“La Figlia di Dio”, Rossella Seno canta la bellezza contro l’orrore

 

No. Non devo pensarti figlio di Dio
Ma figlio dell’uomo fratello anche mio…

Bisogna partire da qui per parlare del nuovo lavoro di Rossella Seno, La Figlia di Dio, prodotto dalla Azzurra Music in collaborazione con l’Associazione Culturale Disobedience. Da Fabrizio De André e dalla sua Laudate Hominem, brano contenuto ne La Buona Novella, uno dei capolavori dell’artista genovese. Prima di dedicarvi all’ascolto del disco di Rossella – che ha ripreso nei suoi 12 brani anche Si chiamava Gesù, altra meravigliosa canzone del cantautore – vi consiglio di riascoltare e, per chi non lo avesse mai fatto per questioni d’età, ascoltare, quest’album importantissimo nella storia del cantautorato italiano. Tratto dai vangeli apocrifi, è la versione del cristianesimo secondo Faber. I cori potenti, stravinskijani, di Gian Piero Reverberi, l’attenzione all’uso degli strumenti a corda e a fiato, delle percussioni quando necessarie, ne fanno per i tempi un lavoro d’avanguardia. Continua a leggere

Rossella Seno: disponibile il video di “Principessa”

Rossella Seno – Foto Carlo Bellincampi

Ritorno su un’artista di cui vi ho parlato agli inizi di gennaio. Sto parlando di Rossella Seno. Veneziana d’origine ma romana d’adozione, ha pubblicato lo scorso anno, in piena pandemia, un disco per niente banale, interessante sia per la musica sia per i testi, Pura come una Bestemmia. Da alcuni giorni è uscito il video di Principessa, brano scritto da Pino Pavone, lo storico paroliere di Piero Ciampi (artista a cui la Seno è particolarmente affezionata) e musicato da Massimo Germini, chitarrista e arrangiatore.

Il video è un racconto in forma di “comics” della vita di una bella ragazza dai capelli rossi – è la stessa Rossella – disegnato da Stefano Ripamonti e animata da Giuseppe Giannattasio. Lo script della storia è di Davide Iannuzzi.

«Principessa è un brano che mi piace molto», mi racconta Rossella. «Parla dell’invecchiare, condizione umana a cui nessuno può sottrarsi e a cui tutti dobbiamo sottometterci». La storia parte proprio a questo incipit: «Quando si è giovani si pensa di avere tanto tempo a disposizione, invece ci si accorge poi che la gioventù è un lusso».

Un chitarrista-narratore, vede le stagioni passare seduto dentro la scena, che è il palcoscenico di un teatro. Dove la bella dai capelli rossi cammina spensierata, mentre i tratti del suo viso cambiano mano a mano che il tempo ne disegna forme e pensieri. Nel palco della vita, confini brevi e orizzonti lontani, c’è posto anche per un gatto nero, a simboleggiare gli stereotipi e i pregiudizi che si incontrano inevitabilmente lungo il cammino, e un orologio che scandisce inesorabile il passare del tempo, «tema cinematograficamente ispirato alla scena dell’incubo de “Il posto delle fragole” di Ingmar Bergman», ricordano gli stessi autori.

Ultima annotazione: il palcoscenico rappresenta la storia a teatro vuoto. Un riferimento “obbligato” alla situazione attuale, un passaggio della nostra vita. Una ruga in più.

Qui il testo del brano

Amico mio volevo dirti
che la gioventù è solo un’invenzione
che va di fretta come una parola
l’invenzione svanisce poco dopo
con la tristezza diventa come il fuoco
che mi prende dalle gambe
ma allora allora sono grande
e dico grande che può dire tutto
può dire amore amato e poi distrutto
può dire che son stata alla finestra
per vedere chi passa e chi mi resta
e dove vado se tutto si trasforma
in un vortice rosso più profondo
quando comincia e quanto mi fa male
questa giornata di gelo da sputare
diventa fiume diventa indifferenza
il soffio di un randagio sulla mia testa
sulla mia testa
Pensi allora è finita non mi gira
Mi ricordo di quando stavo in fila
mi strofino sul muso di un rimpianto
senza falsi pudori come un gatto
concedo un’alleanza ai miei sospiri
e vado avanti con quello che so fare
con la pazzia di una donna del mio tempo
Amico mio volevo dirti
che la gioventù è solo un’invenzione
che va di fretta come una parola
l’invenzione svanisce poco dopo
con la tristezza diventa come il fuoco
che mi prende dalle gambe
ma allora allora sono grande
e dico grande che può dire tutto
può dire amore amato e poi distrutto
può dire che son stata alla finestra
per vedere chi passa e chi mi resta
e dove vado se tutto si trasforma
in un vortice rosso più profondo
quando comincia e quanto mi fa male
questa giornata di gelo da sputare
diventa fiume diventa indifferenza
il soffio di un randagio sulla mia testa
sulla mia testa
Pensi allora è finita non mi gira
Mi ricordo di quando stavo in fila
mi strofino sul muso di un rimpianto
senza falsi pudori come un gatto
concedo un’alleanza ai miei sospiri
e vado avanti con quello che so fare
con la pazzia di una donna del mio tempo.

Rossella Seno: le note? Un pretesto per le parole…

Rossella Seno – Foto Carlo Bellincampi

Testi e musica sono un binomio pressoché inscindibile. Il fatto che una canzone emozioni, catturi, piaccia, dipende dalla melodia, certo, ma anche dalle parole che l’accompagnano. Di questo ne avevo parlato il 21 ottobre scorso intervistando Claudio Sanfilippo.

Oggi, con il primo post del 2021, voglio ritornare sul tema. E lo faccio assieme a un’artista veneziana, dotata di una gran bella voce, una straordinaria capacità di fondere musica e teatro e un’innata propensione a schierarsi dalla parte degli ultimi, a non scegliere le vie più facili, “annusando” perennemente la strada. Lei è Rossella Seno, tipico cognome dell’isola di Burano, tiene a precisare, cresciuta a Mestre. Da anni vive a Roma.

È attrice, di cinema e televisione, ma ha trovato nella canzone d’autore e nel teatro il luogo naturale dove esprimersi. Il 31 marzo dello scorso anno, in piena pandemia, ha pubblicato un disco complesso, tagliente, ricco di spunti per riflettere, Pura come una bestemmia, un lavoro che vuole scuotere “anime e coscienze”, andare contro il perbenismo, come canta nel brano Puri come una bestemmia:

Hanno tutti il cuore puro

Puro come una bestemmia

Scagliano pietre e lanciano bengala

Mettono al rogo la madre e la bambina

Hanno un Vangelo per la cena di gala

E un kyrie eleison per la messa alla mattina

Il grano per la mietitura

Il sangue per la vendemmia

Hanno tutti il cuore puro

Puro come una bestemmia

Le atmosfere sono quelle intense e toste (ma non pallose!) del cantautorato anni Settanta, se proprio dobbiamo inquadrarla. Vengono in mente Fabrizio De André e la compagnia dei “liguri”, qualche accenno degregoriano e spunti alla Ivano Fossati – per inciso, il suo artista preferito – senza dimenticarne uno a cui Rossella è particolarmente legata, sempre per rimanere nel campo degli “irriducibili ultimi”, Piero Ciampi.

Con Ciampi c’è più di un una semplice affezione, come vedremo… Con lei, in questa avventura, Massimo Germini, chitarrista e compositore, noto per la sua lunga collaborazione con Roberto Vecchioni, Pino Pavone, che ha firmato gran parte della discografia di Piero Ciampi, Piero Pintucci, storico autore per Renato Zero, il poeta Michele Caccamo, i musicisti Matteo Passante e Lino Rufo e poi Federico Sirianni…

Rossella, parlando di te ti definisci una cantattrice, non è una semplice crasi…
«È il modo di concepire il mio lavoro. Uso il canto per trasmettere quello che sento e che ho l’esigenza di raccontare e rappresentare. Per questo è importante il testo, la musica sono io, quello che sento. Sono una persona riflessiva, sai, noi del segno del Cancro stiamo sempre a rimuginare sull’insostenibile pesantezza dell’essere, che tiro fuori con la musica…».

Il testo prevale sulla musica?
«La nota è un pretesto per appropriarmi della parola. In Pura come una bestemmia ho chiesto a Massimo Germini, che ha curato la parte musicale, di non avere né batteria né effetti, né elettronica. Nessun suono invadente che potesse distrarre».

La musica in secondo piano?
«No affatto, per me, però, è più importante il messaggio che voglio portare attraverso un brano. Amo la musica. A casa ho un pianoforte, tre chitarre e un contrabbasso che ho battezzato Filippo. È con loro che ho passato il mio lockdown!».

Rosssella Seno – Foto Carlo Bellincampi

Veniamo a Pura: un disco complesso, provocatorio, a partire dalla cover dove tu sei a seno nudo crocefissa…
«Il titolo dell’album non è opera mia, ma di Giuseppe De Grassi (giornalista, storico della canzone, scrittore, produttore discografico, ndr), un “ciampiano”, doveva fare uno spettacolo che non ha più realizzato. Mi ha donato il titolo. Che ho usato tre anni fa per portare in scena con Lino e Yuki Rufo uno spettacolo con tematiche sociali. Poi, da quell’esperienza è nata l’idea di un disco che parlasse degli ultimi…».

Atti d’amore e di orrore…
«Sì, e proprio questo la cover disegnata dallo street Artist Moby Dick (Marco Tarascio, ndr), voleva significare: una denuncia verso una società capitalista che ha messo in croce il mondo. La mia figura a seno nudo non rappresenta solo la donna, così maltrattata, ma l’essere umano e la Natura stessa. La croce è piantata su un mare di rifiuti, sacrificati nel nome del dio denaro. Dietro a me c’è Cristo… nemmeno lui è riuscito a salvarci».

Sei stata criticata per questa cover.
«Nella versione digitale dell’album il seno è stato tagliato. È difficile da comprendere, non è stata una censura per blasfemia, ma per quel seno nudo… ancora oggi un seno nudo femminile è tabù, e intanto siamo circondati dalla pornografia…».

Per i testi hai scelto gli autori con certosina pazienza e conoscenza. A partire da Mare Nostro, preghiera laica scritta da Erri De Luca, giusto per calibrare il senso del lavoro: “Mare nostro che non sei nei cieli, ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste…”.
«Ho scelto di partire con la preghiera di De Luca per parlare dei migranti. Poi segue l’unica canzone già scritta e pubblicata dell’album, Ascoltami o Signore, di Federico Sirianni (dall’album Il Santo, 2017, ndr). Un percorso di 13 brani che finisce con Puri come una Bestemmia, che dovrebbe far riflettere su tutto quanto ascoltato prima».

Lo so che non sono affari miei, ma tu credi in Dio?
«Con lui ho un rapporto molto strano, mi incazzo molto, lo sfido di continuo: “scendi e parliamone”. Mi piace però pensare che c’è qualcuno, una speranza per l’umanità. Come diceva Giorgio Caproni, “Non si prega Dio perché esiste, ma perché esista”…».

Rossella Seno – Foto Carlo Bellincampi

C’è anche una canzone dedicata a Stefano Cucchi, Gli occhi di Stefano, una poesia di Edoardo Sanguineti, La ballata delle donne, e un brano Luna su di me, per gli orsi tibetani, costretti a vivere in gabbie anguste perché viene prelevata loro la bile usata nella medicina tradizionale asiatica…E poi una canzone dedicata a Simona Kossak, la zoologa polacca che scelse di vivere in mezzo alla foresta di Bialowieza tra gli animali, senza elettricità né acqua corrente…».
«Non sono mai stata attratta dai vincenti, da quello che per riuscire nella vita ti truffa, che non guarda in faccia nessuno. Agli inviti negli yacht preferisco le spiaggette deserte. Quello è il mio mondo. E poi, chi ha problemi ha molto più da raccontarti».

E arriviamo a Piero Ciampi. Cosa ti ha attratto di lui, del suo lavoro? Nel 2008 hai pubblicato un EP con quattro suoi brani, E il tempo se ne va… Ciampi non era certo una persona dal carattere facile
«Piero non l’ho cercato io. Stavo lavorando a un progetto su Milly, Carla Mignone, e mi è stato proposto un ruolo come attrice nel docufilm su Piero Ciampi (Adius, Piero Ciampi e altre storie di Ezio Alovisi, ndr). Sono stata portata nel mondo di Piero e sono stata adottata da i suoi amici, con cui collaboro ancora oggi, come una figlia. Piero era un uomo senza compromessi, estremamente vero e sincero, il poeta della realtà. L’eredità di Piero Ciampi è quanto mai attuale. Vorrei riprendere altri suoi brani praticamente inediti, bellissimi. Oggi tutto è al servizio del nostro ego, dell’apparire. Hai visto la fila alla Lidl per comprasi quelle orribili scarpe diventate tendenza? Tutti omologati. Non capisco queste cose e a un certo punto ti viene da deporre le armi…».

Per questo che, in Puri come una Bestemmia, canti: E se per strada non c’è amore o poesia/ e non c’è spirito che sciolga i cuori/è meglio starsene in retrovia in attesa di tempi migliori». Se non ci fosse stato il Covid avresti già portato in teatro il tuo disco…
«Lo spettacolo è pronto: sul palco solo una violinista coreana, un chitarrista e io, le canzoni e un video della Fidu, la Federazione Italiana Diritti Umani. Spero di portarlo in giro quest’anno. E poi sono stata chiamata per un nuovo progetto, ma è ancora presto per parlarne. È la vita che fa… Vediamo che cosa mi propone, soprattutto ora che è tutto relativo…».