Quello che mi stupisce sempre dell’America, intesa come Stati Uniti, è che c’è sempre una fiammella accesa anche nei momenti più bui. E che da quella fiammella possono nascere luci, progetti, futuro. Mi ha colpito molto una serie di idee, opinioni, proposte, che il quotidiano The New York Times ha riassunto in Snap out of it, America! (tradotto, un lapidario Reagisci, America!). Nell’ultima “puntata”, a corollario dei tanti interventi che hanno coinvolto la modernizzazione del Paese, la Costituzione, la politica, la democrazia, l’educazione, l’economia, c’è stata una riflessione che ho trovato illuminante: rivedere in forma artistica e provocatoria la famosa bandiera a stelle e strisce.
Dargli nuovi significati, scomponendone i simboli. L’intento? Un Paese che accetta di rivedere il massimo dei suoi simboli, è un Paese senza paure. Potete andare a vedere tutto ciò sulla pagina dedicata del quotidiano. Per restare al gioco del NYT, possiamo cimentarci nel paragone di alcune tra le bandiere rivisitate con altrettanti musicisti, non necessariamente americani, perché il gioco del re-immaginare nuovi vessilli vale ovunque.
Alla “flag” diventata nebulosa, dello studio grafico 2×4, dove tutti i simboli e i colori sono talmente sfuocati da non percepirli più nel loro giusto posizionamento e significato, ho pensato di collegare Christian Scott aTunde Adjuah e la sua X. Adjuah (I owns the night), tratta dall’interessante Axiom (live) uscito lo scorso anno di cui vi ho già parlato qui, dove il musicista sovrappone stili e ritmi a significare l’esistenza di un’America multiculturale nella quale tutte le culture dovrebbero avere lo stesso valore e forza comunicativa.
La bandiera molto concettuale di Andrew Kuo, artista che usa il colore come arma di denuncia, fa pensare a un brano famoso di Bob Marley, Buffalo Soldier, ricordate, pubblicato come singolo e quindi nella raccolta Confrontation del 1983? Buffalo Soldier, Dreadlock Rasta/ There was a Buffalo Soldier/ In the heart of America/ Stolen from Africa, brought to America/ Fighting on arrival, fighting for survival…
Invece, quella super grafica e precisina di Natasha Jen, Michelle Ando e Veronica Höglund, di Pentagram Design, nella quale le stelle sono allineate e incastonate, una a una, nel blu, come soldatini, separate dalle strisce rosse, richiama la metrica rigorosa di un batterista prog. Per rimanere sugli ultimi dischi usciti, alla bravura dell’inglese Craig Blundell che assieme al bassista Nick Beggs e al tastierista americano Adam Holzman compongono i Trifecta, qui Auntie.
E ancora, l’intuizione di rendere la Old Glory monocroma di Na Kim, a significare che il mitico sogno americano s’è ingrigito nel tempo, rimanendo senza colore e infeltrito, mi fa venire in mente che il primo ad accorgersi della caduta dell’American Dream è stato Bruce Springsteen ben 46 anni fa, quando se ne uscì con il leggendario Born To Run.
Finisco con l’artista visuale Hank Willis Thomas: ha creato una vibrante bandiera del “vorrei” battezzata Lift Every Voice and Sing, dove la speranza di un mondo aperto e inclusivo non vuole morire, fa ricordare un disco uscito 50 anni fa, un grande disco, What’s Going On di Marvin Gaye, con l’omonimo brano: Mother, mother/ Everybody thinks we’re wrong/ Oh, but who are they to judge us/ Simply ‘cause our hair is long/ Oh, you know we’ve got to find a way/ To bring some understanding here today.
Vi invito a cercare altri artisti e a guardare questi brillanti progetti. Stuzzicare memoria e intelligenza è un gran bell’esercizio. Condivideteli con me, ne sarei felice!