Tre autori da ascoltare: Andrea Superstein, Lemò, Ney Matogrosso & Hecto

Ci sono tre album che desidero consigliarvi, due sono usciti lo scorso anno, uno invece ha appena visto la luce. Sono molto diversi tra loro, per genere musicale e stile di autori. Ed è proprio questo ciò che mi piace della musica, trovare e proporre nuovi lavori che possano ancora emozionare. Il primo disco di cui vi parlerò è uscito quasi un anno fa. È di una compositrice e cantante jazz di Vancouver, Andrea Superstein, e porta il nome di Oh Mother. Un intero lavoro  dedicato al ruolo della madre, a come conciliare lavoro e affetti. Il secondo è di un cantautore di cui vi avevo già parlato nel dicembre del 2023: lui si chiama Lemò, l’Ep, Le strade di Merida, che fa seguito all’uscita del primo album, Chi l’avrebbe mai detto?; mentre la terza proposta, fresca di uscita, viene dal mio amato Brasile e da un artista gigantesco che ha contribuito a fare la storia della musica del Gigante Sudamericano, Ney Matogrosso, per l’occasione insieme con gli Hecto, duo formatosi a Rio de Janeiro composto dal polistrumentista Guilherme Gê e dal chitarrista Marcelo Lader. Il titolo del disco è schietto: Canções para um novo Mundo

1 – Oh Mother – Andrea Superstein – pubblicazione 09/02/2024
Andrea Superstein è una cantante e compositrice canadese votata al jazz. Con il suo quartetto composto, oltre a lei, da Elizabeth Shepherd alle tastiere, Michael Herring al basso e ad Adam Warner alla batteria, ha pubblicato un lavoro composto da undici brani per 38 minuti di ascolto incentrato sulla genitorialità al femminile. Come lei stessa ha spiegato, «Oh Mother è il risultato delle mie conversazioni con quasi 100 madri sulla loro esperienza personale. Mette in luce le storie nascoste, ma molto reali, che le madri devono affrontare e il profondo impatto che la maternità ha sulle nostre vite». Un disco che è diventato una pièce teatrale, dove Andrea canta e racconta di quei colloqui avuti con quelle donne, madri e lavoratrici. Una voce forte, profondamente jazz ma che passa tranquillamente ad ambienti pop e blues conduce l’ascoltatore in questo viaggio sonoro arricchito da riflessioni, gestualità, passioni su cosa significhi diventare madre. Per farlo ha introdotto un coro di bimbi e persino il battito del cuore del feto, trasmesso dall’ecografo. Si passa da una chitarra bossa in Lay Your Head Down a Mombo, un mambo, scherzoso gioco di parole che lei evidenzia nella prima strofa: Called the mombo/ This little game we try to play/ It’s called the mombo/ It’s the dance we do each day/ When stakes are high and the chips they start to fall/ Can the modern woman really claim to have it all?/ Brush your teeth, comb your hair/ Wash your face, running late/ I love you/ Bills are paid, bed is made/ Clean your room, where’s my phone?/ I love you. E ancora, da The Heart Inside, dove un piano Rhodes apre a un gran lavoro della sezione ritmica e a quella  tromba evocativa suonata da Rachel Therrien, accompagnata dal coro di bambini, fino a So In Love, rivisitazione da manuale del brano di Cole Porter cantato da Ella Fitzgerald. L’ho ascoltato – colpevolmente – a quasi una anno dall’uscita, non potevo non proporvelo.  

2 – Le strade a Merida – Lemò – pubblicazione 18/10/2024
Lemò è una vecchia conoscenza di Musicabile. Dietro al nome d’arte, una rivisitazione del termine francese Les Mots, le parole, c’è Claudio Paris, magistrato di stanza a Bologna, tarantino di nascita. Dopo il primo disco Chi l’avrebbe mai detto?, qui la sua intervista, pubblicato nel novembre del 2023, ritorna con un album ispirato a un soggiorno in Messico. Mi spiega: «È stato un viaggio che ho avuto la fortuna di fare una decina di anni fa e che mi è rimasto nel cuore. Lì sono state scritte e ultimate alcune canzoni come Magari arrivasse il vento, che ho dedicato a Merida, capitale dello Yucatan». Nel percorso di questo Ep di sei brani per 26 minuti d’ascolto,  ci sono altri temi, che riconducono sempre all’amore declinato come entità superiore a cui l’essere umano dovrebbe ispirarsi. «Ci sono canzoni dove affronto temi più a sfondo sociale e universale come Se ogni cielo fosse uguale che parla della guerra come atto insensato e crudele, anche se ci sono riferimenti a conflitti in corso, strumento di risoluzione frutto delle incomunicabilità tra popoli». È una canzone di 5 minuti e 11 secondi, dalle sonorità di una ballad americana: Ma se il mio cielo fosse uguale/ Se ogni cielo fosse uguale/ Anziché mine avremo imparato dal pane/ anziché spine alla pazienza del pane, canta Claudio. C’è spazio anche per una riflessione su Taranto la sua città natale in Devo prendere un treno: Devo prendere un treno, andare via lontano, /la situazione peggiora, può sfuggirmi di mano /e poi va a finire che ti assumono all’Ilva /e chi mai più di salva, devo proprio partire… Un lavoro che vale l’ascolto e che riporta ad atmosfere cantautorali d’altri tempi. 

3 – Canções para um novo Mundo – Ney Matogrosso & Hecto – pubblicazione 10/01/2025
Ney Matogrosso, che il prossimo primo di agosto compirà 84 anni, è uno dei pilastri della Musica Popular Brasileira. L’uomo gentile, dotato di una estensione vocale incredibile, famoso per i suoi travestimenti istrionici che esibiva negli show disorientando il regime militare di allora, non smette di rimettersi in gioco. Alla sua età la voce da controtenore è sempre potente, come la voglia di denunciare un mondo ingiusto e scelte culturali soffocanti. La prova è questo album uscito da pochi giorni, registrato con un duo rock di nuova generazione, gli Hecto: nove canzoni per 29 minuti di ascolto, dense, provocatorie, disincantate. I testi sono opera del cantante e polistrumentista Guilherme Gê, degli Hecto con interventi di Paulo Sérgio Valle, Mauro Santa Cecília, Déa Moura e Sérgio Britto dei Titãs. Sembra di essere tornati al punk rock degli anni Ottanta, quello dei Plebe Rude di Até Quando Esperar (band nata a Brasília nel 1981, capitanata da Philippe Seabra). Il rock è quello duro, di protesta, chitarre distorte, assoli che gridano, basso a martello, batteria mai scarica. Si parte forte con Pátria Gentil (la batteria la suona Will Calhoun dei Living Colour) e un elenco provocatorio, come se ci si trovasse al telefono con una segreteria digitale. Canta Ney: digite 1 para famintos, 2 para sem tetos, 3 para mendigos, 4 para analfabetos… (digita 1 per gli affamati, 2 per i senzatetto, 3 per i mendicanti, 4 per gli analfabeti). L’album, prodotto dallo stesso Gê, vede la partecipazione, oltre che di Calhoun, anche di due grandi artisti brasiliani, Roberto Frejat dei Barão Vermelho in Solaris, e Ana Canãs in O Amor Vem Antes De Tudo. L’album chiude con la sostanziosa Monólogo, canzone tratta da una poesia di Paulo Sérgio Valle musicata da Gê e Sérgio Britto. Canções para um novo Mundo è un disco riuscito, vigoroso, suonato e cantato in maniera ineccepibile. Ce ne fossero di dischi Made in Brazil così!