Esce oggi negli store digitali un lavoro particolarmente interessante, autoprodotto, che vi consiglio. Cinque brani per 23 minuti d’ascolto, il tempo necessario per un’artista di presentarsi al mondo. Lei si chiama Giulia Meci, è bolognese, ha una solida base di formazione, conservatorio, studi di perfezionamento sulla voce, lavoro di composizione e di arrangiamento. Il suo disco, anzi la sua «piccola creatura», come lei lo chiama, porta un titolo ricco di emozioni, ricordi, speranze e futuro, Pathway.
Sentiero. Il cammino che l’ha portata fino a qui e che la condurrà dove la musica deciderà di portarla. In Pathway c’è la gioia dell’avventurarsi tra le note della vita, la fatica, la necessità di condividere il suo procedere con altre persone, il raccontare quello che l’artista vede e canta per immagini, vedi la preziosa Landscape.
I sentieri della musica di Giulia sono mutevoli, passa da raffinati corridoi jazz (ascoltate il brano che dà il titolo all’album Pathway) alle sonorità folk (Rise) che richiamano le composizioni morbide di James Taylor fino a un riarrangiamento (unico brano non suo) di Seen scritto dal sassofonista David Binney – brano incluso nell’album The Time Verses del 2017, la voce è quella di Jen Shyu cantante e polistrumentista che ha aggiunto il testo… il solo di sax alto di Binney è mitico!
Un lavoro equilibrato scritto per quartetto, dove armonia e ritmo sono equamente divisi e determinanti. Con lei ci sono Pippi Dimonte contrabbassista lucano (ne ho parlato circa tre anni fa su questo blog, ndr), suo compagno di lavoro e di vita, Federico Occhiuzzi alla batteria e Davide Nicodemi al pianoforte. Artisti che si conoscono da tempo, che hanno sviluppato – e si sente – un buon interplay: ascoltarli dal vivo sarà molto interessante!
Quanto basta per chiamare Giulia e farci quattro chiacchiere…
Pathway è il tuo primo album?
«Da compositrice e band leader sì, ed è il mio primo disco jazz. Ho avuto altre collaborazioni come coautrice, però di musica folk/rock, con i Paolo Doesn’t Play With Us. Avevamo pubblicato due dischi, nel 2017 e nel 2020».
E la passione per il jazz?
«Sono una cantante jazz, mi sono formata al conservatorio, quindi ho fatto studi di Bel Canto con il maestro Miguel Curti che mi ha aperto la strada all’impostazione vocale belcantistica».
Oltre al tuo lavoro continui a collaborare con Pippi Dimonte?
«È il mio compagno, lavoriamo e viviamo insieme, un mondo di musica! Dopo Majara, disco che Pippi ha pubblicato nel 2020 registrato in quartetto, abbiamo dato vita a un progetto più allargato, con sette musicisti. Purtroppo, per colpa del Covid ma anche delle difficoltà di conciliare le esigenze di tutti, il progetto per ora è congelato».
Quattro brani tuoi e uno, riarrangiato, l’ultimo. Perché hai scelto di chiudere il tuo lavoro con Seen, di David Binney?
«Me lo propose un mio professore al conservatorio, l’ho cantato la prima volta e me ne sono innamorata. Così, dopo anni, ho deciso di metterlo nel disco, mi piace troppo ed è in sintonia con quello che ho scritto».
Pathway, è il titolo dell’album e anche del brano che apre il tuo lavoro. Quale sentiero indica, quello della tua vita, l’aver scelto il jazz?
«Ho voluto raccontare quello che è stato il mio percorso: ho fatto più lavori ma nella testa avevo sempre la musica, sapevo che questa sarebbe stata la mia vita».
Quindi vivi di musica…
«Sì sono otto anni che ho preso questa decisione: dedico la mia vita alla composizione, alla scrittura e all’insegnamento di canto. Vivere di musica è una scelta coraggiosa ma per me è una necessità: non sono stata io a scegliere la musica, è lei che mi ha scelto. Non è semplice, perché devi sempre metterti in gioco, rinnovarti, non aver paura di crearti nuove situazioni, nuove collaborazioni con musicisti, gruppi… Devi crederci sempre, avere fiducia in te stesso perché nessun altro puoi farlo al posto tuo».
Parlami della scansione del disco, i brani li hai composti per questo progetto?
«Alcuni li ho scritti anni fa altri recentemente. Nel momento in cui ho pensato al progetto ho scelto queste mie creature scrivendo gli arrangiamenti per renderli organici».
Il disco uscirà anche in formato fisico? Lo porterete in giro?
«Sì a breve, anche perché mi piace portare i Cd con me ai concerti. Stiamo mettendo a punto una serie di date di presentazioni stiamo chiudendo in questi giorni».
Quale strumento usi per comporre?
«I brani li scrivo tutti con la chitarra, è il primo strumento con cui mi approccio per la scrittura, un insieme di melodia e armonia. Da lì nasce una storia, e, quindi, le parole».
Il quartetto è la tua dimensione ideale?
«Per come ho impostato il lavoro di Pathway e per quelli che saranno i live mi identifico molto, si trova il giusto balance tra la ritmica e l’apertura di respiri armonici. La sessione ritmica di Pippi e Federico è molto solida, mi dà tranquillità. Il pianista, Davide Nicodemi, è un musicista molto sensibile, un compositore, scrive colonne sonore per film, un’anima molto musicale che dona un contributo importante all’interno del progetto. Mi sento supportata al cento per cento da questi fantastici musicisti».
Sul palco oltre al quartetto chi vorresti conte te?
«Se proprio devo sognare, un quartetto d’archi che ti supporta in certi momenti e un altro solista, per esempio un clarinettista o un sassofonista… sarebbe proprio il top».