Disco del Mese: P.O.C. (Proof Of Concept), Zenizen

Nelle mie escursioni lungo sentieri sonori da me poco frequentati, mi sono imbattuto in P.O.C. (Proof Of Concept), un disco molto interessante, uscito il 27 luglio, ben concepito e altrettanto ben arrangiato da Opal Hoyot – nata in Alaska, vissuta tra Australia, Las Vegas, Washington DC, Jamaica e ora di stanza a New York – con il moniker di Zenizen. C’è tanta elettronica, ma ci sono anche strumenti “analogici” che, insieme, dialogano molto bene. 

Il 29 luglio è uscito un altro lavoro sempre su questa direzione molto più contemporary jazz tendente al chillout, meritevole di ascolto: Cosmica Italiana, di Lorenzo Morresi, producer, DJ e chitarrista e Tenderlonious, moniker di Ed Cawthorne, anche lui Producer, DJ, sassofonista e flautista, fondatore del collettivo Ruby Rushton e dell’etichetta 22A Music. 

Vi consiglio di ascoltarli entrambi. Musica estiva, da tramonti e relax, che non scivola via ma incuriosisce per le soluzioni melodiche e per quel giusto compromesso tra la freddezza digitale e la carnalità analogica. 

Vorrei focalizzarmi su P.O.C. (Proof Of Concept): 12 brani per 42 minuti d’ascolto, dove l’introduzione dichiara l’intento dell’artista seguendo proprio quel Proof Of Concept, prova di fattibilità, un esercizio sulla possibilità o meno di realizzare un progetto, usato soprattutto nell’industria prima di lanciare una start up o un  prodotto da sottoporre a possibili investitori perché si convincano dell’efficacia dell’operazione.

Opal/Zenizen ha le idee chiare, fin dalla cover del disco, disegnata ovviamente da lei: noi ascoltatori siamo coloro a cui affida l’idea, ipotetici “investitori culturali” per la sua musica. Il disco in sé è già oltre una prova di principio. Si spinge su terreni che l’artista conosce bene, dove si muove con molta agilità. A partire dalla costruzione armonica. L’elettronica interviene come “mezzo necessario” per definire il progetto nella struttura, l’arredamento, invece, viene dai ricami della voce e da quella degli strumenti, siano essi un basso, un synth vecchia maniera, o un fiato.

Pop, Soul, Funk viaggiano e si intersecano con la giusta psichedelia. Il digitale e l’analogico si fondono in un dialogo continuo. La riuscita del nostro P.O.C. è scontata nelle mani di Zeninzen: c’è una sicurezza artistica ben definita e una creatività limata al millimetro. Opal flirta con generi dove, oggi, cadere nella banalità è molto facile, ma ecco sempre pronto un cambio di direzione, una trovata, l’ingresso di una tromba, l’inserimento di un coro funk anni Settanta a ribadirne la validità. La linea di basso, suonato da Jonathan Maron, bassista di Erika Badu, in How Hard la dice lunga, come pure Is It?, l’ultimo brano del disco, dove le percussioni, quelle reali, suonate da Vishal Nayak, scandiscono l’invocazione di Opal: I wanna be somebody new. O ancora in Come Around, voce gospel con un arrangiamento tra fiati, basso e voce che richiamano certe ritmiche dell’australiana Kate Miller Handke.

Disco caldo, attento, personale, decisamente in linea con la stagione. Buona estate a tutti!

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