Nuovi artisti crescono: Nanni Gaias e il virus della musica

Giovanni Gaias, 25 anni, in primo piano, e, alla chitarra, Giuseppe Spanu, 22 nella sala di registrazione a Berchidda

Avete presente quei giovani musicisti che non si fermano un secondo, vivono in un turbine onirico, una tempesta ormonale di note e arrangiamenti, famelici e onnivori, creatività a mille all’ora? Giovanni (Nanni) Gaias, 25 anni appena compiuti, un diploma a pieni voti alla Lizard Accademie Musicali di Fiesole, è proprio uno di questi.

L’ho contattato e con lui ho fatto una bella chiacchierata, una di quelle telefonate allegre e positive, perché oggi, 22 gennaio, esce per la Tǔk Music, etichetta discografica fondata da Paolo Fresu, un Ep, dal titolo T.O.T.B.  Think Outside The Box, che porta la sua firma e quella di un altro bravo e giovane chitarrista, Giuseppe Spanu, 22 anni, pure lui diplomato a pieni voti a Fiesole. Due amici da sempre, dello stesso paese, Berchiodda, in provincia di Sassari, due fratelli, come racconta lo stesso Nanni.

Paolo Fresu, nella sua costante ricerca di stimoli e suoni che fanno parte della grande casa del jazz, ha voluto inaugurare con T.O.T.B. una nuova sezione della casa discografica, la Tǔk Air, dedicata si suoni dell’elettronica, del funk e del soul. Lo stesso artista, su Facebook, annunciando l’uscita dell’album e la nuova avventura della Tǔk, ha definito quest’esperienza «una nuova follia». Una follia positiva e creativa, perché è di questo che si tratta: scommettere su giovani artisti e nuova musica, non mainstream ma di alta qualità. 

Non posso partire che da qui: la Sardegna vanta numerosi musicisti, grandi artisti. Tu e Peppe siete berchiddesi, come Paolo Fresu, non è una casualità…
«Se siamo quello siamo è perché qualcuno qui a Berchidda ha piantato un seme che sta dando i suoi frutti. Noi siamo il risultato del lavoro di Paolo Fresu, del suo modo di vivere la musica. Per noi è un esempio da seguire. E poi veniamo da un territorio che, per tradizione, è legato alla musica attraverso le bande musicali. Io ho iniziato così, da bambino, suonando a. nove anni la tromba nella banda del paese».

Poi sei passato ad altro…
«Sì, ho scoperto la batteria, il mio strumento preferito. Sono un rockettaro di formazione, ho ascoltato tanto i grandi del Rock, a partire dai Led Zeppelin. Così, passo dopo passo, sono stato catturato dalla musica. Mi piace quella non scontata, e ti confesso che ho sempre avuto una preoccupazione: fare musica di qualità. Per questo ascolto di tutto, anche la musica che non mi piace, come, ad esempio, la trap. Anzi, parto proprio da quella perché, in fondo, cercando di comprenderne i percorsi, riesco a trarre ispirazione».

Del maiale, dicevano i vecchi contadini, non si butta via niente!
«Giusto, non si scarta nulla, dipende da te, da quello che vuoi fare. Tutto può essere musica».

Torniamo alla banda e alla batteria. Suoni anche molti altri strumenti musicali…
«Dopo lo studio della tromba, che mi ha fatto entrare nel mondo della musica, a 12 anni ho scoperto la batteria e mi son detto subito: questa è la mia! Ho fondato band, suonavo rock. Poi mi sono abituato a produrre e, quindi, ho dovuto imparare a suonare altri strumenti, come la chitarra, il basso, il pianoforte, le tastiere. Da ragazzi si è spugne, è facile apprendere. Grazie all’accademia ho studiato tanto e lavorato sull’armonia e ho capito che potevo fare tutto quello che volevo senza limiti. Per me gli strumenti musicali sono il mezzo per arrivare all’anima della composizione, che è la cosa più importante della musica. Sarà per questo che mi piace scrivere, comporre, arrangiare…».

Hai suonato la batteria anche con un altro bravo musicista sardo, Francesco Piu, bluesman di fama internazionale…
«Avevo 17 anni, e con lui mi sono esibito dappertutto, ho imparato a muovermi, Francesco mi ha aperto le porte del mondo…».

E sono arrivati i primi lavori…
«Eh eh eh, ti riferisci a Nannigroove Experience Vol. 1 (qui Black Vibe, ndr)… Mi ero appassionato, contavo di fare un’altra serie di dischi così, invece mi sono fermato al primo. Sono fatto così, mi piace curiosare, sperimentare nuove cose. Vado a periodi, scrivo in base a quello che vivo, il prossimo chissà, sarà rock o jazz…».

Veniamo a Think Outside The Box, un altro genere ancora, un disco bello intenso, cinque brani dove si trova la blackmusic ma anche il Chillout, e, dunque, l’Ambient, l’Ethno…
«Con Peppe abbiamo ricavato dalla sua chitarra suoni molto “synt”, ci sono rumori, canti d’uccelli, atmosfere che mi hanno preso. Abbiamo cercato Paolo (Fresu, ndr) per farglielo ascoltare ed è piaciuto. Crediamo di aver fatto un lavoro fresco, pensato al di fuori degli schemi, appunto».

Spiegami la cover, il simbolo del lavaggio della biancheria in bacinella a 30 gradi…
«È stata un’idea di Luca De Vito, il coordinatore del progetto. Può avere varie chiavi di lettura: il lavaggio a bassa temperatura è un lavaggio fresco, come il sound che abbiamo creato. Oppure che al di fuori di quell’indicazione, non ci sono certezze… In realtà mi è piaciuta perché attira, incuriosisce».

Hai prodotto anche un video sulle note di Stream Of Affects, brano del disco…
«L’ho girato e montato io, mi affascinano anche questi aspetti. L’arte, e non solo la musica, per me è una cosa onirica».

Cosa ti aspetti dalla vita?
«Di continuare a fare sempre musica. Sono la pecora nera della famiglia: i miei da generazioni hanno un’azienda che lavora il sughero. Io ho interrotto la lunga sequenza. Loro sono felici per me, sanno che ho trovato la mia strada. Sai, dopo l’accademia, dove abbiamo vissuto in 18 tutti studenti di musica, esperienza incredibile per amicizia e creatività, sono ritornato qui in Sardegna, ho montato il mio studio di registrazione e lavoro “acca24”. Passare sotto l’etichetta di Paolo è un importante motivo di crescita. Poi, quello che mi aspetto e quello che desidero è suonare live, stare sul palco, e produrre. Insegno batteria perché è un lavoro. Ma il mio sogno è stare lì fuori. La musica è il virus più bello che possa esistere, lasciarsi contagiare, trasmettere emozioni è davvero straordinario».