Riflessioni: Bob Corritore, Eurovision e una storica Top Five

Stamattina ho aperto il computer e, come sempre, per prima cosa ho cercato musica da ascoltare. L’ho trovata, e perfetta per il mio umore: Bob Corritore, grande armonicista e bluesman, assieme a un parterre di musicisti di tutto rispetto, ha appena pubblicato un disco, Spider in my Stew. Con lui ci sono Alabama Mike, Sugaray Rayford, Oscar Wilson, John Primer, Johnny Rawls, Lurrie Bell, Kid Ramos, Bob Margolin, Junior Watson. Ascoltate Big Mama’s Soul Food e capirete di cosa sto parlando! Perfetto per un giorno di sole, come oggi qui a Milano, i ricami di Corritore con l’armonica, sia nel blues rude e polveroso o in quello lento e paludoso del Delta, sono incredibili, meglio di un caffè nero bollente per drizzare la giornata.

Il sottofondo musicale alla scrittura non me lo sono scelto a caso. Un contraltare a quello che voglio raccontarvi oggi. È da un po’ di giorni che ci penso, e alla fine ho concluso che Eurovision 2021 e la vittoria dei Måneskin meritano un commento.

Confesso, l’ho guardato. Una delle imposizioni alla Sanremo. Consapevole che di musica, o almeno di quella che normalmente ascolto o ne parlo, lì non ce n’era proprio l’ombra (o quasi). Dei numerosi commenti letti in questi giorni, anche sui giornali europei, ho trovato un punto in comune: Eurovision è uno spettacolo di Kitsch estremo, una perversione, una bizzarria. Talmente assurdo che finisce per incollarti alla televisione, per vedere fino a dove gli organizzatori hanno osato spingersi. Insomma, come al Circo, ma sotto un rutilante tendone ultratecnologico. Un po’ Hunger Games, un po’ Giochi senza Frontiere e un po’ assurdi concorsi di bellezza americani, quelle storie alla Little Miss Sunshine, per intenderci. Un luogo dove non conta la musica in sé, ma come la proponi e la corredi: con fuochi d’artificio, effetti esasperati, balletti improbabili, costumi postapocalittici…

Tra il cantante russo che fa il suo ingresso dentro una gigantesca matrioska motorizzata, Efendi (Azerbaijan) che canta e balla Mata Hari, brano dedicato alla famosa spia olandese, i più normali – e non a caso hanno preso il podio – sono stati i Måneskin e Barbara Pravi, la francese, che ha cantato una delle classiche, tristissime chanson d’oltralpe.

E vado ai quattro ragazzi romani. Se lo sono meritato il podio? Certo che sì, anche perché a Rotterdam sono stati un ricambio d’aria fresca, energia allo stato puro, voglia di sfondare. Una doppietta per gli outsider dei palchi di Sanremo e di Eurovision, segno che la gente che vota non rimane solo abbagliata (abbindolata) dagli effetti speciali, ma alla fine sceglie la sostanza. Sono curioso di sapere che strada prenderanno ora Damiano, Victoria, Ethan e Thomas: continueranno a fare rock anche se quest’ultimo non se la passa benissimo, tenuto in piedi ancora dai mostri sacri del genere? Penso (e spero) di sì. Al netto dei contratti discografici, dei producer e di tutto ciò che sta dietro a una band con un successo montante, credo che i quattro stiano cercando il loro rock e lo stiano facendo benissimo, con pazienza, impegno e creatività. Poi animali da palco si nasce, difficilmente lo si diventa…

P.S. Chiudo con un post scriptum che non ha nulla a che vedere con Eurovision 2021. Il 26 maggio di 31 anni fa, per la prima volta nella storia, alla Top five dei singoli più ascoltati negli States ci sono solo artiste: Madonna con Vogue, le Heart con All I Want To Do Is Make Love To YouSinéad O’Connor con Nothing Compares 2 You, le Wilson Phillips con Hold OnJanet Jackson con Alright.

Alla prossima…

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