Tre dischi da “gustare” nel fine settimana

Blues e jazz. Per questo fine settimana vi ho apparecchiato un pranzo esaltante. Primo piatto, la ristampa di un disco firmato da due assi del blues di metà Novecento, Sam “Lightning” Hopkins e Sonny Terry, registrato nel 1960 e pubblicato il primo gennaio del 1961, Last Night Blues. Come secondo piatto vi consiglio un lavoro spumeggiante direttamente da Londra: gli Ezra Collective, giovane band crossover che ha rilasciato il terzo disco Dance, No One’s Watching, un potente invito alla danza e al divertimento e, per chiudere in bellezza e bontà, come dessert, l’album del franco libanese Ibrahim Maalouf, Trumpets of Michel-Ange. Mettetevi comodi e ascoltateli, sarà un gran bel weekend di musica!

1 – Last Night Blues – Lightning Hopkins & Sonny Terry – uscita 13/09/24
Se volete mettere in cuffia o sul piatto del “sano” Blues d’antan, questo lavoro fa al caso vostro. Rough and Rowdy Ways per dirla alla Dylan, dove la chitarra e la voce del texano Lightning Hopkins incidono i sensi dell’ascoltatore in un dialogo serrato con l’armonica del georgiano Sonny Terry, virtuoso del Piedmont Blues, musicista famoso per la sua lunga collaborazione con il chitarrista Brownie McGhee. I due ricamano fraseggi al sapore di Barbour e tabacco cantando di vita, amori, lavoro. La bellezza di queste otto tracce, per un serrato ascolto di 37 minuti, sta nell’intesa dei due bluesman, accompagnati dal bassista Leonard Gaskin e dal batterista Belton Evans che danno il ritmo con discrezione assoluta, ma anche nella perfetta registrazione del disco. Un lavoro partito in stato di grazia per merito di Rudy Van Gelder, ingegnere audio, sperimentatore, fondatore del mitico Van Gelder Studio di Englewood Cliffs, nel New Jersey, dove la Blue Note incise molti dei suoi capolavori. Combinazione perfetta, dunque, recepibile anche nella versione rimasterizzata: da Rocky Mountain al R’n’B di Got to Move Your Baby, fino all’ultimo brano Conversation Blues, dove Hopkins e Terry dialogano divertendosi su un brano scritto a quattro mani. 

2 – Dance, No One’s Watching – Ezra Collective – uscita 27/09/24
Ritornano gli Ezra Collective. A due anni dal bellissimo Where I’m Meant To Be (di cui vi avevo scritto qui), i due fratelli Koleoso, Femi e TJ, Joe Armon-Jones, Ife Ogunjobi James Mollison pubblicano Dance, No One’s Watching, 19 brani per 57 minuti d’ascolto, jazz infarcito di hip hop con digressioni dub, funk, soulful con i fiati belli presenti che ricordano lo Shabaka Hutchings dei Sons of Kemet. Un disco gioioso come il precedente, che celebra la diversità e la coralità. Un lavoro inclusivo dove c’è posto per tutti. La band suona divinamente bene, è creativa, il leader e batterista Femi Koleoso è una miniera inesplorata di creatività. Tutto per dimostrare che la musica può e deve unire in un mondo così diviso, provato da guerre e ingiustizie. C’è posto per un brano latineggiante come Ajala e uno soulful come God Gave Me Feet For Dancing cantato da Yazmin Lacey. E ancora, un altro hip hop, Streets Is Calling, eseguito con la collaborazione del rapper ghanese M.anifest e della sudafricana Moonchild Sanelly, a cui segue uno dei tanti sipari introduttivi affidati ad archi da camera che preannuncia, in questo caso, Why I Smile, dove il genere si sposta alle grandi orchestre anni Settanta che sfocia in un assolo al pianoforte di Joe Armon-Jones, con il basso dub di TJ che stabilisce una contemporaneità sonora con l’intero lavoro. La musica è felicità e questo album lo dichiara sin dalla prima nota. La puoi pensare diversamente ma insieme si danza e insieme si vivono emozioni. Insieme, appunto!

3 – Trumpets of Michel-Ange – Ibrahim Maalouf – uscita 20/09/24
Un disco che celebra l’amore, quello di due ragazzi che si conoscono, si sposano, fanno figli, li vedono crescere. Trumpets of Michel-Ange è un lavoro degno di nota per la trama di un romanzo che lascia spazio alla fantasia di ciascuno, visto che il disco è strumentale, se si fa eccezione dell’ultima traccia, Au Revoir – Live in Brittany (a cappella Version). Le tracce del percorso “letterario” di questo lavoro sono i titoli dei brani: The Proposal e Love Anthem sono i primi “episodi” che aprono il lavoro, dettati dai ritmi orientali e dalla tromba di Ibrahim che racconta la festa di un matrimonio e l’inno di un amore. La tromba quarto di tono che suona il musicista franco libanese l’ha inventata suo padre. In pratica lo strumento ha una quarta valvola aggiuntiva che consente al musicista di combinare scale mediorientali con quelle occidentali. Proprio al padre contadino, arrivato dal Libano in Francia, Ibrahim dedica Stranger, una ballad che parte sommessa per salire all’apice di fanfare verso la fine e terminare in un suono sempre più attenuato e delicato. C’è anche un brano dedicato alla terza figlia, The Smile Of Rita, che annovera un bell’assolo di chitarra acustica. Anche la cover parla di famiglia: è una foto del nonno di Ibrahim e della sua banda, scattata in Libano nel 1925. Buon ascolto, dunque, e buon weekend!