In questi giorni riflettevo sul passare del tempo, questo scandire apparentemente immoto che muta, trasforma, crea, distrugge. Anni fa un amico artista, Francesco Arecco, mi aveva coinvolto in un progetto, un libro dove, a più mani, ciascuno per il suo sapere e professione, parlava del tempo. Il titolo era Tempo al Tempo: Riflessione corale sul concetto di Tempo (Mimesis 2013). Un gran bel lavoro, perché lui, curatore, era riuscito a ottenere un’immagine del tempo sfruttando più conoscenze, materie, professioni, non elitaria ma ricca di esperienze e suggestioni.
Le riflessioni sul tempo sono legate a dei momenti importanti vissuti, come quelli dell’11 maggio di 40 anni fa, quando Bob Marley, consumato da un tumore, si spense all’ospedale universitario di Miami. Non voglio lanciarmi in coccodrilli postumi, Marley è un mito, uno degli immortali, grazie alla sua musica, come ho avuto modo di scrivere in un post lo scorso anno. Quasi ventenne pensavo allo studio, alla musica, agli amori. Tutto normale, se non l’aver avvertito quella nitida sensazione di arrepio, bella parola portoghese che ben rappresenta i brividi, per la velocità con cui si sta consumando la mia vita. Quarant’anni sono un battito d’ali, ieri.
Così, per restare in musica, sempre l’11 maggio del 1981 c’è stata la prima di Cats al New London Theater di Londra, musical scritto da Andrew Lloyd Webber, lo stesso autore di quel Jesus Christ Superstar, la cui prima voce rock prestata al Nazareno, nel disco uscito nel 1970, fu quella di Ian Gillan frontman dei Deep Purple, band che ascoltavo allo sfinimento negli Settanta e Ottanta (qui The Temple). Tornando a Cats, che molti pensavano fosse soltanto un visionario flop ma che, invece, è diventato uno dei musical più visti al mondo, chi non ricorda Memory? Un po’ troppo romantica per i miei gusti, ma una delle canzoni più famose in assoluto, brano su cui si sono cimentati in tanti, da Barbra Streisand a Barry Manilow.
Quarant’anni… Praticamente ieri.
E ancora oggi sono, invece, 75 anni che il Teatro alla Scala di Milano riapriva coraggiosamente dopo tre anni di lavori, per celebrare la libertà della città e l’inizio di un periodo di pace. Il 79enne Arturo Toscanini, di nuovo sul podio dopo l’autoesilio impostosi nel 1931 per protesta contro il regime fascista, diresse un concerto emozionante. Significò la ripartenza della cultura, della vita, della speranza, tra arie di Rossini e di Giuseppe Verdi.