Consoli, Salmaso, Shankar, identità in movimento: quando la musica diventa casa oltre i confini

C’è un fil rouge che unisce tre lavori pubblicati nel corso di quest’anno. Uno, uscito settimana scorsa, Amuri Luci di Carmen Consoli, l’altro, Minha Casa di Mônica Salmaso il 2 settembre e Chpater III: We Return To Light di Anoushka Shankar, il 14 marzo. Ve li propongo perché, oltre a essere tutti e tre notevoli per qualità, progetto e indiscussa bravura delle artiste in questione, tracciano un sentiero di resilienza, e innovazione che attraversa il nostro pianeta, dal’Italia, al Brasile all’India. 

Non è affatto banale che tre artiste così diverse trovino terra di dialogo nei concetti di identità culturale radicata, ibridazione estetica, narrazione ciclica e richiamo a un ascolto profondo e consapevole. In tutti e tre i casi la “tradizione popolare” non è rivendicata come mera appartenenza, ma materia viva, pulsante, che deve percorrere il presente. 

Ciascuna ha proposto un progetto ampio (per Shankar la trilogia con il terzo capitolo conclusivo; per Consoli la trilogia che si avvia con Amuri Luci; per Salmaso, il progetto concertistico che trasforma un format di duetti “creati in casa” in live) con l’esigenza di segnare un percorso di speranza e saggia provocazione in un momento di grandi incertezze, tensioni, povertà culturale e mancanza di ricordo.

1 – Amuri Luci – Carmen Consoli – uscita 3 ottobre 2025

Carmen Consoli con Amuri Luci apre un trittico pensato per esplorare le diverse anime della sua musica e del suo percorso artistico (gli altri due capitoli indagheranno la sua anima rock e quella più intima e cantautorale). Qui sceglie il dialetto siciliano come corpo vivo del suono e della parola. Non si tratta di un’operazione nostalgica, piuttosto di un profondo gesto politico e culturale. È un disco che nasce dentro le mura di casa, registrato in presa diretta, con la “complicità” di una chitarra ottocentesca appartenuta alla sua famiglia. Da questa intimità sgorga un linguaggio collettivo: undici brani per 41 minuti d’ascolto, che non sono solo semplici canzoni, ma atti rituali, evocazioni di un Mediterraneo che non ha mai conosciuto confini. La struttura è pensata come un arco narrativo che intreccia mito e contemporaneità. Bonsai #3 e Γαλάτεια (Galáteia) riportano in vita Ovidio e Teocrito, il mito di Polifemo e Galatea trasformato in allegoria della fragilità umana. La terra di Hamdis, con un feauturing azzeccassimo di Mahmood, rievoca la voce dell’esule arabo-siculo Ibn Ḥamdīs, un canto di diaspora che dialoga con il nostro presente di migrazioni e spaesamenti. Parru cu tia, brano costruito sul testo del poeta Ignazio Buttitta, si fa canto civile e invettiva (giusta la partecipazione di Jovanotti). Un album che respira musica popolare a pieni polmoni, chitarre classiche, percussioni asciutte, arrangiamenti essenziali ma potenti. Nulla è lasciato al caso, la ruvidezza è cercata, dietro un’apparente semplicità c’è grande tecnica d’esecuzione nella musica come nel canto. Un disco emozionante, pieno, maturo.

2 – Minha Casa – Mônica Salmaso – uscita 2 settembre 2025

Pubblicato per Biscoito Fino il 2 settembre scorso, Minha Casa non è soltanto un album dal vivo, ma un atto di riconoscenza, un abbraccio che la 54enne cantante paulistana restituisce al suo pubblico dopo il lungo silenzio forzato della pandemia. Registrato al Sesc Palladium di Belo Horizonte (Minas Gerais) con una formazione che intreccia timbri caldi e trasparenti (fiati e flauti di Teco Cardoso, pianoforte di Tiago Costa, viola caipira e contrabbasso di Neymar Dias, fisarmonica di Lulinha Alencar, percussioni di Ari Colares, batteria di Ricardo Mosca) il disco mette in scena ventuno brani in ottantuno minuti, un concerto pensato per essere percorso e non consumato in fretta. Il titolo dice già tutto: la casa non come rifugio privato, ma come spazio condiviso, fatto di memorie, affetti e radici. Salmaso parte dal progetto Ô de Casas, i 175 duetti realizzati durante il lockdown, e lo trasforma in rito collettivo: qui le voci del Brasile, quelle celebri e quelle intime, diventano patrimonio vivo. Così Aparição do Gonzaga porta al suo interno il popolo Nordestino di Luiz Gonzaga, Moro na Roça e la viola caipira aprono la finestra sul mondo rurale paulista, Mortal Loucura fonde poesia barocca e minimalismo contemporaneo, la bellissima Quebra-Mar di Dori Caymmi riporta al respiro dell’oceano. La Salmaso ha trovato un filo che unisce Chico Buarque, Guinga, Vinícius, Wisnik e Tom Zé. Non si tratta di semplice nostalgia, ma affermazione che la canzone popolare è ancora un corpo vivo, pronto a rinnovarsi nell’istante in cui viene riproposto. Un disco che non teme la lentezza, nutre l’anima e diventa davvero “casa”.

3 – Chapter III: We Return To Light – Anoushka Shankar – uscita 14 marzo 2025

L’artista angloindiana sorella di Norah Jones con Chapter III: We Return to Light chiude un percorso cominciato nell’intimità domestica e terminato nell’abbraccio di una comunità sonora che dialoga con il mondo. Pubblicato il 14 marzo 2025 per l’etichetta berlinese Leiter, segue Chapter I: Forever, For Now (2023) e Chapter II: How Dark It Is Before Dawn (2023). Tutti e tre sono degli Ep, una trilogia concepita come diario spirituale e politico: dal raccoglimento di poche note nella penombra domestica, alla notte densa di timbri e riverberi che alludeva all’incertezza del presente, fino al ritorno alla luce di questo ultimo episodio. Al suo fianco Anoushka ha voluto due compagni di peso. Alam Khan, figlio del leggendario Ali Akbar Khan, al sarod, e Sarathy Korwar, alle percussioni e sound design. Il padre di Anoushka, Ravi Shankar, e Ali Akbar Khan hanno condiviso palchi e dischi, segnando la storia della musica indiana nel Novecento. Quella fratellanza artistica rivive oggi nelle mani dei figli, che hanno trasformato l’eredità in un linguaggio nuovo, capace di parlare alle generazioni della diaspora e a chiunque cerchi nella musica un luogo di appartenenza. Il lavoro si apre con Daybreak, un bordone caldo, costante e il sitar che “canta” come una voce, un raga mattutino che ben dispone. Hiraeth racconta la nostalgia di una casa lontana, mentre con Dancing on Scorched Earth e We Burn So Brightly il ritmo si accende: Korwar intreccia poliritmie che spezzano la linearità e Alam Khan colora di toni cupi il dialogo con il sitar. In alcuni punti si avvertono forti assonanze techno. Amrita distende il respiro. Chiude We Return to Love, finale che suona come un mantra collettivo.