Spike Lee, un musical e il Viagra…

Nel gran bordello di queste ore tra bollettini (uno al giorno per la Calabria in cerca disperata di un commissario), proclami (ho trovato fantastico quello di qualche ora fa di Fontana, presidente della Regione Lombardia: «Siamo arrivati sul plateau, ora inizia la discesa», immagine plastica!) e vendette (esemplare il titolo sul New York Times: «Trump Fires Christopher Krebs, Official Who Disputed Election Fraud Claims», Trump licenzia – via Twitter – il responsabile della sicurezza e correttezza delle recenti votazioni che aveva osato dichiarare l’assenza di frodi…) c’è una news che mi ha messo di buon umore.

L’ha pubblicata una rivista americana, Deadline, giornale che fornisce breaking news da Hollywood (ripresa da molti giornali nel mondo): Spike Lee dirigerà un film musicale che racconta la storia del Viagra. Proprio lei. La pastiglietta blu che ha rivoluzionato la vita sessuale di milioni e milioni di persone prodotta dalla Pfizer, casa farmaceutica sulla cresta dell’onda oggi per il vaccino contro il Covid19, verrà dunque celebrata da un regista da sempre fuori dagli schemi, impegnato, sarcastico.

La sceneggiatura sarà scritta dallo stesso Lee e da Kwame Kwei-Armah (l’attore e drammaturgo inglese) ed è tratta da un articolo pubblicato sulla rivista Esquire da David Kushner dal titolo: All Rise: The Untold Story of The Guys Who Launched Viagra (Tutti si alzano: la storia mai raccontata dei ragazzi che hanno lanciato il Viagra).

E veniamo alla musica, il nostro piatto forte. Sempre secondo il giornale californiano sarà affidata al duo Heidi Rodewald & Stew, la prima, musicista specializzata in musical, il secondo, al secolo Mark Stewart, musicista e drammaturgo. Stew ha scritto e musicato con Heidi  Passing Strange, musical che fece un gran successo e che vinse il Tony Award nel 2008. Narrava le vicende di vita e artistiche di un musicista afro americano in Europa. L’opera rock fu ripresa dallo stesso Spike Lee nel 2009 con un docufilm sul musical dallo stesso titolo.

Ritorniamo alla magica pillolina blu e al film: il titolo non c’è ancora. Tanto che Deadline ci scherza su, invitando i suoi lettori a trovarne uno giusto… Fantasia all’opera!

Bruce Hornsby e il suo nuovo “Non-Secure Connection”…

Vi ricordate The Way it is, fortunato brano uscito nel 1986, ripreso anche da 2Pac con il titolo di Changes? Portava la firma di un musicista istrionico, Bruce Hornsby, allora con i Range. Di strada il pianista della Virginia (ha suonato per due anni anche con i Grateful Dead, agli inizi dei Novanta) ne ha fatta, e tanta. Con una coerenza di fondo mai dimenticata: il non voler pervicacemente essere etichettato in un genere. Hornsby ha percorso – e continua a percorrere – tutte le strade della musica.

Soul, funk, rock, jazz, bluegrass, pop mainstream, tutto e il suo contrario. L’ultimo lavoro – ed è per questo che ve ne parlo – Non-secure Connection, uscito ad agosto, ritrova un Hornsby in gran vena creativa. Confesso, mi piace molto!

Rock, prog, jazz spalmato in maniera coscienziosa, pop quanto basta, sembra di ascoltare i Genesis e Peter Gabriel, soprattutto, quest’ultimo, nell’intonazione vocale metallica. Parallelamentei a un ventennale sodalizio fortunato e simbiotico con il regista Spike Lee, Bruce non ha mai smesso di pubblicare gran bei lavori, come l’ultimo.

Molta attenzione sia alla partitura sia ai testi, un lavoro altamente critico verso il mondo web – per capirlo basti ascoltare Porn Hour: “We got everything we want with a mouse click, The innovation of the Internet. We thank the hard boys and the naked girls For the coming of our beautiful cyber world” – con lo spazio alle solite sue collaborazioni di massimo livello.

Come quelle con Vernon Reid, chitarrista dei Living Colour e la cantautrice e poetessa Jamila Woods (Bright Star Cast) e con il violinista (polistrumentista) Rob Moose (The Rat King). C’è persino Leon Russell, artista di culto, mancato nel 2016, in una registrazione che Bruce aveva fatto insieme un quarto di secolo fa (Anything Can Happen) e una solida My Resolve, suonata con James Mercer (The Shins, Broken Bells).

D’effetto anche Cleopatra Drones, canzone che apre il disco e ben dispone all’ascolto. Se volete approfondire l’artista, ascoltatevi un altro paio di album, Hot House del 1995: molto jazz e funk con collaborazioni eccellenti come Béla Fleck, il virtuoso del banjo, Pat MethenyJimmy Haslip, bassista e fondatore degli Yellowjackets, e il doppio Spirit Trail, uscito nel 1998. Ah dimenticavo, un altro album bellissimo: Absolute Zero, del 2019, che il New York Times ha definito “ccmplesso e per nulla alla moda, dunque, ottimo”! Anche qui collaborazioni di sostanza, con il batterista jazz Jack DeJhonette nel brano che dà il titolo all’album, per proseguire con Justin Vernon (Bon Iver) – uno dei suoi “giovani colleghi” preferiti – in Cast OffBuon Bruce, dunque!