Tintiland. Una crasi per “la terra del Tintilia”, vitigno autoctono molisano dal quale si ricava un vino che ha il colore del rubino, ma anche i profumi e i sapori di una terra poco conosciuta. Non preoccupatevi, non sono passato al turismo enogastronomico. Ma, come spesso accade, la musica c’entra (eccome) anche qui.
Innanzitutto perché la tre giorni di Tintiland si terrà a Roma alla Casa del Jazz, ma soprattutto perché chi l’ha organizzata è la Violipiano Music (coadiuvata da Michele Macchiagodena, direttore artistico del Termoli Jazz Festival, e dall’associazione culturale Jack), impresa fondata vent’anni fa a Hong Kong da Luca Ciarla, musicista di fama, errabondo per scelta, audace nelle sue sperimentazioni musicali e tenace nel diffondere la cultura di una terra piccola ma espressiva.
Leggo il perché di Tintiland spiegato sul comunicato stampa dallo stesso Ciarla: «Siamo cittadini del mondo, soprattutto in questo periodo nel quale esserlo può significare salvarlo, il mondo. Però le radici ce le portiamo dentro, nel cuore e nella mente – e le nostre diversità generano un’enorme ricchezza, senza effetti collaterali. Tintiland nasce per promuovere una terra che sa conquistarti».
Essendo curioso di carattere e professione, l’ho contattato alla vigilia dell’inaugurazione che sarà quest’oggi.
Luca, vino rosso, Tintilia in questo caso, e musica, bell’abbinamento!
«Lo puoi combinare con tante cose buone. Parlo della mia piccola regione, la musica, il grande schermo con Molise Cinema, il Teatro del LOTO (che sta per Libero Opificio Teatrale Occidentale, a simboleggiare un crocevia di esperienze, arti, e culture, ndr) di Ferrazzano, borgo a pochi chilometri da Campobasso. Il Molise è una regione molto semplice, avrebbe bisogno di una scossa…».
Però con il vino e la tua regione hai da tempo una forte connessione. Ricordo nel lontano 2005 avevi pubblicato un disco con un trio particolare, il Luca Ciarla Wine Jazz Trio…
«Vero, tanti anni fa! L’ho costituito a Hong Kong con due straordinari musicisti, il contrabbassista canadese Sylvain Gagnon e il batterista indiano Anthony Fernandes. Con loro suonavo il pianoforte. Ho vissuto a Hong Kong per tre anni, periodo in cui ho cercato di portare la mia cultura e le mie origini anche in Asia. Hong Kong è una città particolare e straordinaria ma anche faticosa. Già allora volevo far conoscere in questo emisfero il vino e la cultura della mia regione».
Fra l’altro un bel disco… A freddo: ma qual è la tua concezione di jazz?
«Potrei definirla anomala, anche se non so se la posso chiamare così! So che gli ingredienti della musica li voglio scegliere a chilometro zero. Per me l’essere un italiano e del Sud ha una valenza. L’approccio mediterraneo nella mia musica è presente, è importante. Il violino è presente nella tradizione ebraica ma anche in quella araba. Fare musica per me è misurarmi con tutto ciò».
La passione per la musica l’hai ereditata?
«Mio bisnonno aveva un’orchestra a Bari. A sette anni vidi per la prima volta il violino e ne fui attratto, così iniziai ad andare a scuola per imparare a suonarlo. Poi è arrivato il pianoforte, anche se, più che un secondo strumento, è lo strumento per eccellenza, imprescindibile se si vuole imparare la melodica di qualsiasi strumento».
C’è da dire che il linguaggio musicale ha catturato non solo te ma anche le tue sorelle…
«Hai ragione (ride, ndr). Siamo una famiglia musicale. Mio padre strimpellava la chitarra da autodidatta, però suonava Bach, Villa Lobos, insomma se la cavava. Mia sorella Giuseppina è una bravissima arpista, vive in Florida e dal 2002 è prima arpista al Sarasota Opera, è di formazione classica ma ama il pop e il jazz. E poi c’è Alberta, che di professione è avvocato ma che ha una gran bella voce…Insomma, sono cresciuto a pane, vino e musica».
Il violino è uno strumento raro, completo e forse per questo, immobile…
«È uno strumento talmente perfetto e bello da vedersi che s’è fermato nel tempo. Non ha seguito nuove strade. Essendo sempre stato un appassionato di jazz e di musica contemporanea, ho sentito la necessità di spingerlo verso altro. Grazie alla tecnologia lo posso usare come fosse un violoncello, un basso, un raddoppio della voce…».
Proprio a TintiLand porterai questa sera alle 21 un concerto molto particolare, il solOrkestra!
«Sto facendo da tempo una sperimentazione per riuscire a diventare da solo un’intera orchestra. Non lo faccio perché è un bieco tentativo di non pagare i miei colleghi (ride e scherza, ndr) ma perché cerco di creare un percorso nuovo. Grazie a un’app sul telefono che mi permette di suonare con il corpo, ricreo suoni e percorsi melodici per me interessanti. Poi uso anche strumenti “giocattolo”, come il kazoo…Ovviamente non rinnego l’imponente storia classica del violino!».
Lo stai facendo da molto?
«Ho suonato in settanta Paesi nel mondo e in almeno cinquanta ho portato questo mio nuovo modo di intendere il violino, con un gran riscontro di pubblico e critica».
Quindi, non suonerai più con altri?
«Ma no! Suonare con altri bravi musicisti è una gioia immensa. La mia, oggi, è una ricerca di espressione».
Cosa ascolti ultimamente?
«Ascolto di tutto, perché è importante. Uno che sento sempre è il brasiliano Egberto Gismonti, secondo me un grande artista, sempre alla ricerca di nuovi confini musicali».
Prima di lasciarti, torniamo a TintiLand, qual è il senso di questa kermesse?
«Presentare cose belle, cose buone e incentivare la curiosità verso una piccola regione che, credimi, ha il suo perché. Ora sto abitando a Roma, ma da Termoli, la mia città natale, vedo le isole Tremiti, il mare, è una sensazione incredibile ogni volta che arrivo lì. E poi abbiamo anche altri personaggi da scoprire, ad esempio Jacovitti, l’autore di personaggi famosissimi, da Cocco Bill a Cip l’arcipoliziotto. I suoi diari (me li ricordo eccome!, ndr) hanno venduto più di dieci milioni di copie, un personaggio controverso, in realtà libero, che tutti volevano tirare dalla loro parte».
Chiudo con una raccomandazione: questo weekend chi si trova a Roma sa cosa fare! Alla Casa del Jazz per Luca Ciarla, questa sera, ma anche domani sera per Antonio Artese con il suo Voyage, suite per quartetto jazz con dieci sue composizioni originali e, domenica, per Francesca Tandoi Quartet, feat. Daniele Cordisco, con lo spettacolo Jac in Jazz con Stefano Sabelli (attore e fondatore del Teatro del LOTO). Musica e teatro dedicati a Jacovitti…