Tre dischi per la settimana che verrà

La musica è un buon rifugio per allontanare la paradossale realtà in cui ci troviamo a vivere in questa parte finale del 2022. Ci siamo liberati più o meno dall’ansia Covid e anche dalla peggiore campagna elettorale di tutti i tempi. Oggi si scopriranno i vincitori, verranno fuori errori e orrori di un manipolo di politicanti sempre più lontani dalla realtà perché incapaci di ascoltare (troppa fatica, meglio sobillare).

Ritorneranno protagonisti la “guerra in Europa”, il problema energetico, le minacce nucleari… Quindi, mi rintanerò nella musica, mi immergerò in una valanga di note per ripulirmi la mente. A chi la pensasse allo stesso modo, consiglio tre dischi, tutti usciti nella seconda metà di settembre, molto diversi tra loro, ma ricchi, istrionici, destabilizzanti. Mettetevi comodi…

1 – Gogol Bordello – Solidaritine – uscita: 16 settembre

Il Gipsy Punk della band newyorkese capitanata dal baffuto ucraino Eugene Hütz ha pubblicato dopo cinque anni di silenzio Solidaritine. Ovvi i riferimenti alla guerra e alla popolazione ucraina. Ma il genere da loro inventato, così puntigliosamente caotico, porta a un’immersione nelle armonie di questa band che dagli anni Novanta ha fatto della contaminazione uno degli elementi distintivi. Chitarre distorte, violini sempre in azione, cambi improvvisi di ritmo, sonorità alla Bregović sono capisaldi del loro modo di esprimersi. Ascoltatevi Blueprint, brano cover del gruppo post-hardcore Fugazi, più morbido meno acido dell’originale ma che, in un crescendo, diventa imponente, con il violino di Sergej Rjabcev che macina note in velocità. Un sano rock venato di gipsy e di punk che non stanca né nausea, te ne berresti a litri! Take Only What You Can Carry è una canzone dedicata ai rifugiati ucraini cantata con Oleksandra Zaric’ka dei Kazka, band di Kiev. The Era of the End of the Eras è un classico brano alla Pogues, mentre The Great Hunt of Idiot Savant vede all’orizzonte i mitici Clash e Fire on Ice Floe viaggia con un gustoso reggae dominante. Quarantasette minuti di formidabile cavalcata…

2 – Verdena – Volevo Magia – uscita: 23 settembre

Atterriamo in Italia, per un atteso quanto gradito ritorno. Dopo sette anni i bergamaschi Verdena pubblicano Volevo Magia, 13 tracce dense, rock istrionico, buon rock come non si sentiva da tempo. L’album, uscito tre giorni fa, mantiene l’impronta originaria della band ma risulta più semplice all’ascolto rispetto ai due Endkadenz, come hanno ammesso gli stessi componenti, i fratelli Alberto e Luca Ferrari e Roberta Sammarelli. Chitarre distorte, voci che a tratti si perdono nella musica, parole corrosive e chitarre feroci, cambi di ritmo, è un lavoro che sicuramente non annoia, richiede ascolto per la sua complessità sonora e letterale. In questa ricetta dosata al microgrammo tra psichedelia, passaggi nu Metal, riferimenti beatlesiani vedi la seconda canzone, Paul e Linda, un blues che si evolve nei falsetti classici dei Fab Four e una chitarra distorta che “sporca” quanto basta, c’è una solida ricerca compositiva. Volevo Magia, brano che dà il titolo al disco, ti inchioda, soprattutto perché arriva dalla precedente Sui Ghiacciai (ballad che apre con una chitarra acustica pulita e tastiere oniriche), che si “innesta” nelle distorsioni distopiche alla Korn, con la voce che si opacizza e, volutamente, si perde nelle corde ringhianti. Un ottimo lavoro.

3 – Shemekia Copeland – Done Come Too Far – uscita 19 agosto 2022

La newyorkese di Harlem Shemekia Copeland, figlia del bluesman Johnny Copeland ha pubblicato questo lavoro il mese scorso. Un blues moderno ma vero, viscerale, senza ricami e merletti. Nei testi, tutti di sua produzione, racconta se stessa e le tante donne nella sua stessa situazione, e cioè quella di una afroamericana, lavoratrice e madre, come canta in Too Far To Be Gone, accompagnata dal chitarrista Sonny Landreth. The Talk, una chitarra elettrica che duetta con la sua voce limpida e potente, è il discorso di una madre al figlio: sono orgogliosa di te, ma non siamo tutti uguali, là fuori i pericoli di una sempre presente tensione razziale sono reali. Brano che vale da solo l’ascolto dell’album. Ci si diverte con Fried Catfish and Bibles mentre Fell in Love With a Honky, un country blues, racconta di una donna che s’innamora di un bianco. In Done Come Too Far l’artista duetta con un grande Cedric Burnside. L’album chiude con un blues in 12 battute da manuale: Nobody But You. Alla prossima!