Pensieri in musica/ Virus, panico e futuro: rivoglio indietro Milano!

«Posso sentire il battito del tuo cuore, sei spaventato, sì, sì». Quando il rapper 50 Cent, al secolo Curtis James Jackson III, scrisse Psycho, brano tratto dall’album Before I self destruct (2009), cantandolo con Eminem, raccontava in modo crudo e trucido una storia di violenza («mi vedi, sono uno psicopatico, un fuori di testa, un pazzo»). Ripensavo a quei versi in metropolitana, ieri. Milano praticamente deserta, in trincea, incellofanata. Metropolitana da “crime”, poca gente, molti con le mascherine (servissero a qualcosa…), evitare contatto fisico ma anche visivo sembrava la preoccupazione maggiore. Solo che a rappare su quei beat oggi c’è MC CoronaV, al secolo Covid19, un “vairus” per dirla con il nostro Ministro degli Esteri, cattivo, pericoloso, subdolo. Uno psicopatico, un fuori di testa, un pazzo, appunto. Ok. Ma non più psico, pazzo e fuori di testa di qualsiasi altro virus “serio” … Seduto alla fermata di Moscova in attesa del mio treno riflettevo sulla carica di ansia e terrore montata nel nostro Paese in pochi giorni. Il Coronavirus, o meglio, la paura del Coronavirus, sta paralizzando anche Milano, città dagli anticorpi robusti, di gente abituata a essere realista, con i piedi per terra, a pensare prima di agire. Salvo sparute eccezioni, siamo andati in cortocircuito. Tutti siamo concentrati sul virus, accendi la tivù e c’è lui, apri un giornale, ed eccolo lì, bellino che sembra un fiore tropicale, sullo smartphone ti arrivano in tempo reale i bollettini: contagiati, morti, guariti. Quanto potremo durare così? Björk nella sua Virus (dall’album Biophilia del 2011) canta: «Busso alla tua pelle e sono dentro. Il match perfetto, io e te. Mi adatto, contagioso. Tu ti apri, mi dai il benvenuto, come una fiamma che cerca l’esplosivo, come la polvere da sparo ha bisogno di una guerra. Ti banchetto dentro, il mio ospite sei tu…».

La paura d’essere “banchettati” c’è ovviamente. Ma la voglia di vita normale, ancora di più. “Virus”, per chi ha vissuto gli anni Ottanta a Milano, era un animato e frequentato centro sociale, tempio del mondo punk nazionale e internazionale. Tempi che cambiano: ieri lo si cercava, oggi è lui a cercarti! Sempre rimanendo “in musica”, personalmente non ho nessuna intenzione di «Mangiare semi per ingannare il tempo» e assistere «alla tossicità della nostra città», per citare Serj Tankian e soci, dei System of a Down, in Toxicity. E nemmeno ridurmi a un prigioniero del Covid19: «La tua mente è solo un programma e io sono il virus. Cambierò il tuo status, aumenterò i tuoi limiti, ti trasformerò in un superdrone e tu ucciderai al mio comando e io non sarò il responsabile», gridano i Muse in Psycho, da Drones (2015). Appunto, non voglio diventare uno schiavo del piccolo, bastardo virus. Rivoglio la mia quotidianità, le quattrochiacchiere al bar, i volti di chi mi siede accanto sui mezzi pubblici, i concerti e le reunion… Altrimenti mi tocca dar ragione ad Anastasio, Rosso di Rabbia… «Panico panico, sto dando di matto. Qualcuno mi fermi. Fate presto per favore, per pietà».