La felicità e il futuro secondo Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù – Foto Mauro Talamonti

L’ignoranza è certezza, fare i soldi e scappare/ Mendicanti di ebrezza, noia peninsulare

Mi ha colpito questo passaggio nel testo di Italia Pornografica, brano che apre l’ultimo lavoro di Paolo Benvegnù dal titolo Solo fiori. L’artista in questione ha un pedigree d’eccellenza nel panorama di quella musica italiana per nulla mainstream, e probabilmente per questo di grande valore artistico.

Musicista riflessivo, che si colloca da sempre nell’ala alternativa di un cantautorato rock, aperto, raffinato, a tratti maestoso ma sempre graffiante, dove le parole e la musica contano in egual misura. In Solo Fiori – un Ep composto da cinque brani- ci sono accenni stupendamente prog (ascoltare Tulipani), c’è la poesia, Lasciati svegliare piano, piano/ Che la luce non ci riconosca/ Confondo il tuo respiro con l’inverno/ E le mie mani con le tue paure/ Difenditi dai miei pensieri incerti/ Nascondimi nei sogni e nei tuoi occhi… Ci sono quei tappeti synth che rendono tutto molto leggero, sognante, e poi c’è la voce di Paolo, forte, sicura che cavalca queste fitte praterie sonore. In Non esiste altro, c’è la perfetta collaborazione con Malika Ayane (altra voce fuori dal comune), una ballad che fa tornare alla mente i duetti canori degli Scisma, tra Paolo e Sara Manzo. Ricordate Rosemary Plexiglass? Sara aveva gli stessi dolci passaggi canori di Dolores O’Riordan dei Cranberries…

Torno su quei versi iniziali. L’ignoranza è certezza, fare i soldi e scappare/ Mendicanti di ebrezza, noia peninsulare, una sintesi perfetta di quello che stiamo vivendo in questo periodo ultratecnologico, eppure così arido. Ignoranza figlia dell’ingordigia, vita scandita dal consumo viziato ed effimero che si riduce al poco quotidiano. Criceti in gabbia che corrono sulla ruota inseguendo se stessi, ecco ciò che siamo diventati. 

Ho voluto fare quattro chiacchiere con Paolo su tutto ciò. Questa sera, 15 giugno, alle 21 se avete voglia di ascoltarlo e apprezzarlo, sarà a Premeno, a Villa Bernocchi nell’ambito di Musica e spiritualità, festival organizzato nei borghi del Verbano fino al 26 giugno. Dialogherà di musica e spiritualità con Piefrancesco Pacoda e suonerà in acustico. Il 24 giugno, invece inizierà il suo Live Estate 2023 con i suoi compagni di viaggio – Luca Baldini, Daniele Berioli, Gabriele Berioli, Tazio Aprile e Saverio Zacchei – a Nottilucente, nella Rocca di Montestaffoli nel comune di San Gimignano, mentre il 21 luglio suonerà in solo a Bologna al parco della Montagnola per Montagnola Republic e il 12 agosto alla Nxt Station di Bergamo.

Paolo, partiamo da Italia Pornografica, un inizio non certo tranquillo!
«È per stigmatizzare il pericolo che abbiamo davanti agli occhi e che non percepiamo. Siamo tutti assoggettati alla tecnologia con l’idea che ogni cosa che arrivi debba essere utile. Nota il filosofo Umberto Galimberti: siamo esseri umani o figuranti antropomorfi? Bella domanda. Per me è pornografico l’uso che si fa della tecnologia: ci sono tantissimi che hanno poco da dire ma che parlano molto, una massiccia saturazione di narrazioni personali, ma non tutti siamo Truffaut! È un gioco di meravigliose narrazioni personali che bisogna per forza accettare ma che mi fa sentire ancora di più un uomo del Novecento».

Di cosa avrebbe bisogno oggi l’uomo?
«Della consapevolezza di intercettare l’imprevedibilità di cui tutti siamo fatti e dell’irrazionalità dell’amore. Ce lo indica l’universo stesso, che è in continuo cambiamento, la vita è sempre stata una metamorfosi. C’è chi interpreta l’etimologia della parola amore dal latino a-mors, privo di morte: mi piace vederlo così, amare è non dare morte ma vita. Quello che abbiamo vissuto nel secondo dopoguerra in Europa è stata una pausa, ma gli uomini non ce la fanno a stare senza combattere e senza uccidere».

Su questo pesa molto l’educazione, come vengono cresciuti alla vita i ragazzi. Vale anche per il far musica non trovi?
«I ragazzi sono tutti molto istruiti nell’essere “funzionanti”. E questo è il primo vulnus: non sono educati sentimentalmente, hanno una grande infarinatura di tutto ma non approfondiscono mai. E se non vai a fondo finisci per tornare indietro. Prendi la musica: oggi siamo ripiombati negli anni Sessanta. Il mercato musicale è lo stesso: si producono solo singoli, tanti singoli. In quegli anni, però, non c’era la tecnologia, c’erano pochi artisti che sfornavano a ripetizione, quattro o cinque sono ancora in vetta, vedi Gianni Morandi, allora persino Umberto Bossi fece il suo singolo. Oggi siamo in questa stessa fase ma con la tecnologia che ti porta ad ampliare e a consumare musica ancora più velocemente».

C’è un appiattimento musicale perché non si approfondisce, una sgrammaticata sequenza di poche parole, le solite cento che vengono usate perché si deve scrivere velocemente sullo smartphone…
«Quanto mi piacerebbe sentire dei ragazzi di vent’anni che mi dicono qualcosa di nuovo che non so. Giovani bravissimi che fanno freestyle ce ne sono, però non usano la musica per condividere ma per entrare in competizione. Manca la cooperazione, che era un punto importante per i musicisti della mia generazione, ancora oggi mi innamoro dell’alterità degli altri».

L’uomo ha più o meno sempre gli stessi desideri?
«Respiriamo come diecimila anni fa, il cuore batte come diecimila anni fa, quello che è cambiato è la velocità che accompagna le nostre vite. Ciò provoca una paura generalizzata e la paura è una grande forma di controllo. Ma perché non si può vivere nella gioia? Tutti dovrebbero avere la lucidità di svegliarsi ogni mattina stupendosi delle cose. Invece non ce ne rendiamo conto, ed è svilente».

Forse perché siamo troppo bombardati da informazioni – che spesso sono fake – incapaci di elaborare quello che sta intorno a noi…
«Noi abbiamo avuto una grande fortuna: la noia. È stata lei il vero carburante per capire cosa volevamo. Oggi i ragazzi non hanno il tempo di annoiarsi non c’è spazio per desiderio e fantasia. Se non sapevamo qualcosa andavamo a chiedere a chi aveva studiato e a nostra volta poi la studiavamo, approfondivamo. Oggi si va di semplificazione, elidi questo, elidi quello… la musica è lo specchio della vita, desiderio e fantasia si riducono in spritz, palestra, moda. Ho però una speranza: gli adolescenti stanno cambiando, stanno sviluppando un concetto critico verso l’uso nocivo della tecnologia».

A questo punto Paolo, da musicista come vedi il tuo futuro?
«Non ho ruoli, sono uno spettro, racconto un mondo antico senza nostalgia… La musica per me è una meravigliosa passività, perché non si guadagna nulla. Ma sono una persona felice, non ho mai fatto del male a nessuno. Lo dico senza provocazione: il mio futuro è diventare un corriere di Amazon o di Deliveroo e fare musica per hobby. Solo così potrò permettermi di avere un pensiero».