1980, l’anno del terremoto in Irpinia ma anche…

Il ricordo fa sempre presa. Ricordare fa bene, ti costringe a scavare nelle tue memorie, a ritrovare fatti accaduti che avevi messo in stand by. Oggi tocca al terremoto dell’Irpinia, quei 90 secondi di terrore che nella serata di quella domenica novembrina di calcio, castagne e copertina sul divano, fecero precipitare all’inferno il sud del Paese: 2914 morti, 8848 feriti, 350mila case crollate o seriamente danneggiate.

Sono quarant’anni che è successo. Il 1980 – si potrebbe dire per quasi tutti gli anni, ma in questo caso è più vero che mai – è stato uno spartiacque, un anno dove nel mondo sono successe tante cose importanti. A partire dal terremoto irpino, certo, ma anche in politica estera, nello sport, e soprattutto nella musica.

Mi sono sforzato di ricordare cosa stessi facendo nell’esatto istante della brutale scossa tellurica (è una mia mania-ossessione cercare di ricordare dove mi trovavo in un momento topico, fatto male, lo so…). L’unica ricordo che ho, a parte una colazione silenziosa con i miei amici dell’università la mattina dopo, era il mio walkman regalatomi da pochi mesi che stavo sfruttando al massimo. In quel periodo mi ero fissato con Nero a Metà, disco fondamentale di Pino Daniele (ascoltate A me me piace ‘o Blues), uscito il primo giorno di primavera di quell’anno. Avevo anche la cassetta di Dalla – qui Il Parco della Luna – altro album bellissimo dell’immenso Lucio uscito, se non ricordo male, il 1 gennaio (ai tempi giravo con una coppolina in lana che avevo costretto mia madre, santa donna, a “confezionarmela all’uncinetto” su misura, identica a quella fotografata nella cover dell’album, quest’ultima un bellissimo colpo di genio: Lucio a tutta coppola, con gli occhialini rotondi appoggiati sopra  e quegli occhi che spuntano, interrogativi e vivaci, all’insù).

Ritorniamo al 1980. Sempre il primo di gennaio usciva Seventeen Seconds dei Cure, disco da molti considerato uno dei migliori  della band di Robert Smith, se la gioca con Disintegration del 1989, (qui A Forest). Mentre il 3 vedeva la luce il primo LP dei Pretenders, che portava semplicemente il nome della band, ancora in attività. Vi ricordate la strasuonata Brass in Pocket?. Della formazione originale rimane solo la chitarrista e cantante Chrissie Hynde. I Peetenders hanno publicato un Ep dal titolo 2000 Miles proprio tre giorni fa.

E mentre la band angloamericana scalava le classifiche, Björn Borg furoreggiava a New York vincendo il suo primo ATP Masters Grand Prix di tennis. Salirà sul podio anche in Francia al Roland Garros a giugno e il mese successivo, a Wimbledon, dove disputerà una delle più belle partite della storia del tennis contro John McEnroe. L’americano si rifarà contro Borg agli US Open qualche mese dopo.

Rimbalziamo indietro a gennaio per un attimo: il 16, Paul McCartney, appena atterrato in Giappone, viene arrestato perché trovato in possesso di marijuana. Le cronache narrano che Sir Paul si fece nove giorni di galera, dove suonò per i poliziotti, cancellando – e risarcendo il pubblico – la tournée degli Wings nel Sol Levante…

Intanto la visionaria opera di Roger Water e dei Pink Floyd, The Wall, uscita a fine 1979, scala di prepotenza le classifiche di tutto il mondo (era uno dei nastri che ho consumato a forza d’ascoltarlo!), anche se in Sud Africa, sotto il regime dell’apartheid, a maggio, la seconda parte dell’album, quella che conteneva Comfortably Numb, per intenderci, viene bandita perché incitava alla rivolta.

E mentre Egitto e Israele si scambiavano gli ambasciatori iniziando per la prima volta le relazioni diplomatiche il 26 febbraio, dopo la firma del trattato di pace avvenuta 11 mesi prima, il 27 Billy Joel vince il Grammy Award per 52nd Street, album del 1978, vi ricordate Honesty, Rosalinda’s Eyes, My Life, Big Shot…?

In Italia, il 9 marzo Edoardo Bennato riempiva gli scaffali dei negozi con Sono solo Canzonette, uno dei suoi lavori più fortunati. La storia di Peter Pan fa presa. Come dimenticare L’Isola che non c’è?

Volando oltremanica, il 14 aprile usciva il primo album di un gruppo che diventerà leggenda per i metallari di tutto il mondo, quello degli inglesi Iron Maiden che si conquisteranno a suon di riff estremi e generosi il trono dell’heavy metal. Copertina d’effetto dell’illustratore inglese Derek Riggs, che seguirà la band fino al 1990 creando una sorta di storia a fumetti dark che farà la fortuna commerciale della band. Ascoltate Phantom of the Opera.

Il 1980 è anche l’anno della morte di Josip Broz, il maresciallo Tito, avvenuta il 4 maggio: l’uomo che aveva tenuto insieme la Jugoslavia dal 1953 spariva lasciando un paese che nel giro di pochi anni si farà a pezzi, un’autodistruzione programmata. Sempre per la cronaca, il 24 giugno un  DC-9 della Itavia in servizio tra Bologna a Palermo con 81 persone a bordo cade nelle acque vicino a Ustica. Tutti morti. Dopo anni e anni di indagini, nessun colpevole ma una certezza quasi acclarata: il DC-9 si era trovato nel mezzo di una battaglia tra aerei libici e Nato. Per l’Italia non finisce qui: il 2 agosto scoppierà la bomba alla stazione di Bologna. Un’altra strage: 85 persone rimangono uccise e duecento ferite. L’incubo dell’eversione nera collegata a elementi deviati dello Stato si ripresenta dopo la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano (1969), quella di piazza della Loggia a Brescia e l’altra sul treno Italicus (entrambi 1974).

Rimanendo tra chitarre “cattive”, bassi e batterie, il 25 luglio segna l’uscita di un altro incredibile disco rock, uno dei più famosi – venderà oltre 50 milioni di copie: è Back in Black degli AC/DC (ne ho parlato in un recentissimo post scritto in occasione dell’uscita di Power Up, il nuovo disco).

E veniamo a settembre. Il 20 Ozzy Osbourne pubblica il suo primo album da solista, Blizzard Of Ozz, quest’anno, manco a dirlo, è uscita una “Expanded Edition”. Quel disco, dopo lo scazzo con i Black Sabbath e la sua profonda depressione, è il lavoro della rinascita del “morsicatore di pippistrelli”, in gran vena creativa grazie anche a una band di tutto rispetto: il chitarrista Randy Rhoads (ex Quiet Riot), il batterista Lee Kerslake (ex Uriah Heep) e il bassista e paroliere Bob Kerslake (ex Rainbow). Una per tutte, certamente autobiografica: Crazy Train.

Il 23 è un’altra data da ricordare per chi ha vissuto un certo tipo di eroi epici: Bob Marley tiene con gli Wailers il suo ultimo concerto dal vivo allo Stanley Theater di Pittsburg, in Pennsylvania, dopo aver pubblicato, il 10 giugno, il suo ultimo album, Uprising. Morirà l’11 maggio del 1981.

Il 25 un lutto scuote e getta nella disperazione il mondo della musica: muore John Bonzo Bonham, il formidabile batterista dei Led Zeppelin, un’overdose alcolica, soffocato nel suo vomito. Tre mesi più tardi, il 4 dicembre, la band annuncia che si ritirerà dalle scene…

Passiamo a ottobre: il 17 i Dire Straits pubblicano Making Movies, album romantico e geniale, che permette a Mark di esprimere al meglio la sua creatività e bravura. Contiene alcune tra le canzoni più fortunate di Knopfler e soci, da Tunnel of Love a Romeo and Juliet. In Inghilterra rimane in classifica per 252 settimane consecutive, mentre nel nostro Paese fa il botto: oltre un milione di copie vendute, sarà l’album più gettonato del 1981.

Invece, il 24 John Lennon pubblica la sua (Just Like) Starting Over, primo singolo in preparazione dell’album Double Fantasy in uscita a firma anche di Yoko Ono il 17 novembre. Il 4 dello stesso mese si terranno le elezioni americane. Il mondo vedrà arrivare alla Casa Bianca un ex attore hollywoodiano: inizia l’era di Ronald Reagan che vincerà surclassando Jimmy Carter (in carica). Il mondo si avvia verso una nuova fase… ma qui è tutta un’altra storia…

Incontri/ Ludwig van Beethoven, Freddie Mercury and… friends

Il 2020 sarà l’anno di Ludwig van Beethoven. Si festeggiano, infatti, i 250 anni dalla nascita del compositore che, tra il XVIII e il XIX secolo, ha sovvertito la musica gettando le basi per le moderne evoluzioni del pentagramma. È un’iperbole, ma senza l’arte del musicista di Bonn forse non avremmo avuto Eminem (parentesi: il suo nuovo Music to be Murdered By, rilasciato qualche giorno fa, è davvero un gran bel lavoro…).

Per chi fosse interessato alle iniziative (sono tantissime e in tutto il mondo) può collegarsi al sito BHTVN2020 (è l’abbreviazione del cognome usata dallo stesso maestro per firmare le sue composizioni). Che Beethoven, sordo, burbero, più propenso a omaggiare la borghesia piuttosto che nobili e imperatori, sia stato un genio della musica è incontestabile. Erano anni che non lo ascoltavo più. Mi sono rimesso in cuffia tutte le nove sinfonie, le sonate per pianoforte e violino e confesso che più lo ascoltavo e più mi veniva voglia di risentirlo.

Sulle note che chiudono la Settima Sinfonia (il IV Movimento, Allegro con brio), simile alle chiuse delle opulente opere rock con crescendo, timpani a scandire il rincorrersi di archi e fiati uguali a chitarre elettriche, basso e batteria che pompano senza tregua, ho iniziato a fare un gioco: se Ludwig van Beethoven fosse vissuto ai giorni nostri chi avrebbe potuto incarnare? I primi che mi sono venuti in mente sono stati i Queen: la loro versione “fast” di We Will Rock You eseguita nel memorabile concerto al Forum de Montréal il 24 novembre del 1981 (poi pubblicato in un doppio cd nel 2007) ne è una plastica dimostrazione.

La stessa, eterna, Bohemian Rhapsody potrebbe essere il concentrato di una sinfonia beethoveniana: gli stilemi ci sono tutti nella apparente folle, ma tecnicamente perfetta, creazione di Freddie, Brian, John e Roger.

Nella ricerca di nuovi orizzonti complessi, Master Ludwig avrebbe potuto sedersi al posto di Rick Wakeman, il tastierista degli Yes, che nel 1973 compose una delle pietre miliari del genere prog: The Six Wives of Henry VIII: da riascoltare Anne of Cleaves o Catherine Howard.

Il rock s’è sempre interessato al musicista tedesco, A partire dal lontano 1956, quando uno scatenato Chuck Barry cantava Roll Over Beethoven (qui, una clip) non proprio un inno al compositore: “Roll over Beethoven And tell Tchaikovsky the news” (Passa sopra Beethoven e dà la notizia a Tchaikovsky), cantava lo scatenato padre del rock.

Mentre gli Ekseption, gruppo rock olandese, nel 1969 pubblicano The Fifth, personale rielaborazione del lavoro beethoveniano e, nel 1977, in piena agitazione disco, Walter Murphy fa ballare, sempre sulle note della Quinta, una generazione di scatenati “febbricitanti del sabato sera”. Anche Billy Joel, in onore del suo passato di pianista “classico” innamorato della musica di Ludwig dichiarò il suo amore per il tedesco: il refrain di This Night (dal disco An Innocent Man del 1983) è sulle note de La Patetica, la Sonata per pianoforte n. 8 dell’artista.

Mentre un disco latin-jazz uscito il 25 ottobre 2019, dei Klazz Brothers & Cuba Percussion (formazione tedesca con innesto di percussioni cubane) rilegge le composizioni del maestro con congas e timbales. Non poteva mancare la melodia più famosa (oltre a l’Ode alla Gioia, diventato inno dell’Unione Europea): Für Elise

Per terminare il nostro divertissement,  c’è anche la trasposizione, osiamo, beethoveniana!, dal rock alla classica. Nel caso specifico dei Queen: due musicisti classici, il violinista Vlad Maistorovici e il pianista Dario Bonuccelli, hanno rivisitato i più famosi brani della band inglese. Qui una versione di Maistorovici con i The Mercury Quartet.