Cuore in mare, l’esordio dei Megattera

Per “alleviare” questo weekend grigio e piovoso vi propongo un lavoro uscito in digitale qualche giorno fa, mentre in vinile è in circolazione da fine dicembre 2023. Il titolo è Cuore in mare e porta la firma Megattera. Artisti emergenti, nonostante facciano musica da 13 anni. Una coppia anche nella vita che ha unito la passione per le note e il canto con quella altrettanto forte – e necessaria – per il mare. «Megattera è il nostro primo progetto autorale», mi spiega Maurizio Zucchelli, chitarrista e autore delle musiche. «Un progetto fieramente indipendente», interviene  convinta Marianna Sala, cantante e autrice di tutti i testi. All’attivo hanno anni di gavetta, tra concerti per eventi, feste, celebrazioni. La produzione di musica propria è l’attività parallela che, finalmente, ha visto la luce. In quest’avventura c’è anche Raffaele “Rabbo” Scogna, producer e musicista che ha amalgamato le esigenze artistiche di Maurizio e Marianna, suonando tastiera, batteria e basso.

Il risultato è un EP di sette brani (24 minuti di ascolto), morbido, ricco di “pignolerie” stilistiche messe non per fare i primi della classe ma per rimarcare la voglia di dire qualcosa di non scontato. Per esempio, in Ginko, dove una chitarra sporcata da sfrigolii, dichiaramente blues, dà il via a un funk riassunto in un fresco giro di basso e a una voce senza sbavature. Oppure in Luna monte mare, dove l’elettronica interviene in punta di piedi e la chitarra si diletta in accordi stile bossanova. O, ancora, nell’apparentemente sconclusionata Il bar alla fine del mondo, brano che si sviluppa con repentini cambi di ritmo fino ad arrivare a un valzer che ricorda le giostrine dei luna park.

Il mare apre e chiude il lavoro, Whale e Cuore in mare iniziano entrambe con lo sciabordio delle onde sulla battigia, la prima è una dichiarazione di amore e libertà, la necessità di non avere confini, come le balene che nascono “inconsapevolmente libere”, la seconda il ribadire una scelta di vita: ma se mi cercherai e non mi troverai io sarò sempre qui con il cuore in mare…

Marianna, perché proprio le balene? «A parte il normale fascino che esercitano in generale, qualche anno fa ero in un momento un po’ buio della mia vita, bloccata, volevo scrivere ma non riuscivo. Ho fatto un viaggio nelle Egadi, ricordo che stavo meditando sugli scogli di fronte al mare e mi è venuta una frase che non sapevo ancora potesse diventare una canzone: Sono un mostro senza orecchie... Non capivo il significato, poi ho pensato a una balena. E lì è nata Whale. Nei mesi successivi, non sapendo di questo episodio perché non l’avevo raccontato a nessuno, i miei amici hanno iniziato a regalarmi riproduzioni di balene di ogni forma e tipo, oggetti, libri legati a questi cetacei. Così mi è partito il trip per le balene e ho iniziato a scrivere. È stato un incontro fortuito,  trasformato in una cosa magica che si è legata alla scrittura del progetto. Quando s’è trattato di scegliere un nome per battezzarlo è venuto spontaneo a entrambi Megattera».

Maurizio, suonate insieme da parecchio? «Da tredici anni, ci siamo conosciuti per un progetto che poi, come succede spesso, non decollò, era una band genere funk-soul-fusion. Così ci siamo detti: perché non suoniamo insieme? Un amico comune ci invitò a esibirci al suo matrimonio e da lì non abbiamo più smesso, dedicandoci a eventi, anche molto grossi, e feste di qualsiasi tipo…».

La musica è diventata, dunque, il vostro lavoro? Marianna: «Per me al cento per cento, per Maurizio ancora no…». Maurizio (scherza, ndr): «Nel senso che lavoro per hobby, il lavoro principale è la musica! Ma sì perché il demone alla quale appartengo è quello della musica. Ce l’ho sempre in testa».

In controtendenza, siete usciti prima con il vinile e poi con il supporto digitale. Perché? Marianna: «Siamo artisti indipendenti, possiamo fare quello che vogliamo! Anche decidere di partire prima con il vinile. Siamo dei Bastian contrari Ci piaceva l’idea di offrire agli ascoltatori un oggetto fisico, era una soddisfazione che ci volevamo togliere. E poi c’è un ragionamento alle spalle: sappiamo che siamo una band emergente e che il ciclo di vita della musica liquida è breve. Quindi, intanto facciamo uscire il vinile, musica fisica, poi, dopo un mese, il formato digitale. Vogliamo dare al nostro primo disco la possibilità di avere una vita più lunga».

Sono brani scritti nell’arco di un certo tempo, con la costante di continue contaminazioni… Maurizio: «A livello strumentale è il frutto del mio background, fusion, jazz, la mia passione per Pat Metheny. Infatti, all’inizio avevo scritto melodie molto jazzate. Poi, Raffaele Scogna il nostro produttore che ritengo un genio, è riuscito a limare, semplificando alcuni passaggi troppo jazz, rendendoli più fruibili e freschi». Marianna: «Il processo che ci ha portati fino a qui è frutto di anni di lavoro. Quello che è entrato nel disco è una minima parte di ciò che è stato scritto. Abbiamo selezionato brani che avessero un minimo di coerenza tra loro. Alcune cose sono arrivate prima, altre dopo, sicuramente sono il frutto dei nostri ascolti, oltre alla bossa, al funk, al jazz ci sono l’elettronica e la musica italiana cantautoriale».

Come componete? Marianna: «Parte tutto dal testo e poi arriva la musica che a volte asseconda il tema. La fortuna è stata di trovare un produttore  musicista che ci ha aiutato a dialogare tra le mie idee di scrittura e le idee melodiche di Maurizio, e a mediare tra questi nostri mondi. C’è dentro quello che siamo».

Il tuo modo di cantare è molto latin jazz. Marianna: «Me lo dicono tutti…». Maurizio: «E poi le danno anche della Casale!» Marianna: «È un gran bel complimento!».

Perché avete deciso proprio ora di pubblicare un disco dopo tanti anni di musica? Marianna: «Era tempo di chiudere un cerchio. Quello che sto scrivendo ora è diverso da ciò che avevamo fatto finora. Quindi abbiamo pensato di mettere un punto».

Diverso in che senso? Maurizio: «Vorremmo dare un’impronta un po’ più elettronica, per esempio». Marianna: «Qualcosa di elettronico è già entrato in alcuni brani dell’Ep, molto misurato, è un genere che mi affascina ma che non ci appartiene. Mi piace esplorare nuovi mondi musicali, mettermi alla prova. Il fulcro, comunque, è sempre il testo. Manteniamo la matrice soul come base per poi giocare con sonorità diverse. Amiamo le contaminazioni». Maurizio: «Già in questo disco si sentono tantissimo. Per esempio in Luna monte mare ci sono tanti elementi, la chitarra slide, echi quasi arabeggianti o indiani nel canto che ritorna; c’è un brano acustico che chiude e uno pazzo come Il Bar alla fine del mondo…».

Ma esiste davvero questo bar? Maurizio: «Sicuramente da qualche parte ci sarà!». Marianna: «In realtà è reale, il testo l’ho scritto in un bar al mare d’inverno, ed è stato quello che ha fatto scattare la scintilla: mi sono trovata da sola in questo posto con delle onde altissime di fronte a me, il cielo grigio, una tempesta… sembrava la fine del mondo. Io, al bar col mio caffè, ho pensato che dovevo fissare quel momento. È una di quelle canzoni a cui sono più affezionata per il modo di scrivere diverso, meno evocativo e più reale. Ho lottato per inserirla nel disco, Raffaele all’inizio non l’aveva capita». Maurizio: «È il nostro modo di scrivere. Spesso si parte da un testo o da un’idea sua di ritornello e insieme ricamiamo tutto il resto». Marianna: «In questo caso la parte strumentale è venuta fuori subito mentre il testo l’ho rivisto più e più volte. È pazzo ma ha il suo perché».

Cosa vi aspettate da Cuore in mare? Marianna: «Difficile dirlo. Sono partita con zero aspettative, consapevole che non ci conoscono. Solo il fatto che qualcuno lo ascolti, che persone ci scrivano per dire che è piaciuto, e che uno, addirittura, ci ha detto di aver comprato un giradischi per ascoltare il vinile, ci dà soddisfazione. La mia aspettativa maggiore è portarlo in giro, suonarlo dal vivo».

Quindi avete una promozione di live… Marianna (ride): «Stiamo facendo tutto da soli». Maurizio: «È un mondo insidioso, devi stare attento perché c’è un sacco di gente che cerca di lucrarci. Sto contattando, mandano il disco, cercando di imbastire da qui all’estate alcune date».

Vi muovete in due? Maurizio: «Il 9 marzo suoniamo a Milano in band con batterista (Dave Ceiner) e bassista (Vittorio Romano), due ragazzi molto bravi del Cpm, la scuola di musica di Franco Mussida, ma possiamo farlo anche in acustico con chitarra e voce». Marianna: «Di base è un disco scritto per questo. Però la band, ovviamente, ti dà molto di più».

A Milano dove? Marianna: «Al The Rugged Society sui Navigli, in Porta Ticinese, fanno concerti per i loro iscritti, sono appena 35 posti, atmosfera intima, come piace a noi».

Maurizio, la tua chitarra preferita? «La chitarra alla quale sono più affezionato me l’ha regalata Marianna, è una Fender Telecaster Reissue del ’52, molto bella e suona molto bene. Ultimamente sto usando tantissimo una chitarra che ho comprato per questo progetto, una Ibanez semiacustica che mi dà una soddisfazione incredibile e una Ibanez Pat Metheney giapponese del ’98, acquistata quando ero in adorazione del mitico musicista. Spesso suono anche l’acustica, una Fender e una Ibanez, molto belle. Non sono uno da tante note, ho sempre preferito un intervento melodico più che tecnico».

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