Il 30 luglio scorso è uscito un album che racconta la storia di una certa musica brasiliana, quella che ha percorso il Novecento e si è spinta nel nuovo Millennio, autorale, sociale, impegnata. Già questo attirava la mia curiosità, non si finisce mai di imparare e ascoltare! Il fatto che lo abbia realizzato una delle voci più belle e potenti del paese sudamericano, quella di Maria Bethânia, 75 anni, sorella di Caetano Veloso, bahiana doc, ha rotto tutti gli indugi.
Maria Bethânia la ascolto ormai da quasi quarant’anni. Mi ha sempre attratto quella voce bella, cristallina e potente, a tratti baritonali. Una voce unica nel suo timbro, riconoscibile tra mille. Il disco lo ha chiamato Noturno, con evidenti richiami alla situazione buia di questi quasi due anni di Covid, la pausa forzata, il mancato contatto con il pubblico. Canzoni scelte e registrate con tutte le solite difficoltà che ormai ben conosciamo. Tristeza, per dirla alla brasiliana, ma anche Saudade, atmosfera, l’uso sapiente del pianoforte o della chitarra classica e a sette corde, come unico accompagnamento prevalente a quella voce che ti ipnotizza.
La canzone che apre Noturno, Bar da Noite, composta da Bidu Reis e Haroldo Barbosa nel 1953, la canta accompagnata al piano da Zé Manoel, quarantenne artista pernambucano: Garçom, apague esta luz/ Que eu quero ficar sozinha/ Garçom, me deixe comigo/ Que a mágoa que eu tenho é minha. Zé accompagna Bethânia anche in Flor Encarnada, brano di Adriana Calcanhotto.
Della cantautrice di Porto Alegre, Bethânia ha preso anche un altro brano, Dois de Junho, scritto dalla Calcanhotto d’impulso dopo il grave fatto di cronaca accaduto a Recife durante la pandemia: un bimbo di cinque anni, Miguel, che la madre, collaboratrice domestica, aveva portato con sé al lavoro, cade dal nono piano di un palazzo. La padrona di casa aveva costretto la madre a portare fuori il cane, assicurando che avrebbe guardato lei il bambino… No país negro e racista/ No coração da América Latina/ Na cidade do Recife/ Terça feira 2 de junho de dois mil e vinte/ Vinte e nove graus Celsius, Céu claro…Più che una canzone, è una cronaca narrata con una voce incredibilmente ferma che diventa lamento straziante…
Pathos ma anche piacere di cantare un brano scritto dal nipote Zeca Veloso, figlio di Caetano, O Sopro do Fole, dall’impronta tipicamente pernambucana, con la fisarmonica suonata da Toninho Ferragutti. Bethânia ha preso anche un brano molto intenso del paraibano Chico César, scrittore, compositore, giornalista, Luminosidade. Non manca un samba scritto da Xandé de Pilares, Cria de Comunidade, cantato con lo stesso sambista carioca. Si chiude con una poesia. Solo voce, niente musica, Uma Pequena Luz (Poema. Fragmentos), dal poema del lisboeta Jorge Sena.
Insomma, Noturno è un concentrato di buona musica e cultura. Un racconto fatto di poesia, dramma, ricordi della propria terra natia, Bahia, con omaggio anche agli altri artisti e autori nordestini. Noterete la cover dell’album, parca a dir poco. Essenziale, come ha fatto notare la stessa Maria Bethânia, consapevole del momento: bianca con il titolo del disco e la sua firma. Basta questo per un’artista che ha disegnato la canzone d’autore brasiliana.