Breaknotes/ Boris Johnson in ospedale con il virus

L’aveva sottovalutato, come del resto tanti tra di noi, increduli che potesse arrivare una tegola così forte in testa a tutti, senza distinzioni di ceto, censo, razza, religione. E così, dopo aver stretto le mani a persone contagiate dal virus, a dimostrazione che si è più forti di quella maledetta bestiolina (pure bellina a vedersi al microscopio), aver annunciato che gli inglesi dovevano prepararsi a una selezione della specie, dichiarazione darwiniana un po’ eccessiva – i più forti resistono, gli altri se ne andranno nel mondo dei più, il che produrrà per il popolo britannico l’immunità del gregge – Boris Jonhson, rinchiuso al 10 di Downing Street in quarantena da una decina di giorni, con una febbre alta che non lo lasciava e una fastidiosa tosse, la scorsa notte è finito all’ospedale. A BoJo, prime minister con una carriera giornalistica e politica trastullante, o se preferite, shambolic (casinista), come l’ha definita il quotidiano The Guardian, insomma uno che se si fosse applicato nella musica sarebbe stato, grazie alla capigliatura e alla faccia tosta, molto rock con escursioni persino nel punk più dissennato, deve fare i conti con la pandemia e soprattutto con se stesso.

Quello che Joe Jackson cantava in I’m The Man:

I’m the man
I’m the man that gave you the hula hoop
I’m the man
I’m the man that gave you the yo-yo

Sono l’uomo
Sono l’uomo che ti ha dato l’hula-hoop
Sono l’uomo
Sono l’uomo che ti ha dato lo yo-yo

E qui arriva la possibile risposta punk a BoJo dai Sex Pistols, dal loro primo e ufficiale album di studio Never Mind the Bollocks, Here’s the Sex Pistols, in Problems

To people like me there is no order
Bet you thought you had it all worked out
Bet you thought you knew what I was about
Bet you thought you solved all your problems
But you are the problem

Per le persone come me non c’è ordine
Scommetto che pensavi di aver risolto tutto
Scommetto che pensavi di sapere di cosa stessi parlando
Scommetto che pensavi di aver risolto i tuoi problemi
Ma tu sei il problema… (possibili riferimenti al covid19?)

Nel momento in cui l’eterna Queen Elisabeth II faceva il suo discorso perfetto con i tempi e le reazioni regali di una donna ultragenerazionale, quattro limpidi minuti alla nazione, cercando di rasserenare e incoraggiare i suoi sudditi, BoJo è costretto a mostrare sempre alla nazione che comportarsi da cocky, impertinente, non paga. Il virus non guarda in faccia nessuno, dicevamo prima. Insomma, il tempo di Sex & Drugs & Rock’n’Roll per cantarla alla Ian Dury, per il primo ministro è davvero finito.

Metterà la testa a posto “The number one”? Sarà meno “rebel” nel suo conformismo British, e deciderà, magari, di sperare per i suoi connazionali un What a Wonderful World, per dirla alla Louis Armstrong, magari nella insolita e “personale” versione che proprio stamattina il mio amico Fabio mi regalava su whatapp, dell’australiano post punk Nick Cave con il frontman sdentato e pure un po’ alticcio dei The Pogues, Shane McGowan (video caricato dall’immenso Cave).

Johnson ha toccato, introiettato nel profondo, primo leader nel mondo, il virus malefico. D’altronde, anche Morrissey, altro artista inglese, ex frontman dei The Smiths, amato e odiato dai suoi stessi fan, uomo che non ha mai preso una posizione decisa, nella sua musicale scontrosità, canta nell’album che ha appena pubblicato (I am not a dog on a chain, disco niente affatto male…), scandendo chiaramente le parole I am not a dog on a chain:

 

I am not a dog on a chain, I use my own brain
I do not read newspapers, they are troublemakers
Listen out for what’s not shown to you and there you find the truth
For in a civilized and careful way they’ll sculpture all your views
So open up your nervous mouth and feel the words come streaming out

Non sono un cane legato a una catena, uso il mio cervello
Non leggo i giornali, sono i piantagrane
Ascolta ciò che non ti viene mostrato e lì trovi la verità
Perché in modo civile e attento scolpiranno tutte le tue opinioni
Quindi apri la bocca nervosa e senti che le parole escono fluenti

Per chiudere questo commento canoro alla malattia di Boris Johnson, non posso tralasciare un altro poeta del punk, Joe Strummer dei Clash, con una delle sue massime riportate da Stefano Gilardino nella sua interessante e completa La Storia del Punk (Hoepli editore, 2017): «Non scrivete slogan, scrivete la verità…».