NewStrikers: il jazz cantato secondo Antonio Apuzzo

I NewStrikes sono Antonio Apuzzo (al centro), Marta Colombo, Sandro Lalla, Valerio Apuzzo, Luca Bloise e Michele Villetti

Sto ascoltando l’ultimo lavoro dei NewStrikers, The Songs Album, uscito un mesetto fa anche in vinile. NewStrikers si legge Antonio Apuzzo. Vivace clarinettista e sassofonista, appassionato di poesia, un figlio, Valerio, che a 23 anni suona tromba e flicorno con lui. Insomma, una mente brillante.Antonio è l’anima di una band che – vale la pena sottolinearlo – è in totale sintonia con il “capo”. Lo si percepisce chiaramente nello scorrere degli 11 brani che compongono questo lavoro dove la voce è la protagonista. E la “star della serata” è Marta Colombo, cantante e compositrice lombarda che fa parte di questo ensemble decisamente efficace.

Un disco che apre con un blues in dieci battute basato su una cellula ritmica in 7/4, Meghiddo Blues, che fa riferimento alla città biblica della cananea teatro, per la sua posizione strategica, di molte battaglie nel corso della sua millenaria storia (il testo è della Colombo) e termina con Four Women, una sentita rivisitazione del brano di Nina Simone, dove Marta dà prova della sua voce – calda e forte – in grande feeling con la musicista afroamericana. L’originale della compositrice è uno struggente brano quasi recitato, uno spoken word che va in crescendo con un basso molto ritmico e un hammond di sottofondo con una breve improvvisazione al pianoforte. I NewStrikers la riprendono con il contrabbasso di Sandro Lalla (Autore anche di un brano, ‘O veliero blu) e la voce di Marta per aprirsi poi alla marimba di Luca Bloise, alla batteria di Michele Villetti e ai dialoghi dei fiati della Apuzzo family. Più decisa, potente, anche nelle improvvisazioni…

In mezzo ci sono nove brani alcuni tratti da Musiche Insane, album della band uscito nel 2020, e altri rivisitati di grandi artisti, Nina Simone, appunto, Ornette Coleman, la storica band prog Gentle Giant, Fred Hersch & Norma Winstone, a comporre un percorso logico seppure legato ai gusti – letterali e musicali – degli artisti in questione.

Antonio, complimenti un bell’album!
«Grazie, è nato da una mia idea ma ci tengo a riaffermare che è un lavoro di gruppo, siamo una banda a tutti gli effetti!».

Prima degli NewStrikers avevi l’Antonio Apuzzo Strike! Che si basava sugli stessi pilastri del nuovo ensemble…
«Entrambi i gruppi sono legati all’utilizzo della voce. Marta Colombo è entrata nella band nel 2018. Con gli Strike, nati nel 2014, cantava con noi Costanza Alegiani. Finita quell’esperienza, abbiamo deciso di rifondare la band con il nome di NewStrikers».

Come avete fatto durante la pandemia?
«Marta prima si spostava facilmente, da Milano ci raggiungeva a Roma. Abitiamo tutti qui, tranne Michele (Villetti,ndr) che vive a Viterbo. Durante la pandemia abbiamo fatto come tutti, scambiandoci i file».

Marta Colombo, la voce dei NewStrikers

Che tipo di jazz suonano i NewStrikers?
«Sono un gruppo di jazzisti che hanno un retroterra musicale comune, nonostante Valerio, mio figlio, abbia 23 anni e gli altri siano sulla trentina. E poi, gli unici “vecchietti” siamo Sandro (Alla, ndr) e io».

Qual è il retroterra?
«Quello che abbiamo condensato nell’album, jazz alla Coleman o alla Nina Simone, il progressive più evoluto e colto, il Blues, una spolverata di etnico. Se proprio vuoi una definizione lo chiamerei un jazz contemporaneo con riferimenti diversi, una musica ibrida. Non siamo un gruppo mainstream, ci interessa sviluppare la forma canzone, il Blues, il Jazz anni Sessanta».

Come sono nati i titoli dei brani?
«Dai testi. La voce non solo canta ma recita. Quelli originali provengono da testi scritti da noi, come Meghiddo Blues di Marta, altri da mie letture e passioni, dunque Dylan Thomas, James Joyce, Cesare Pavese, Jolanda Insana. In ‘O veliero Blu composto da Sandro Lalla, ho scritto un testo in napoletano, perché quella melodia mi ispirava Napoli».

Classica domanda: nascono prima la musica o i testi?
«Parto dai testi e poi adatto la musica. Mi piace molto leggere, soprattutto libri di poesia che preferisco alla narrativa. Ho conosciuto personalmente la Insana (poetessa e grecista, ndr) era una donna molto colta e profonda».

Degna di nota anche la cover…
«L’ha disegnata Paul Whitehead, il grande artista che ha creato molte cover di grandissime band, Genesis, Van Der Graaf Generator, delle Orme. Michele Villetti è riuscito ad avere il suo contatto. Gli ho scritto, mandato i brani e lui ha accettato. È una cover che colpisce, vero?».