Simona Molinari al Blue Note con… Mercedes Sosa

Simona Molinari – Foto Erwin Benfatto

Simona Molinari non ha certo bisogno di presentazioni. È una delle preziose artiste fuori dal coro mainstream che contribuiscono a rendere grande la canzone d’autore italiana. Penso a Tosca (che ha collaborato in una canzone del suo ultimo album, il settimo, Hasta siempre Mercedes, uscito il 22 marzo di quest’anno, dedicato a Mercedes Sosa), a Ilaria Pilar Patassini, Petra Magoni, Fiorella Mannoia, Rossella Seno,  per citarne alcune. Una ristretta cerchia di donne impegnate, brave, dotate di voci inconfondibili. 

Proprio con Hasta Siempre Mercedes Simona ha vinto per la seconda volta – la prima fu due anni fa con l’album Petali – il premio Tenco, targa che ritirerà il prossimo 17 ottobre a Sanremo. Il 7 marzo scorso è stata insignita a New York del Callas Tribute Prize NY, premio dedicato alla mitica soprano americana di origine greca.Ve ne parlo perché il 4 e 5 ottobre Simona sarà la protagonista al Blue Note di Milano di quattro concerti: sul palco l’artista ha invitato quattro giovani “colleghe”, Anna Castiglia, Greta Zuccoli, Alessandra Tumolillo ed Emma Morton che, per formazione, curiosità e impegno sono il naturale proseguimento di questa filosofia musicale, dove c’è posto per l’incanto e il disincanto, per l’amore e tutte le sue forme, non musica fine a se stessa ma musica che emoziona, fa pensare, non costringe all’indifferenza. Con lei ci saranno Claudio Filippini al pianoforte e tastiere, Egidio Marchitelli alle chitarre, Nicola Di Camillo al basso elettrico e Fabio Colella alla batteria. 

Il canto contro le ingiustizie al servizio della libertà, la musica contro le chiusure mentali, l’indifferenza. La scelta di riportare all’ascolto una donna come Mercedes Sosa, simbolo della lotta contro la feroce dittatura argentina iniziata nel 1976 e “madre” di un popolo a cui si era messa al suo servizio, è coerente con questi oscuri tempi di guerre, morte e populismi. 

Con Simona ci siamo fatti una bella chiacchierata che vi riporto qui di seguito.

Perché hai scelto di non cavalcare il mainstream?
«Innanzitutto, fin da piccola volevo fare la cantante. All’inizio della mia carriera il mio amore era solo per questo strumento, la voce. Poi, grazie alla voce mi sono innamorata della musica e in seguito della scrittura. È stato un cambiare progressivo nel tempo, come avviene per tutti i processi d’amore. L’amore è energia, non si crea né si distrugge, si trasforma. In questo percorso ho scoperto che ciò che era il fine, cioè il cantare, era invece un mezzo. Arrivata a una certa età ho capito che, con tutto quello che avevo imparato, potevo fare cose molto più grandi che non fossero semplicemente il raggiungere il successo, la popolarità, il far sentire quello che sapevo fare: potevo comunicare, creare situazioni, collaborazioni, quello che poi è il senso della musica che ha questo potere di muovere le nostre emozioni, di aggregare, di filosofare ma anche di mettere insieme più persone intorno a un ideale. Insomma, creare a mio modo quello che penso, e cioè, un pezzettino di bellezza da divulgare perché il mondo ne sia sempre più contagiato. Oggi è il senso del mio fare musica, magari cambierà ancora…».

Senso che hai applicato felicemente nel tuo Hasta siempre Mercedes!
«In passato ho fatto altri tributi, più sul palco che su dischi, per esempio quello su Ella Fitzgerald. Nel mio percorso artistico e di vita sono venuta quasi casualmente a contatto con queste donne meravigliose e ognuna di queste mi ha lasciato qualche cosa, attraverso il canto, il proprio modo di esprimersi. Se Ella manifestava la gioia di essere sul palco usando la sua voce come strumento e punto di aggregazione, era la lotta di una donna nera degli anni ’40 e ’50 in America, La Nigra (così era conosciuta Mercedes, ndr), mi ha… folgorato sulla via di Damato, intendo Cosimo Damiano Damato, lo scrittore, regista e sceneggiatore: stava montando uno spettacolo di teatro-canzone su Maradona. Mi ha chiesto una consulenza musicale. Gli ho risposto: “Va benissimo Maradona, ma accanto a lui vorrei raccontare la storia di una donna”. La scelta su Mercedes è stata inevitabile: argentina come Diego Armando, condividevano entrambi l’estrazione popolare e culturale, si sono anche incontrati sul palco, cantando insieme. Da questa idea è nato uno spettacolo che si chiama oggi Hasta Siempre Maradona y Mercedes, che racconta come questi due personaggi sono diventati delle icone. Ho approfondito la conoscenza di Mercedes raccontandone la sua storia, la sua vita. Mi sono talmente appassionata che ho deciso di fermarla su un disco. I suoi brani li trovo universali e quanto mai attuali, per me lei rappresenta la lotta al disincanto, il ritorno all’umanità e credo che questo sia un messaggio estremamente attuale».

Tra l’altro nel tuo disco hanno collaborato Tosca e Paolo Fresu…
«Sì, Tosca in Mon Amour e Fresu in Canciòn de la Simples Cosas. E poi c’è anche Bungaro che ha scritto un brano per questo disco, Nu’Fil ‘e Voce, con Rakele (al secolo Carla Parlato, ndr). Ho tenuto vicino a me le persone, i musicisti con i quali condivido alcune visioni della musica e del ruolo della musica nel mondo».

Quest’anno sei stata premiata con il Callas Tribute Prize e il Tenco. Secondo te istituzioni come il Tenco sono efficaci nel loro ruolo di proporre una musica alternativa al mainstream?
«Oggi più che mai sono fondamentali! È stato un crescendo, la musica che viene divulgata di più è quella più “sovvenzionata”. Credo, invece, che la musica sia anche un servizio pubblico. Oggi chi ha più soldi da investire vince. Per questo credo che ci sia il bisogno di qualcosa che proponga una cultura differente, che non sia quella delle classifiche e dell’intrattenimento. Perché la musica in mano al miglior offerente è diventata praticamente pubblicità. L’ultima cosa che vende un cantante di successo oggi è la musica. Così non si è artisti ma influencer!».

D’altronde la musica interpreta la società. Non c’è mai fine al peggio…
«Stavo assistendo proprio in questi giorni ai vari casi di dissing, genere così tanto di moda: che tipo di cultura propongono? Vanno negli occhi e nelle orecchie di ragazzini anche molto piccoli. È quella la cultura che vogliamo per loro? Si può mettere da parte tutto ciò che è valore ed erigere a valore universale il soldo? È giusto per l’umanità, ci fa del bene? Sono domande che mi lasciano molto dubbiosa».

È una spirale: se tu proponi cultura facile e a basso costo ai ragazzi, soprattutto attraverso i social, la diffusione è massima e ci si ritrova così. Peccato, perché i social usati bene avrebbero un alto potere culturale…
«Un ragazzino tra i 10 e i 15 anni è manipolabile e, soprattutto, non ha un pensiero critico. Per questo sono tra quegli artisti fautori della legge per vietare i cellulari e i social ai minori di 14 anni. Trovo che uno possa avere tutta la libertà di espressione del mondo, anche quella di fare la sua personale cultura sui social, ma devono esserci dei limiti. Se da adulta riesco a catalogare delle cose da una parte o dall’altra, un bambino non ci riesce e se l’unico modello che ha di fronte è quello lì diventerà per forza la sua cultura».

Cambiamo argomento. Sei una appassionata di musica latina, soprattutto brasiliana. Hai anche duettato con Gilberto Gil. Che cosa ti attira di quel genere?
«La musica riesce a comunicare direttamente a livello inconscio con le nostre sensazioni, anche se è un brano cantato e non si capiscono le parole. Nel mio caso, jazz, bossanova, Mpb toccano le mie corde, vibriamo insieme. Poi da cantante e musicista ritengo sia una musica bella e complessa, tanto quanto mi sento io complessa dentro la mia testa. Ma, seppur difficile, credo sia possibile renderla più accessibile, se divulgata in un certo modo. È quello che ho sempre fatto nel mio lavoro: mescolare quelle armonie e melodie cercando di comunicarle in modo semplice, non elitario, visto che elitario proprio non è. Il jazz nasce come musica popolare, sicuramente ha una complessità armonica che rispecchia i tempi storici in cui è passato. Oggi deve essere per forza tutto veloce e semplice, non c’è il tempo per cercare di comprendere».

Torniamo al premio Tenco. Lo hai vinto due volte. È ancora un trampolino?
«Più che un trampolino è un campionato diverso da quello che si gioca normalmente, in cui molti musicisti, compositori, autori non possono competere, cioè il campionato delle classifiche commerciali. Il Tenco mette un marchio, ti posiziona in un torneo alternativo e, dato che ci sono moltissime realtà che attingono da questo campionato per le proprie stagioni e i propri live, è un trampolino per tutti coloro che cercano di ascoltare una musica diversa da quella mainstream».

Verrai al Blue Note il 4 e 5 ottobre…
«Sì, con quattro set, due per serata. Per ogni set ho voluto fortemente una giovane artista che stimo. C’è Anna Castiglia, cantautrice fantastica, arguta, Greta Zuccoli – di lei mi piace il suo colore di voce, incredibile – Alessandra Tumolillo, chitarrista, musicista fenomenale, ed Emma Morton, un’anima tormentata e fantastica con una voce unica. Sono quattro colori diversi, ognuno per ogni set. Con ciascuna costruiremo un piccolo momento artistico, l’interplay jazzistico, che mi piace chiamare “l’evadere insieme”».

Parlate infatti lo stesso linguaggio, sono dunque delle brevi conversazioni…
«La conversazione è bellissima, ma la cosa in cui devi eccellere non è tanto il modo di esprimerti quanto l’attenzione nell’ascoltare l’altro, cosa che oggi si fa sempre meno».