Solidarietà: rockband e biciclette per aiutare i tecnici dei live

C’è una bella iniziativa che vale la pena segnalare in questo anno di crisi e di mancati concerti live. Un settore in ginocchio, ce lo siamo detti più volte, dove gli aiuti da parte dei governi sono stati da carenti a mediocri. Per cercare di aiutare chi i live li fa, al di là degli artisti, e sto parlando delle maestranze della musica, come sono intervenuto più volte in questo blog (vedi uno dei post pubblicati sull’argomento nel giugno dello scorso anno) alcuni gruppi storici, rockstar, si sono uniti in un progetto piuttosto creativo: usare le biciclette per aiutare fonici, addetti alle luci, palchisti…

I Foo Fighters di Dave Grohl, i Radiohead di Thom Yorke ed Ed O’Brian, Phoebe Bridgers, gli LCD Soundsystem, i Khruangbin, Enrique Iglesias, Nathan East (bassista che ha suonato anche nei Toto), i Dinosaur Jr,  gli inglesi Oh Wonder, gli Underworld, i Rise Against, Neko Case, la casa discografica Sub Pop Records hanno stretto un accordo con la Brompton Bicycle Ltd, produttrice delle famose (e costose) biciclette pieghevoli (quelle con le ruote piccole very London style, per intenderci), per customizzarle e poi offrirle per un’asta benefica gestita da Greenhouse Auctions per conto di Crew Nation, società per la raccolta fondi per i lavoratori della musica istituita da Live Nation, il colosso della musica live.

Il giorno dell’asta è fissato per il 28 maggio. Come si legge sul sito dedicato di Brompton, si tratta di 13 modelli unici, progettati dalle band e dagli artisti che hanno aderito. Tutte hanno chiari riferimenti ai musicisti in questione, ad esempio, per i Radiohead s’è ricorso ai lavori di Stanley Donwood, artista che ha lavorato per la band di Yorke sin dagli anni Novanta. Per i Dinosaur Jr, J Mascis, il leader della band, ha preferito puntare sul colore del gruppo, il viola, arricchito da fiori.

Un modo per aiutare – e penso, ringraziare – i tecnici che aiutano da sempre i musicisti e le band a realizzare spettacoli perfetti.

In attesa dell’anno che verrà…

Frame da “Shame Shame” dei Foo Fighters

E così siamo arrivati agli sgoccioli del 2020. Abbiamo imparato molto da quest’anno bisestile e dirimente. Mai ce lo saremmo aspettati così, lo diciamo ogni giorno. Rimpiangiamo il concetto di libertà, anche se troppo spesso sconfinava nel farsi gli affari propri, ci sentiamo prigionieri degli eventi, incatenati, seppure la catena – permettetemi la citazione d’antan da The Chain (Rumours, 1977) dei Fleetwood Mac, “Chain keep us together/Running in the shadows” – ci tiene uniti, correndo nell’ombra.

Stiamo imparando a vivere in un altro modo, inevitabile costruire il proprio mondo, confortevoli corazze che ci proteggono e ci fanno sentire più sicuri. Una delle mie è la musica. In questi mesi ho ascoltato molto, scoperto artisti e canzoni bellissime, potenti, tristi, rigorose, disegni perfetti di emozioni: le praterie del pentagramma sono infinite, la creatività degli artisti è stata stimolata dal virus, dalla crisi, dal bisogno di connessione reale e non virtuale. Temi che ricorrono, direttamente o indirettamente, in molti testi tradotti in musica, dall’hip hop al jazz, alla dance, al rock, all’elettronica. I found a reason and buried it/ Beneath the mountain of emptiness (ho trovato una ragione e l’ho sepolta/Sotto la montagna della superficialità) cantano i Foo Fighters in Shame Shame, brano tratto da Medicine At Midnight, album in uscita il prossimo 5 febbraio. Si domanda l’israeliana Noga Erez (bravissima!) nella sua You So Done: Joke, joke, did a joke you make me? What’s a queen to a joker, tell me? What’s home to a claustrophobic? What’s a sea to a dead fish? (Scherzo, scherzo, mi hai fatto uno scherzo? Cos’è una regina per un giullare, dimmi? Cos’è la casa per un claustrofobico? Cos’è un mare per un pesce morto?)…

Frame da “You So Done” di Noga Erez

A questo punto dovrei farvi gli auguri. Di cercare di migliorare, tutti insieme, questo mondo così malato. C’è un vecchio brano dei Rancid, gruppo punk rock californiano, Sick Sick World, che a un certo punto dice: It’s a Sick Sick World so what do you do kid?/Come on down, it’s your turn, yeah it’s your turn! È un mondo malato, allora cosa fai ragazzo?/Vieni giù, è il tuo turno, sì è il tuo turno! (da Rancid B Sides and C Sides 2008). 

In questi giorni, però, sono parco di auguri, mi sembrano così fuori luogo e inutili… Forse, oserei una speranza: che la scienza sia con noi! Profetizzare, anche sotto forma di augurio, non porta da nessuna parte, come sostiene Bob Dylan, in False Prophet (da Rough e Rowdy Ways): Can’t remember, when I was born/ And I forgot when I died (Non riesco a ricordare, quando sono nato/E ho dimenticato quando sono morto).

Frame da “What am I” di Jordan MacKampa

Quello che mi sento di dirvi, è che non si perda la speranza di diventare persone migliori, forgiate da perdite e dolori, da ansie e paranoie, illuminate e positive in un viaggio che, prima o poi, finirà. Jordan MacKampa nella sua What am I si pone una domanda ossessiva: So what am I, what am I, what am I/When’s there’s so much to lose now? (Dunque, cosa sono? Cosa sono? Cosa sono? Quando c’è così tanto da perdere adesso?). È una domanda a cui tutti dovremmo dare una risposta…