Giorgia Zangrossi e il senso della parola

L’importanza della parola nella musica è uno dei temi che affronto spesso su Musicabile. Nella “forma canzone”, infatti, il testo aggiunge emozioni alla melodia, la parola stessa diventa musica. In questo – e ritorniamo sempre lì – il cantautorato anni Sessanta e Settanta ha dato esempi formidabili, vedi Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Piero Ciampi, Francesco De Gregori, solo per citarne alcuni.

In quest’estate torrida, come ho fatto alcuni giorni fa con Eugenio Rodondi, mi sono dato all’ascolto di nuovi cantautori. Artisti che mi colpiscono perché raccontano qualcosa di diverso e non banale. Il che mi fa pensare che c’è una rinascita dell’uso delle parole e della musica come impegno sociale. Posso dire: magari fosse vero?

Oggi vi voglio parlare di una cantautrice molto particolare, Giorgia Zangrossi, torinese come Eugenio, che ha pubblicato per Storie di Note, un lavoro ricco e denso, dal titolo Sono. È il suo primo disco composto, anche se in realtà, nel 2018, ne è uscito un altro a suo nome, Canzoni Addosso, un omaggio ai cantautori che le hanno catturato il cuore.

Veniamo a Sono: si tratta di sedici tracce, nelle quali la lievità della sua voce e i sapienti arrangiamenti di Gigi Marras, raccontano pensieri e storie complesse, a tratti dure. Il titolo dell’album dichiara in una sola parola le intenzioni dell’artista. Non sono chi sembro, sono chi sono, canta Giorgia nell’ultima traccia che dà il titolo al disco. Ma chi è Giorgia? «Una che dorme poco e viene assalita dai pensieri durante la notte, pensieri che si trasformano in versi», mi racconta ridendo. «Mia madre mi dice che sono sempre stata così, mai dormito molto fin da piccola…».

Pensiero Notturno è stata la canzone grazie alla quale è nato il sodalizio Zangrossi/Marras. Il polistrumentista cagliaritano ne è rimasto colpito, l’ha arrangiata e da lì, a cascata, è nato l’intero disco. Delle sedici tracce di cui vi accennavo, dieci sono frutto della creatività di Giorgia (testi e musica), quattro sono di Marras (Un sogno che non c’è, Giovani e santi, Questa sera e Un giorno lo farò), una, I nidi degli uccelli è di Paolo Capodacqua, mentre Le Parole di Milena porta il testo della scrittrice Milena Agus.

Prima di Sono hai pubblicato un disco, Canzoni Addosso, 21 brani, autoprodotto. Un omaggio al mondo dei cantautori?
«Sono i miei ascolti, la mia vita si è formata e continua a formarsi con loro».

Invece Sono?
«È nato tutto in maniera casuale. Ci sono arrivata un po’ per caso… Quattro brani me li ha regalati Gigi Marras, uno è la cover di una canzone di Paolo Capodacqua. Il resto è mio».

Oltre alla passione per il canto e la musica di cosa ti occupi?
«Sono una doppiatrice, mestiere che ho abbandonato per crescere i miei figli, il più grande ha quasi 13 anni mentre il secondo quasi 9, e che ho ripreso da poco. Ho sempre lavorato con la voce, doppiando e cantando».

Sei artisticamente “nata” sui social…
«Su Facebook ho iniziato a pubblicare video nei quali interpretavo canzoni d’autore scoprendo, giorno dopo giorno, di avere un nutrito seguito di persone a cui piaceva quello che proponevo. S’è creata una comunità che mi ha seguito e incitato a scrivere musica mia. Nel 2018, non so bene come, una notte ho messo giù un testo e, di getto, il giorno dopo l’ho messo in musica, così ha visto la luce Come Pioggia. Ne sono nate dieci, che ho pensato di contenere tutte in un disco. Non so se ho fatto bene, sono fatta così… magari sarà il mio primo e ultimo cd, poi non scriverò più (scherza, ndr)!».

E la collaborazione con Marras?
«È nata per caso. Lui ha visto un mio video su Facebook e mi ha contattata: “Se vuoi provo a farti degli arrangiamenti”, mi ha detto. Così è stato, il suo stile mi sembrava che esprimesse bene quello che volevo dire nelle canzoni. Il disco è stato un passo successivo, dopo aver conosciuto Rambaldo degli Azzoni Avogadro (il fondatore della casa discografica Storie di note, ndr): lui conosceva già Gigi, a cui aveva pubblicato un disco, ha apprezzato molto il nostro lavoro, la nostra collaborazione».

Come definisci la tua musica? C’è una bella lievità nel complesso, anche quando vengono affrontati temi piuttosto pesanti…
«Credo che questo sia merito della grande capacità musicale di Gigi Marras. Non avevo un’intenzione particolare, la mia musica nasce molto dall’istinto, c’è poco di ragionato. I testi sono tutti usciti di getto, di notte; come dice Guccini in Canzone n°2: “perché la notte vivono strani fantasmi e sogni vani”. Nella notte i pensieri vagano. Quanto alla musica, anche lì c’è molto istinto, non l’ho studiata ma ho ascoltato tanto».

Perché?
«È una fedele compagna. I miei sono stati grandi ascoltatori, mia madre soprattutto, più rock anglo-americano, mio padre, appassionato invece di cantautori. Il classico a casa mia era il risveglio del weekend con la musica a tutto volume. L’ho sempre vissuta molto come un conforto, funzione terapeutica, calmante…»

Anche il comporre canzoni ti fa questo effetto?
«Sicuramente per quelle più autobiografiche ma anche mie visioni di pensieri a cui tengo, come Nessuna Cicatrice o Canta Ancora. La musica su di me ha avuto una funzione catartica».

I tuoi figli cosa dicono?
«Mi sopportano! Il più piccolo è un fan sfegatato dei Queen, di Freddie Mercury, il più grande va sugli AC/DC, per fortuna ascoltano musica di tempo fa, visto che l’attuale, quella mainstream, non mi piace tantissimo».

È fatta per far soldi…
«Sì, l’impressione è quella. Una cosa che cerco nella musica, nelle canzoni in generale, è la verità, l’espressione reale di qualcuno che ha bisogno di dire qualcosa. Poi, può piacermi o meno. In certo mainstream si cerca qualcosa che sia ascoltabile, che arrivi facilmente…

Sa molto di usa e getta…
«Difficilmente la musica che si ascolta ora arriverà a 50, 60 anni e oltre… Non è fatta per durare. Non c’è l’esigenza di dire qualcosa di veramente importante. Tornando ai miei figli: il più grande mi dice: mamma sei molto brava ma canti canzoni tristi! Il più piccolo ascolta di più la melodia, è attento a certi passaggi, agli arrangiamenti, agli strumenti usati, al canto».

Quali sono i tuoi ascolti, oltre ai cantautori vecchia scuola?
«Ho scoperto Luigi Mariano, Fabrizio Emigli, Federico Sirianni, che ho cantato e che poi sono diventati amici. È musica attuale, scritta adesso, vera, che viene fatta per voglia, bisogno di esprimere».

Ha ragione tuo figlio sulla musica triste: è una domanda che volevo farti. C’è tristezza ma anche speranza…
«Faccio moltissima attenzione al testo, parto sempre da qui. Ho un po’ questo difetto, perché mi rendo conto che dovrei affrontare così anche la musica, dato che amplifica l’emozione del testo. Guccini è il mio vate! Lui con i testi è maestro. Un po’ lo capisco mio figlio, non credo siano canzoni tristi, piuttosto impegnative a livello emotivo. Ascoltare una mia serata richiede volontà, non è musica da sottofondo».

Stai presentando il disco?
«Sì, ma sempre da sola, voce e chitarra. Spesso quando faccio questo genere di spettacoli, a parte quelli a tema, come quello sulla violenza delle donne, inserisco l’altra parte di me, che è quella dell’attrice. Quindi lo spettacolo diventa un misto di canzoni, brani e poesie recitate».

Oltre ad ascoltare, leggi molto?
«Sì musica e lettura sono importanti. Oggi si ha sempre meno pazienza di leggere e ascoltare. È l’effetto social: ci si è disabituati a percorsi che richiedono impegno, si preferisce essere pro o contro qualcosa, scegliere che parte stare, mai approfondire… fare un discorso compiuto diventa molto difficile se non impossibile».

Da questo disco cosa ti aspetti?
«Non lo so. Ogni cosa che arriverà sarò contenta. Rambaldo ha voluto iscrivere Sono tra le “opere prime” al Tenco. Due giornalisti mi hanno contattata dicendo che avrebbero votato il mio disco perché è piaciuto molto. Per me è già una vittoria, è più di quello che io mi aspettassi. Sono felice quando le persone mi dicono che regalo loro piccole emozioni».

Portarlo in giro con un gruppo?
«Ci fosse la possibilità mi farebbe piacere, ovviamente, ma non vado a cercarmela. Sono più orientata su altre cose».

Curiosità, chi ha suonato nel disco?
«Solo Marras! Ha curato anche il mixaggio e il mastering…».

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