Mafalda Minnozzi, la bossa, il jazz in Natural Impression

È tornato il sole e con lui quel bel cielo settembrino che concilia pensieri positivi. Sto ascoltando il nuovo lavoro di Mafalda Minnozzi, Natural Impression, disco latin jazz uscito in digitale e in formato fisico l’8 settembre scorso. Pavese,  una laurea in ingegneria informatica più un sacco di altri interessi, leggo sulla sua bio: “autrice di testi, producer, corrispondente dall’estero di programmi di Radio Rai, stilista, regista di cortometraggi, chef di cucina, personaggio televisivo”), è conosciuta in Brasile e negli Stati Uniti, oltre che qui in Italia per il suo certosino lavoro a cavallo tra tradizione e improvvisazione. Un’artista che il dio della musica ha dotato di una voce che, per tonalità e morbidezza, grazie anche a quegli accenti straordinariamente civettuoli, si presta a interpretare jazz, latin e, soprattutto, bossanova, generi che domina ormai da anni con reciproche soddisfazioni (sue e nostre!). 

Veniamo al disco: 15 brani registrati all’Acustic Recording Studio di New York arrangiati, prodotti e suonati da Paul Ricci, con cui Mafalda ha un sodalizio artistico che ha già prodotto due album, Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz nel 2020 e Cinema City – Jazz Scenes From italian Film, del 2021. 

Natural Impression è una riscrittura attenta e mai scontata di grandi classici nati dalla creatività dei tanti artisti che tra la fine dei Cinquanta e per tutti i Sessanta e i Settanta dettero vita al Rinascimento musicale brasileiro, tra questi Tom Jobim, João Gilberto, Luiz Bonfã, Ivan Lins, João Bosco, Roberto Menescal, Sérgio Valle, ma anche di altri interpreti della musica italiana e francese d’autore, vedi la bella versione di Estate di Bruno Martino e quella, lieve di Ne me quitte pas di Jacques Brel. 

Molto apprezzata, sia per l’arrangiamento di Ricci sia per la ricomposizione vocale dell’artista la versione inglese di Inutil Pasiagem (portata al successo da Tom Jobim ed Elís Regina), tradotta in Useless Landscape e diventata uno dei cavalli di battaglia della grande Ella Fitzgerald.

Decisamente uno dei brani migliori del disco, Carnival, versione inglese di Manhã de Carnaval di Luiz Bonfã, ricca e complessa con un finale scat da manuale. Manhã de Carnaval, assieme ad altri due altri brani che hanno fatto la storia della musica brasiliana – A Felicidade e O Nosso Amor – facevano parte della colonna sonora di Orfeou Negro, film nato da un’intuizione poetica di Vinicius De Moraes, diretto da Marcel Camus del 1959 che vinse la Palma d’Oro di Cannes e pure l’Oscar.

In questo avvolgente viaggio sonoro, ascoltate Coração Vagabundo, una delle pietre miliari del grande Caetano Veloso, anzi, fu la prima traccia del primo album pubblicato dall’artista baiano assieme a Gal Costa dal titolo Domingo (1967). È stato scomposto e ricomposto, la chitarra bossa di Caetano qui si estende in un complesso tappeto, un dialogo, tra voce, chitarra, contrabbasso legato da un gran lavoro di batteria. Anche l’incedere jazz di Ricci con il controcanto di Mafalda è un piccolo gioiello d’armonia.

Mafalda Minnozzi – Foto Murilo Alvesso

Altra annotazione: vale l’ascolto l’introduzione di Estate di Bruno Martino. Tra le tante versioni in circolazione, questa è davvero preziosa. Bella decisa, con una chitarra che parte con fraseggi lontani per arrivare all’armonia che conosciamo: è la voce che riconduce al tema, lavorando su contrappunti vocali, amalgamando le vivaci “fughe” di chitarra, contrabbasso, e pianoforte. Per rimanere tra i nostri autori italiani c’è anche E penso a te di Lucio Battisti (sicuramente un azzardo voluto) “sistemato” tra Dois pra lá, dois pra cá bolero di Aldir Branc portato alla notorietà da Elís Regina ed Estamos aí cantata da Leny Andrade, canzone che ribadisce il valore della bossanova come movimento musicale vivace e riconosciuto. Era il 1966, due anni prima era stato pubblicato Getz/Gilberto disco dirimente che sancì la nascita della bossa jazz. Tornando ad Estamos aí le contaminazioni jazz vivono nell’inaspettato scat di Leny. Con Mafalda il brano diventa esplicito, ricordando la forza della creatività di quei tempi magici.

A questo solido e complesso lavoro hanno partecipato nomi di grande spessore. A partire dal già citato Paul Ricci alla chitarra, Helio Alves al pianoforte, Eduardo Belo al contrabbasso, Rogerio Boccato alla batteria e percussioni e Kassin alle percussioni. A questi si sono aggiunti il mitico Roberto Menescal che duetta in Bruma e cinque ospiti d’eccezione, Don Byron al clarinetto, Doug Beavers al trombone, Joe Locke al vibrafono, Michael Wolff alle tastiere e John Patitucci al contrabbasso.

Disco da ascoltare e da tenere nella propria collezione. D’obbligo per un patito di bossa e jazz come il sottoscritto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *