, fonico e tecnico audio, da Mantova, Massimo Vigliotti, 45 anni, video engineering da Torino, insieme a Gianfranco Stefanelli, 60 anni, bolognese, un passato dietro ai palchi, giornalista, art director, creativo alla milanese Tucano.

Tutti concordi nel mostrare il grande e certosino lavoro che c’è nella preparazione di un concerto o un evento, le prove audio, video, la sistemazione del suono e delle luci, ma anche far capire alla gente l’intesa che si viene a creare tra i tecnici e gli artisti, momenti di stima e di complicità che fa nascere anche delle solide amicizie. Li osservo dalla platea e da dietro le quinte e quello che viene subito fuori è la gioia di ritornare in attività, la concentrazione, i passaggi ripetuti migliaia di volte in anni di lavoro, la meticolosità di ogni operazione, anche la più semplice.

Arriva Claudio Zanoni, trombettista e chitarrista dei Ridillo, band funk-soul formatasi nei primi anni Novanta tra la provincia di Mantova e quella di Reggio Emilia, gestore del caffè del teatro di Gonzaga e producer, subito preso e messo sul palco per un paio di riprese. Quindi è la volta della truccatrice e della costumista, altre figure importanti del grande circo del “dietro le quinte”, grazie a due formidabili volontarie, Caterina, moglie di Massimo, e Paola, tuttofare sempre presente nel gestire i dettagli. «Veloci che suona l’ora del pranzo, sennò sforiamo nei tempi». Red è implacabile, il tempo di mangiare un risotto accompagnato da un bicchiere di Lambrusco e i dolci (ottimi!) portati dalla moglie di Massimo, con il Limoncello fatto da Red (bel tenore alcolico…). Quindi, di nuovo sul palco: si monta il mixer e la batteria, bisogna microfonarla, ci pensa Gianfranco: «L’ho fatto per anni», racconta, mentre accorda i tamburi e sistema l’hi-hat, il charleston.

Back On Stage – Momento di pausa. Al centro uno degli organizzatori, Vitty Magro

Intanto iniziano ad arrivare i video di solidarietà da musicisti e rockstar. Dewey Bunnell, Gerry Beckley, degli AmericaTullio De Piscopo e il mitico Beppe Carletti dei Nomadi, sono stati i primi a rendersi disponibili per un messaggio di appoggio e di forza al mondo “di dietro le quinte”, come si sono autodefiniti questi “ragazzi invisibili”. Arrivano anche i cronisti, Leonello Viale di Radio Bruno e Mauro Pinotti de La Gazzetta di Mantova (un articolo è uscito proprio oggi sul quotidiano locale). Si parla degli effetti della pandemia, della crisi, di come uscirne, della prossima riapertura di cinema, sale e teatri. Ognuno ha la sua ricetta ma si sa, si parla dell’incognito. Sul tavolo non mancano le idee…

La voce che il teatro ha preso vita s’è diffusa in città. La gente passa e fa capolino, curiosa. L’emozione di trovare quelle porte aperte ricorda, anche nel piccolo centro di Gonzaga, che tornare alla normalità forse si può. E si deve. Arrivano Alberto Benati e Alessandra Bertelli. Alberto è l’ex tastierista dei Ridillo, musicista e gran sognatore. Conosce profondamente il territorio in cui vive e tutto questo mix di arte, musica, territorio, cultura lo ha riversato in un’associazione assieme ad Alessandra, attivissima, il Collettivo Indaco. Da alcuni anni organizzano un festival, il 432HZ. Una frequenza non presa a caso: «È quella perfetta, sin dall’antichità, sulla quale si sono fatti e si continuano a fare studi. Una frequenza che porta effetti benefici all’uomo e alla natura», mi spiega Alberto. E proprio su questi 432HZ a Luzzara, lungo il Po, un posto magnifico, è nata l’idea di costruire un ponte sonoro sul grande fiume: «Due gruppi di musicisti posti ciascuno su una sponda del fiume, suonano insieme, ovviamente su quella stessa frequenza, in modo da creare un magico gioco di riverberi aiutati anche da uno spettacolo di luci…».

Back On Stage – Elisabetta Galeotti, sindaca di Gonzaga

Nel tardo pomeriggio arriva anche la sindaca di Gonzaga, Elisabetta Galeotti, assieme al giovanissimo assessore alla cultura, Eugenio Benatti, 26 anni. «È bello vedere il teatro in funzione», dice la prima cittadina, orgogliosa. Per l’estate monteranno un’arena aperta disponibile a tutti coloro che vorranno esibirsi, dai gruppi teatrali a quelli musicali. Il sogno nel cassetto dell’assessore alla cultura. E anche quello dei “lavoratori invisibili”.

Le riprese sono terminate, la troupe di regia dopo aver caricato il furgone riparte alla volta di Roma. Sono quasi le otto di sera. Il cielo si colora dei blu elettrici e arancioni del tramonto. Si ritornerà ad ascoltare e a fare musica live? Con gradualità, le restrizioni sono ancora molte – non più di 200 persone nei teatri e non più di mille all’aperto. Saremo costretti a vedere concerti in streaming? Forse, ma almeno fatti bene, in attesa di tempi migliori. Che si spera arrivino anche per Red&Soci. La musica bisogna farla insieme mi dicono, ed è davvero così.