Disco del mese/ Here It Is: A Tribute to Leonard Cohen

Fra le tante uscite di ottobre mi ha colpito un lavoro che, dalla sua pubblicazione, è diventato per me un ascolto quotidiano. Si tratta di Here It Is: A Tribute to Leonard Cohen, edito dalla Blue Note Records e dato all’ascolto il 14 del mese scorso. 

Non sono un amante dei dischi che in qualche modo sfruttano il lavoro di artisti scomparsi. Ma qui, accidenti, siamo davanti a ben altra cosa. Un vero tributo, un omaggio in punta di piedi ma potente, ricco e fedele, dove non prevale l’identità del singolo artista che interpreta ma dell’autore. Che risponde all’immenso nome di Leonard Cohen, uno dei più grandi cantautori che hanno calcato questo pianeta, ammirato, imitato, seguito. 

L’idea del disco – come probabilmente avrete già letto – è di Larry Klein, bassista stranoto, vincitore di Grammys, compositore e turnista d’eccellenza (da Bob Dylan a Peter Gabriel, da Herbie Hankock a Joni Mitchell (della quale è stato anche marito), amico di Cohen fin dai primi anni Ottanta. Il quale ha pensato a un parterre di artisti da brivido: Norah Jones, Peter Gabriel, Gregory Porter, Sarah McLachlan, Luciana Souza, James Taylor, Iggy Pop, Mavis Staples, David Gray e Nathaniel Rateliff. 

Ognuno di loro ha interpretato un brano del compositore canadese accompagnato da un supergruppo composto dal chitarrista Bill Frisell, il pianista Kevin Hays, il bassista Scott Colley, il batterista Nate Smith, il sassofonista Immanuel Wilkins, con la partecipazione di Greg Leisz alla pedal steel guitar e Larry Goldings all’organo. 

Chi si aspetta l’ennesimo Hallelujah, probabilmente il brano più cantato del repertorio coheniano (resta splendida la versione di Jeff Buckley del 1994), o l’altrettanto nota Suzanne o Here It Is, il brano che dà il titolo al disco, dovrà ricredersi. Peter Gabriel interpreta Here It Is con un tono di voce talmente basso che sembra, in certi passaggi, fondersi con la profondità di Cohen stesso, Gregory Porter in Suzanne fa venire la pelle d’oca tanto è rigoroso e poetico nel suo incedere. E la canadese Sarah McLachlan, rende Hallelujah una sorta di manifesto grazie a questo minuzioso lavoro di rispetto e ricordo.

Proprio il ricordare, nell’accezione latina, di “rimettere nel cuore”, è il tema del disco. Conservare nel cuore, dove i romani ritenevano si racchiudesse la memoria, è un nobile esercizio che andava fatto per Leonard Cohen. 

Ascoltatevi You Want it Darker, interpretato da un Iggy Pop per nulla sopra le righe. Come per Peter Gabriel, in questo caso la voce serve a raggiungere l’essenza dell’artista scomparso nel 2016. Le discese baritonali e dark dell’Iguana sono misurate e mai esagerate. In If It Be Your Will, brano-preghiera che Cohen cantava con le voci angeliche delle Webb Sisters, l’ottantatreenne Marvis Staples, accompagnata dalla chitarra di un Bill Frisell ispirato e dal sax di Wilkins che ricama sulla voce con la leggerezza di un batter d’ali, riesce a costruire una dolorosa invocazione gospel.

Se il ricordare è il filo conduttore “passionale”, il jazz è la sintesi di queste dodici tracce, il genere popolare per antonomasia che racchiude ogni genere. Inclusione musicale come testimonianza dell’opera coheniana, aggiungo, esempio di come questi tempi andrebbero vissuti. 

Il brano musicale che chiude il disco, Bird On The Wire, è la chiusa perfetta. Solo strumentale, anch’esso fedele alla scrittura di Cohen ma con il tocco inconfondibile di questo solido ensemble dominato dalla chitarra di Frisell e dal sax sussurrato di Wilkins. Consiglio: ascoltatelo leggendo il testo di Cohen. Lo trovate qui sotto.

Come vi dicevo, rispetto, ricordo, inclusione…

Like a bird on the wire

Like a drunk in a midnight choir

I have tried in my way to be free

Like a worm on a hook

Like a knight from some old-fashioned book

I have saved all my ribbons for thee

If I, if I have been unkind

I hope that you can just let it go by

If I, if I have been untrue

I hope you know it was never to you

For like a baby, stillborn

Like a beast with his horn

I have torn everyone who reached out for me

But I swear by this song

And by all that I have done wrong

I will make it all up to thee

I saw a beggar leaning on his wooden crutch

He said to me, “you must not ask for so much”

And a pretty woman leaning in her darkened door

She cried to me, “hey, why not ask for more?”

Oh, like a bird on the wire

Like a drunk in a midnight choir

I have tried in my way to be free

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