C’è un collegamento tra musica e respiro? Me lo sono domandato in questi giorni, dopo aver letto il nuovo libro del mio amico Mike Maric, Il Potere Antistress del Respiro (Vallardi, 218 pag, 16,90 euro). Conoscendo Mike, 46 anni, la sua pignoleria, la sua passione per la scienza e il suo curriculum come medico legale specializzato in ortognatodonzia con master in Identificazione Forense, docente universitario, divulgatore (il suo precedente libro, La scienza del Respiro, ha vinto nel 2018 il primo premio nella sezione tecnica del concorso letterario Coni), senza dimenticare le prestazioni sportive, è ex-campione del mondo di apnea, ho deciso di chiamarlo e fare quattro chiacchiere in proposito.
Mike, andiamo subito al punto: c’è una connessione tra ascoltare buona musica e respirare bene?
«La musica è vita e arte, un connubio perfetto. È forza vitale, dà modo a ognuno di esprimersi e a chi la ascolta, di ritrovarsi. Per questo nel mondo dello sport è considerata da anni una forma di doping. Sulla musica e le influenze sugli atleti ci hanno lavorato e lavorano scienziati ed esperti. In alcune discipline è vietata durante le competizioni a causa degli effetti rivitalizzanti che aiutano a migliorare la prestazione».
È un doping innocuo, però, diciamo “bio”. Nella maratona di New York, infatti, gli atleti in gara non possono correre con le cuffie dal 2007…
«Appunto. La musica aumenta la concentrazione e dà energia. Il runner amatore evoluto che non vuole distrarsi perché deve raggiungere determinati obiettivi, o perché non vuole chiacchierare mentre corre poiché in questo modo accelera l’affanno, usa la musica in cuffia per isolarsi. Meno senti il respiro, più vai avanti».
Dipende dalla playlist che decidi di preparare per la tua corsa. Ci sono runner che scelgono la musica in base all’allenamento che devono fare: il ritmo è connesso ai bpm…
«Dipende come sempre dal tuo obiettivo, ma anche dal tuo stato d’animo. Se hai bisogno di un brano rivitalizzante propenderai, per puro esempio, ad ascoltare la Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner o qualche brano rock sostenuto…E poi, credo che chiunque, dalla corsa alla palestra, dal nuoto alla bicicletta si sia messo in cuffia le musiche di Rocky Balboa, motivazionali e perfette per un allenamento intensivo. Quando mi allenavo per l’apnea usavo la musica per concentrarmi. In gara non lo puoi fare, ma ti assicuro che musica e concentrazione per me erano essenziali».
Dunque per tornare al motivo della nostra chiacchierata, la musica c’entra, eccome, con il respirare bene…
«Posso dirti che una determinata tipologia di musica aiuta, ha un effetto mentale. Da un’onda beta, per esempio di pensieri continui e costanti, che possono generare preoccupazione o stress, ascoltando un brano che ti piace particolarmente, si passa a un’onda di tipo Alfa o Theta, cioè a un processo di rilassamento con conseguente benessere. Quando cambiano le onde cambia anche il respiro. In ogni situazione in cui possiamo trovarci, forte stress, emozione, paura, benessere la prima cosa che cambia in noi è proprio il respiro. Saperlo controllare è fondamentale. Quindi, tornando alla musica, se sei preoccupato, oppure durante il lavoro raggiungi una fase di stallo dove ti sembra di non avere più idee, devi agire sul respiro, che aiuterà la mente. Mettere una canzone che ti piace, dopo aver assunto una posizione di rilassamento, sdraiato, equivale a fare una meditazione di pochi minuti. Il tuo respiro si regola, ti rilassi, ti concentri e sei di nuovo pronto ad affrontare il tuo lavoro con rinnovata energia».
Perché si altera il respiro?
«A livello fisiologico, il respiro detta il ritmo del cuore. A livello emozionale, un evento cambia la respirazione, che a sua volta cambia anche il ritmo cardiaco, quindi incide sul cervello. È una catena di eventi, prevedibili se ci si è abituati ad allenare il respiro con la tecnica che ho messo a punto, il motivo del libro che ho appena pubblicato. Non dico cose nuove, questa filosofia esiste da millenni. In Oriente l’esercizio diaframmatico, il respiro come atto di concentrazione, o come rilassamento per una meditazione efficace, viene insegnato ai bimbi sin da piccoli. Fa parte della cultura».
Il respiro non ha a che fare solo con la concentrazione…
«Per stare bene non devi solo imparare a respirare, devi anche cercare un percorso di benessere generale che ho identificato in quattro aree: Breathness, la gestione del respiro, Mindness, il lavoro mentale come metodo di rigenerazione, Foodness, tenere un’alimentazione corretta, Bewaterness, fare attività fisica in acqua o sulla terra. Lavorando su queste quattro macro-aree si acquista benessere fisico e mentale, insomma, si vive sicuramente meglio, più felici, disponibili, efficienti».
Torniamo alla musica, alla tua musica…
«Ascolto di tutto, dagli AC/DC al rap. Mi piacciono la Mannoia, Guccini, i Queen, Ramazzotti… Sono curioso, aperto ai generi più diversi…».
Ma…
«Ma ho un debole da sempre per la musica degli anni Cinquanta, per il rock’n’roll e il suo re, Elvis Presley. Mi sono affezionato quando ero adolescente. Sono cresciuto a Happy Days e Grease… Adoravo mettere le 100 lire nel juke box, in quel periodo da ragazzetti ci si sentiva tutti Fonzie. Quel mondo era il sogno americano, quelle lunghe macchine, le pubblicità in televisione avevano come colonna sonora le musiche dei Platters, di Presley. Ricordo che mi venne regalato un cd e mi innamorai di una canzone di Elvis, Are You Lonesome Tonight. Elvis mi piace perché ha spaziato in vari generi e anche per la grande capacità di evoluzione nella sua vita. Poi è finita male ma… Uno dei miei tatuaggi raffigura Elvis. Quando mi sono laureato, a 23 anni, dai miei mi sono fatto regalare un viaggio a Memphis. Non sono un fanatico, semmai un cultore. Ho tantissimi vinili originali, e anche Cd, per puro spirito collezionistico. Il vinile mi piace perché ti prepara all’ascolto, c’è un rituale da rispettare, lo togli dalla busta, lo pulisci, lo metti sul piatto e, infine, sei pronto ad ascoltare, a emozionarti, rilassarti».