Venti dischi (più uno) per raccontare un anno particolare/1

 

Frame da “Il Mondo In Testa” di Gegè Telesforo, opera dell’artista newyorkese Dominique Bloink

Il 2020 ha imboccato il suo declino. È passato in un lampo quest’anno, dove nulla o poco sarà come prima, atroce per molti versi, pensieroso per altri, comunque vacillante. Non credo di scrivere cose nuove, ma mi sono sentito come una barca in balia delle onde. Adoro il mare ma lo soffro, e tanto.

Il coronavirus mi ha attaccato. Ne sono uscito bene, ma con una fatica immensa. In mezzo alla malattia, alla paura che mi è rimasta a distanza di mesi, oltre alla perdita del gusto e dell’olfatto (cosa che per un veneto, amante del buon vino, considero un inconveniente davvero disastroso!), al lavoro sempre più precario che richiede doti impensabili di equilibrismo, una delle poche cose che mi ha aiutato a trovare delle ragioni di piacere è stata la musica.

In quest’anno ho intervistato artisti incredibili, ho cercato di tenermi lontano dal mainstream perché lì fuori c’è un mondo di note eleganti, creative, sincere, ho parlato con professionisti e docenti che mi hanno spiegato il valore di quest’arte antica quanto l’uomo, ma soprattutto ho ascoltato, ascoltato e ascoltato.

Tra le centinaia di album che sono passati in cuffia ne ho scelti venti (più uno – poi vi spiegherò il perché). Li dividerò in quattro post, cinque per ognuno. E per ciascun album vi racconterò perché quelle canzoni/brani hanno catturato la mia attenzione, quali sensazioni mi hanno dato. Noterete che in questi dischi c’è un inconsapevole filo comune, il viaggio inteso come integrazione, conoscenza, scoperta, intreccio.

C’è di tutto, rock, pop, soul, jazz, blues, indie, world, americana, classica contemporanea. Brani e canzoni che mi hanno accompagnato nel corso di questo 2020 con dolcezza, rabbia, amore, pace, euforia, voglia di viaggiare e ansia di conoscere.

Ultima annotazione: li presento in rigorosa sequenza di uscita.

1Caetano VelosoCaetano Veloso & Ivan Sacerdote (uscito il 16 gennaio)
Caetano, dall’alto dei suoi 78 anni portati con l’allegra saggezza di un artista completo, si diverte, come in una serata tra amici musicisti, a suonare alcune delle sue canzoni più belle e interessanti affidandosi all’improvvisazione di Ivan Sacerdote, un clarinettista poco più che trentenne, carioca di nascita ma cresciuto a Salvador da Bahia, terra di Veloso. C’è jazz, choro, paz e alegria nei suoi interventi, mai prevaricanti ma sempre necessari. Si dice che Caetano sia rimasto colpito del suo talento. E noi con lui. Da Peter Gast a Onde o Rio é mais Baiano, da Trilhos Urbanos a Desde que o Samba é Samba è un percorso carico di ricordi, un altro cameo della MPB (la Música Popular Brasileira). Per me, mezzo brasileiro acqusito, ogni ascolto equivale a obbligarmi a scavare nei ricordi, un modo sincero e aperto di fare i conti con gli anni che passano…

 

2MorabezaTosca (uscito il 14 febbraio)
Se c’è un’artista italiana che stimo incondizionatamente è proprio lei, Tosca, al secolo Tiziana Donati, romana, 53 anni. Oltre ad avere la fortuna di avere una voce semplicemente bellissima, si sente – e qui sta il valore di un vero artista – il lungo e faticoso studio per perfezionare un talento naturale. Una formazione continua, si potrebbe dire, che l’ha portata a curiosare nella musica del mondo. Incontro fortunato con Joe Barbieri, musicista e produttore saggio, che ha saputo far emergere le doti di Tosca. Non manca il Brasile con Lenine, La Bocca sul Cuore, Mio Canarino, canzone tradotta dal portoghese in italiano di Marisa Monte o Naturalmente, brano di Barbieri in duetto con un altro geniaccio della musica colta brasiliana, Ivan Lins. C’è anche un brano in francese Sérénade de Paradis, tradotto da una canzone in romanesco da Enrico Greppi della Bandabardò e uno cantato in arabo tunisino, Ahwak, con Lofti Bouchnak, e una splendida Giuramento, con un grande Gabriele Mirabassi al clarinetto. Non manca un duetto con Arnaldo Antunes, un tempo nei Titãs, band rock di São Paulo, e poi nel progetto Tribalistas con Marisa Monte e Carlinhos Brown (João). Ascoltarlo mi ha fatto viaggiare proprio quando il primo lockdown ci ha chiuso a doppia mandata. Grazie!

3 – ForeignerJordan MacKampa (uscito il 13 marzo)
È stato una bella scoperta questo ragazzo di 25 anni, nato in Congo e trasferito con la famiglia da piccolo a Coventry, Inghilterra. Due EP all’attivo, più qualche singolo, ha pubblicato finalmente il suo primo vero lavoro. Ed è un piacevole percorso di 42 minuti per undici brani dove senti tutta l’energia che si è impegnato a trasmettere. Parte forte con Magic, come lui stesso lo definisce, un brano di bossa nova, infuso di samba, una di quelle canzoni che non ti escono più dalla testa. A MacKampa piace contaminare, le radici ritmiche d’origine ci sono tutte, come la leggerezza di un mix di generi che costruiscono un genere tutto suo. La voce aiuta certo, e si capisce che tra i suoi punti di riferimento c’è quel gran istrione di Michael Kiwanuca, oserei definirlo uno dei suoi padri putativi. Me lo sono goduto questo disco, più e più volte, coinciso nel mio “periodo Covid”. Se dovessi etichettarlo, direi, un album pieno di speranza…

4 – Il Mondo in TestaGegè Telesforo (uscito il 27 marzo)
Che dire di Gegè, una delle voci jazz (trasversali) più belle che possiamo vantare in Italia, oltre che polistrumentista. 
Conosciuto molto più all’estero che in Patria, ma questo è un canone rispettato… Gegè ha la musica nel cuore, insegna a viaggiare tra le note del mondo dal suo programma radiofonico Sound Check, e questo disco ne è la prova più evidente. Un po’ la “summa” di quello che significa essere un artista come lui. Ha anche un particolare fiuto nella ricerca di giovani talenti, che coopta nei suoi lavori per far emergere quel sound inconfondibile che gli permette di usare la voce nelle sue improvvisazioni virtuose (scat). Se volete rileggervi l’intervista che ho fatto a Gegè, qui il link. Se Jordan MacKampa rappresentava la speranza, Gegè Telesforo è stato per me l’allegria, la bellezza delle contaminazioni, di un mondo a disposizione incredibilmente aperto e ricettivo, nonostante ne potessi guardare solo un piccolo quadrato dal mio terrazzo (qui Il Mondo in Testa).

5 – INFERNVUMClaver Gold & Murubutu (uscito il 31 marzo)
L’Inferno di Dante Alighieri trasposto in rap. Niente di più azzeccato per il momento che il mondo stava (e sta ancora) vivendo. I due musicisti romani, novelli Dante e Virgilio, hanno messo in rap con grande bravura e un’attenta ricerca dei testi, una trasposizione della prima delle tre cantiche del divino poeta. Ascoltatevi Caronte.

Ed eravamo nudi come appena nati

Soli dove il mondo ci ha dimenticati

Sporchi, raffreddati, tesi e spaventati

Nell’attesa d’esser traghettati, presi e giudicati

Conati, bile, sangue e lacrime si fan vapore

La dura voga del traghettatore peccatore

Un’eco d’onda sopra l’Acheronte fa rumore

Ora è il momento di pregare forte il tuo Signore

Stringevo forte due monete per pagare il pegno

Per pagare il legno, soprattutto per sentirmi degno

Di traversare il fiume nero e poi scordare l’eros

Sono solo un passeggero in fuga verso il nuovo regno

Ed ora vieni, occhi di fuoco, vieni al tuo lavoro

Vieni ancora per fermare il gioco, poi torna per loro

Torna per l’oro sopra gli occhi con i remi rotti

Torna per chi in certe notti si è sentito sempre solo

Un gran bel lavoro, non facile. Soprattutto nel mondo del rap italico. Di grande sensibilità, giusta rabbia, destini inevitabili. La colonna sonora perfetta di questi mesi. Tutto, dalla superbia all’avarizia, dalla lussuria all’invidia, dalla gola all’ira, all’accidia viene cantato e riportato con cristallina lucidità a oggi, un’attualità sconcertante. Per me il più bel lavoro hip-hop (italiano) dell’anno.

Musica e scrittura/ Da Gil Scott-Heron ai rapper italiani

Leggevo sul New Yorker, preziosa rivista ricca di spunti, un pezzo davvero interessante su Gil Scott-Heron. Poeta, scrittore di gran spessore intellettuale e culturale, ma anche musicista molto apprezzato a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Gil, morto a 62 anni nel 2011, è stata la fonte di ispirazione di molti scrittori e altrettanti musicisti. Era un attivista afroamericano, uno che osservava la vita e la traduceva in parole compiute, uno spoken word (un poeta che musicava i suoi versi). Un poeta/musicista “maledetto”, che ha conosciuto la droga e il carcere. Tra i suoi album, anche se qualcuno lo ha definito il più “convenzionale”, leggi commerciale, c’èPieces of Man, il suo secondo lavoro, del 1971. La prima traccia, The Revolution Will Not Be Televised, è recitata su una base funk tipicamente anni Settanta. Ma l’incedere delle parole e il basso che scandisce la ritmica poetica ne fanno uno dei primi, “inconsapevoli”, pezzi hip hop della storia. Un rap delle origini che gli appassionati del genere dovrebbero ascoltare e tenere a mente. Il brano richiama le tensioni studentesche del tempo, le proteste, le dure repressioni della polizia e la constatazione amara che la rivoluzione non si vedrà mai in televisione..

You will not be able to stay home, brother
You will not be able to plug in, turn on and drop out
You will not be able to lose yourself on skag and skip
Skip out for beer during commercials
Because the revolution will not be televised
The revolution will not be televised
The revolution will not be brought to you by Xerox
In 4 parts without commercial interruption
The revolution will not show you pictures of Nixon
Blowing a bugle and leading a charge by John Mitchell
General Abrams and Spiro Agnew to eat
Hog maws confiscated from a Harlem sanctuary
The revolution will not be televised
The revolution will be brought to you by the Schaefer Award Theatre and
will not star Natalie Wood and Steve McQueen or Bullwinkle and Julia
The revolution will not give your mouth sex appeal
The revolution will not get rid of the nubs
The revolution will not make you look five pounds
Thinner, because The revolution will not be televised, Brother
There will be no pictures of you and Willie Mays
Pushing that cart down the block on the dead run
Or trying to slide that color television into a stolen ambulance
NBC will not predict the winner at 8:32or the count from 29 districts
The revolution will not be televised
There will be no pictures of pigs shooting down
Brothers in the instant replay
There will be no pictures of young being
Run out of Harlem on a rail with a brand new process
There will be no slow motion or still life of
Roy Wilkens strolling through Watts in a red, black and
Green liberation jumpsuit that he had been saving
For just the right occasion
Green Acres, The Beverly Hillbillies, and
Hooterville Junction will no longer be so damned relevant
and Women will not care if Dick finally gets down with
Jane on Search for Tomorrow because Black people
will be in the street looking for a brighter day
The revolution will not be televised
There will be no highlights on the eleven o’clock News
and no pictures of hairy armed women Liberationists and
Jackie Onassis blowing her nose
The theme song will not be written by Jim Webb, Francis Scott Key
nor sung by Glen Campbell, Tom Jones, Johnny Cash
Englebert Humperdink, or the Rare Earth
The revolution will not be televised
The revolution will not be right back after a message
About a whitetornado, white lightning, or white people
You will not have to worry about a germ on your Bedroom
a tiger in your tank, or the giant in your toilet bowl
The revolution will not go better with Coke
The revolution will not fight the germs that cause bad breath
The revolution WILL put you in the driver’s seat
The revolution will not be televised
WILL not be televised, WILL NOT BE TELEVISED
The revolution will be no re-run brothers
The revolution will be live

L’artista ha pubblicato una quindicina di album in studio più altri live e alcune raccolte, quasi tutti in collaborazione con Brian Jackson, polistrumentista, amico e anima gemella di Scott-Heron per molti anni. Il 7 febbraio 2020 è uscito un nuovo album “firmato” Gil Scott-Heron e Makaya McCraven, batterista jazz di 36 anni, dal titolo We’re new again: a reimagining by Makaya McCraven. Un nuovo modo di presentare la musica di Gil (Makaya ha fatto un grande lavoro di ricerca sonora, sovrapponendo tracce originali a un suo interessante incedere ritmico che fa avvicinare Scott-Heron a un cantante hip hop, a riprova di quanto si diceva prima, con incursioni pesanti nel jazz. Ascoltate Where Did The Night Go, Running o, ancora I’m New Here e giudicate voi.

A questo punto, incuriosito ho fatto qualche salto plurigenerazionale in avanti di 49 anni, spostandomi in Italia dove il rap, la trap, e tutti i derivati di questi generi, sono il sempre più solido corollario del nuovo pop italiano, come sostengono Roberto Cibelli e Giuliano Saglia della Red Music, intervistati un po’ di tempo fa. Tanti giovani aspiranti che si autoproducono, aprendo il loro canale su YouTube nella speranza di sfondare. Ce n’è di tutti i generi, quelli che provano perché “cosa vuoi che sia mettere una base e rapparci sopra” (e vabbè, amen!), quelli che vengono dai “quartieri alti” ma che comunque hanno qualcosa da dire, e quelli delle periferie, che vivono il disagio di essere diversi perché, magari, figli di immigrati, che non si sentono né carne né pesce. Bisogna ascoltarli più e più volte per capirli, poi senti dove c’è sostanza. Il rap è musica, sì, certo, ma è soprattutto testo, comunicazione, sfogo, voglia di spiegare, di urlare al mondo. Ho scelto tre autori che hanno pubblicato due dischi e un brano affatto male nell’ultimo mese e mezzo.

Il 31 marzo scorso Claver Gold e Murubutu rilasciano Infernvm, la loro personale versione dell’Inferno di Dante Alighieri. Rap Intellettuale, ricercato, sia nella musica sia nei testi. L’album è bello, intenso, giustamente cupo, ricco di richiami letterari del Divin Poeta, riadattati alla visione attuale. Raccomandato al cento per cento! I due artisti non sono i soli a seguire questo sentiero del rap. Con loro Rancore, ma anche Cranio Randagio, morto a 22 anni nel 2016, il duo piemontese Uochi Toki tanto per citarne alcuni. Torniamo ad Infernvm: vi propongo di ascoltare quello che, nella storia di Dante è il primo approccio al mondo degli inferi: Caronte.

 

Sì, sì
Sì, sì
Voi non vedrete più il cielo
Io vi porto le tenebre eterne,
Un urlo cieco squarcia il regno dell’eternità
Il timoniero nell’impero delle anime perse
Spinge fiero il vecchio legno nell’oscurità
Fra i dannati mille corpi si spingevano sui bordi
Tutta in riva all’Acheronte stretti a forza in mezzo ai solchi
Appena mille erano a bordo sotto i colpi di Caronte
Gli altri mille erano pronti verso l’Aldilà
Oggi il demonio sull’antico porto
Vanità è storia dell’umanità
Ogni devoto qua ha il suo psicopompo
Divinità ctonia della verità
Ogni anima è foglia che cade nell’ombra
Il nocchiero col remo percuote la folla
D’antico pelo pieno d’astio e di boria
Perché tutto ciò che odia è soprattutto la sua identità
Dove vai, dove vai, dove vai
Dove vai, dove vai, dove vai
Se cerchi un passaggio per un’altra vita
Perché la vita non è come vuoi
Sali sul legno del demone guida
Lungo le sponde di lacrime noi
Con gli occhi di brace lui ci portò via (via, via)
Pagheremo il peso della dannazione
Morte della pace nell’anima mia
Dove l’aria calda infuocava le gole
Cerchi un passaggio per un’altra vita
Perché la vita non è come vuoi
Sali sul legno del demone guida
Lungo le sponde di lacrime noi
Con gli occhi di brace lui ci portò via (via, via)
Pagheremo il peso della dannazione
Morte della pace nell’anima mia
Dove l’aria calda infuocava le gole
Ed eravamo nudi come appena nati
Soli dove il mondo ci ha dimenticati
Sporchi, raffreddati, tesi e spaventati
Nell’attesa d’esser traghettati, presi e giudicati
Conati, bile, sangue e lacrime si fan vapore
La dura voga del traghettatore peccatore
Un’eco d’onda sopra l’Acheronte fa rumore
Ora è il momento di pregare forte il tuo Signore
Stringevo forte due monete per pagare il pegno
Per pagare il legno, soprattutto per sentirmi degno
Di traversare il fiume nero e poi scordare l’eros
Sono solo un passeggero in fuga verso il nuovo regno
Ed ora vieni, occhi di fuoco, vieni al tuo lavoro
Vieni ancora per fermare il gioco, poi torna per loro
Torna per l’oro sopra gli occhi con i remi rotti
Torna per chi in certe notti si è sentito sempre solo
Se cerchi un passaggio per un’altra vita
Perché la vita non è come vuoi
Sali sul legno del demone guida
Lungo le sponde di lacrime noi
Con gli occhi di brace lui ci portò via (via, via)
Pagheremo il peso della dannazione
Morte della pace nell’anima mia
Dove l’aria calda infuocava le gole
Cerchi un passaggio per un’altra vita
Perché la vita non è come vuoi
Sali sul legno del demone guida
Lungo le sponde di lacrime noi
Con gli occhi di brace lui ci portò via (via, via)
Pagheremo il peso della dannazione
Morte della pace nell’anima mia
Dove l’aria calda infuocava le gole

Il romano Mostro, 26 anni, ha pubblicato il 3 marzo scorso Sinceramente Mostro. Di buona famiglia, Giorgio Ferrario, 27 anni, ha impiegato molto tempo per rielaborare la perdita di un fratello a causa di un incidente stradale. Depressione, adolescenza, sbandamenti, strada in risalita per ritrovarsi. Qui la struggente  Memorie di uno Sconfitto P2: chi dobbiamo essere per essere felici? Si domanda l’artista… E ancora: Cosa faremo poi quando saremo soli e vecchi?

Nasco nel caldo del deserto
Apparentemente tutto calmo, tutto fermo
La sabbia copre il cemento
Non posso camminare, con le mani cerco il vento
Una culla fatta di legno
Fatico a dormire, un pensiero mi tiene sveglio
Mamma mi tiene in braccio, lontano dalla polvere
Ma come tocco terra, capisco che devo correre
Piccoli passi ma veloci, fuggo da incubi feroci
Correndo mi perdo i giochi
Incontro i serpenti, cammelli coi beduini
Cerco almeno di tenere i miei fratelli più vicini
In quella casa, che casini
Corro in salita, sopra le dune
Scorpioni sui miei vestiti, ‘fanculo le mie paure
Da qui vedo le strade, non mi posso fermare
Quei piccoli passi ora sono delle falcate
Ma l’adolescenza è una tempesta, la sabbia si fa asfalto
Imparo a soffocare la rabbia dentro a un pianto
Chi scappa, qua è solo un codardo
Ma io non scappo, io sto cercando
Io continuo a correre, supero anche i miei amici
Corri in mezzo agli autobus, nel traffico, fra tutti gli edifici
Mi allontano ad ogni passo, sguardo basso ed occhi grigi
Chi dobbiamo essere per essere felici?
Ma a vent’anni nella giungla, sfreccio nella foresta
Tu non puoi fermarmi, spacco i rami con la testa
Ho il cuore più duro, sicuro, di una corteccia
Non sono un uomo, sono un’arma, io sono una freccia
E mi dimentico gli affetti, corro a denti stretti
Perché ho troppa paura che la vita non mi aspetti
Cosa faremo poi quando saremo soli e vecchi?
Resto il più bello di tutti in una stanza senza specchi
Le fughe dalle pantere, gufi e le lune piene
Qui è dove le bestie mangiano le tue preghiere
Mi volto un’ultima volta, vedo mio fratello cadere
Solo un altro passo e sono immerso nella neve
Ma tu lo sapevi che è vero
Che i sogni più grandi sono fatti di vetro
Feci un respiro e decisi che non mi sarei guardato più indietro
Per la prima volta io non so come rialzarmi
Nessuno può trovarmi o lanciarmi una corda
Il ghiaccio che mi blocca, il cuore come gli arti
Non mi farà più scrivere, mi chiuderà la bocca
Basta poco, uno schiocco di dita
Fuori il gelo, però dentro io scoppio di vita
La mia fine non è ancora questa
Vuol dire che corro, corro al doppio di prima
E sono fuori io da solo, nudo nella bufera
Sopravvissuto a tutto, lupo della Siberia
Ho camminato a lungo, fino ai piedi di questa montagna
Pensavo solo “Ora non posso non farcela”
Dio mi guarda e dice solo “Dove vai?”
Troppo scivolose le suole delle mie Nike
Mentre mi avvicino al sole gli urlo forte “Ora vedrai”
Non sarò come la neve perché io non cadrò mai
Ventisette, sono in cima, sorrido per l’impresa
Davanti a una discesa, che mi porta ad un’altra salita
Da qua sopra che apprendo il senso di questa vita
La mia meta è una ricerca che non è finita
Una bufera si avvicina, è vero
Ma pare come un amico, il tramonto dietro la crina
Io metto tutto quanto in una rima
E vado alla conquista della mia vita
Vediamo chi arriva prima

Il milanese Maruego, 27 anni, origine marocchine, una vita movimentata, ha camminato  alcuni anni con Ghali con cui ha iniziato a cantare, contribuendo a portare la trap in Italia. Le loro strade poi si sono divise. Un inizio con buoni singoli, nel 2017 il primo album Tra Zenith e Nadir. Il 3 aprile, pubblica il singolo La vie en rose Nel testo della canzone non manca una citazione: si tratta di uno dei versi più famosi della storia del rap italiano, quello di Neffa nel pezzo Lo straniero dei Sangue Misto: «Io quando andavo a scuola da bambino la gente nella classe mi chiamava marocchino…».

Oh cercavo un pretesto e la mia non è certo una vie en rose
sono qui da un po’
Ho detto bye mon amigo, bye mon amigo
adio vida locos mi fa uscire loco come un decoltè
c’ho nella testa come un tarantino
finchè sto sangue non sarà rosè
sto pezzo l’ho scritto per te
mio cuore che fa
bam bam pamparam parampam
pamparam parampam
pamparam parampam
pararirararera
E quando andavo a scuola da bambino
la gente della classe mi chiamava marocchino,
vucumprà torna da dove sei venuto
io salgo sopra il podio da abusivo
muto, chico, sto su un marciapiede con la shisha
i miei partiti quando c’era un shh dentro al frigo
fumo per Milano come fosse mia
oh bella Madonnina, lo sai te quiero mucho
io sto per strada come un’intifada in guerra con la clava
e non mi andava ma in carovana non avevo nada
e lei danzava sì con il ventre proprio come un cobra
e mi son perso tra le sue curve dune del Sahara
Oh cercavo un pretesto e la mia non è certo una vie en rose
sono qui da un po’
Ho detto bye mon amigo, bye mon amigo
adio vida locos mi fa uscire loco come un decoltè
c’ho nella testa come un tarantino
finchè sto sangue non sarà rosè
sto pezzo l’ho scritto per te
mio cuore che fa
bam bam pamparam parampam
pamparam parampam
pamparam parampam
pararirararera
Da marocchin, Kho a Maru il king
In culo alla routine
Spetta a te se essere un se
O essere un sì
Ora che MC co-copia MC, come col Canta Tu
Contento te se pensi che ti bastasse l’autotune
E dammi un beat che li lasci in peace
Che li manda in tilt
Senti un click, baby, è la mia bic
Io il mujaeden
Questo flow non conosce stop
Non conosci il team
Senti “boom” come giù a Kabul
Se veniamo lì
Questa merda mi entra dentro come un virus
Si insidia come iblis
Infine poi ti investe come un Urus
Ho pregato Dio, fra’, per una nuova chance
Mi son visto allo specchio, ero io l’escamotage
Oh cercavo un pretesto e la mia non è certo una vie en rose
sono qui da un po’
Ho detto bye mon amigo, bye mon amigo
adio vida locos mi fa uscire loco come un decoltè
c’ho nella testa come un tarantino
finchè sto sangue non sarà rosè
sto pezzo l’ho scritto per te
mio cuore che fa
bam bam pamparam parampam
pamparam parampam
pamparam parampam
pararirararera