Piano City Palermo, nuova edizione in corso fino a domani

Ricciarda Belgiojoso, direttrice artistica di Piano City Palermo

È iniziata ieri la quinta edizione di Piano City Palermo, tre intensi giorni di musica dedicati allo strumento per eccellenza, quell’arpa, come mi disse un artista, racchiusa in uno scrigno di legno che riesce sempre a incantare e catturare, indispensabile per ogni musicista. Molto spesso le partiture, anche se per altri strumenti, vengono composte al pianoforte. 

Sto scrivendo questo post mentre ascolto uno degli album – secondo me, ovviamente – più intensi dedicati a questo strumento, You must belive in Spring di Bill Evans, con Eddie Gómez al contrabbasso ed Eliot Zigmund alla batteria. B Minor Waltz, The Peacocks, We Will Meet Again sono opere d’arte. Nel disco, rimasterizzato proprio quest’anno, c’è anche una versione del classico Without a Song davvero strepitosa.

Torno a Piano City Palermo: in una città che da sempre accoglie la musica – ricordo un’estate, una notte intera in giro per la città ad ascoltar note tra giardini, musei, bar – l’edizione matrice di Piano City Milano ha deciso di portare anche qui quest’esperienza immersiva che ormai ha abituato sia la metropoli lombarda sia il capoluogo siculo. Ne ho parlato con Ricciarda Belgiojoso, condirettrice artistica assieme a Titti Santini del progetto Piano City, nonché brava pianista e architetta. 

Quinta edizione a Palermo, Ricciarda, ma perché proprio il capoluogo siciliano?
«Perché Palermo è una città musicalissima, molto ospitale, che ha fatto suo questo festival. Sembra naturalmente palermitano. Il Festival in appena tre giorni va nei luoghi più belli della città ma anche in quelli più sensibili, come, d’altronde, abbiamo fatto a Milano. E Palermo ha dei luoghi mozzafiato, vedi l’inaugurazione di ieri sera davanti alla scalinata del Teatro Massimo, sabato e domenica andiamo, fra i tanti luoghi, anche a Danisinni, quartiere nel centro città (a due passi da Palazzo Reale, ndr), ma un’isola che appartiene alla comunità locale, quasi impermeabile. In questi anni si sta facendo moltissimo, ci sono la fattoria, l’orto, un nuovo asilo. I concerti li organizziamo a stretto contatto con i promotori locali: qui c’è Fra’ Mauro impegnato a far partire l’asilo. È un modo per aiutare e mostrare come la città sta cambiando».

Anche a Palermo ci saranno i concerto all’alba e al tramonto?
«Certamente! L’alba la festeggiamo domenica alle 6:30 nella Tonnara Florio, nel quartiere Arenella, rappresentativo del rapporto tra la città e il mare, con un concerto del venticinquenne milanese Thomas Umbaca, un musicista bravo e sensibile. Ogni anno cambiamo il percorso e ogni volta conosciamo una Palermo diversa, una città che si sta trasformando anche nei suoi punti più sensibili. Per esempio, il Porticciolo di Sant’Erasmo, ci siamo stati nelle scorse edizioni, era un posto malfamato, inavvicinabile, oggi è un punto d’incontro aperto e frequentato, a disposizione della città. Siamo presenti con l’unico concerto jazz alla Piana dei Colli, in un quartiere nuovo, e poi all’Orto Botanico, uno dei giardini più belli d’Europa».

Amine Mesnaui, a Piano City Palermo 2021 – Foto Fabio Florio

Un bilancio dopo cinque anni: c’è interesse delle istituzioni e della gente per questa manifestazione?
«Da subito qui c’è stata un’attenzione del pubblico inaspettata e incredibile. Abbiamo uno strumento, il pianoforte, suonato dal giovane talento alla star internazionale, con cui si può giocare anche con l’età degli ascoltatori. Ai concerti pomeridiani partecipano i bimbi, ascoltano attenti, ballano, si divertono, il massimo dell’ascolto e dell’informale. Poi ci sono appuntamenti per appassionati e altri per “esploratori” che amano saltare da un ascolto all’altro (l’appuntamento all’alba è frequentato per lo più da trentenni, quarantenni), la sera ci sono i più giovani. Abbiamo sperimentato anche i concerti di notte, il Piano Night, a Mondello nelle edizioni passate. L’aspettativa è alta, ti chiedi se riuscirai a rispondere, mettiamo gli spettacoli su prenotazione su internet e, in pochi minuti, i posti sono esauriti, c’è tanta richiesta perché non è un festival musicale ma è il Festival della città, che appartiene a tutti. C’è una nuova amministrazione cittadina da pochi mesi, sul piano musicale è molto attenta alla continuità del nostro e di altri progetti, che si legano anche alla riqualificazione fisica della città».

Parli come se fossi una palermitana!
«Non lo sono! Ma grazie a questa attività, ho avuto modo di conoscerla e di viverla, di entrare nel tessuto cittadino».

Come selezionate gli artisti?
«Tramite una “call”, li scegliamo e li chiamiamo. Abbiamo fatto il concerto di apertura con Lambert, personaggio misterioso, che arriva da Berlino e indossa una maschera sarda, fa una musica accattivante, usando  l’elettronica. Stasera ci sarà Angelo Trabace con il suo lavoro, Sbarco, pensato per un mix di generi (folk, pop, jazz). Chiudiamo domenica con Demian Dorelli, che porterà al chiaro di luna una rivisitazione di Pink Moon di Nick Drake. Loro sono ospiti invitati. Sui giovani c’è una selezione a monte. Qui a Palermo ci sono i The Brass Group,  fondazione e orchestra dirompente su cui ci appoggiamo per la scelta jazz, come il concerto alla Piana dei Colli stasera alle 18:30 di Saverio Perrone che esegue musiche di Gershwin, Evans, Petrucciani, Joplin, Ellington e Jarrett. C’è anche l’inaugurazione di un progetto per i musicisti ucraini, Open Doors for Ukraine, una serie di sei concerti durante l’anno, con Kateryna Ziabliuk (domenica alle 17:30 al Teatro Massimo, ndr)».

Ho visto in programma anche un paio di talk dove intervieni anche tu…
«Sono due appuntamenti alle 19:30 oggi e domani sera in piazzetta Bagnasco, con due ospiti chiave, personalità di Palermo, in cui, grazie agli spunti del giornalista Gerry Palazzotto, si parlerà del rapporto tra musica e città: il primo è Antonio Balsamo, presidente del Tribunale di Palermo, grande melomane, il secondo Davide De Novellis, a capo della caserma del quartiere Zen, carabiniere e pianista».

Visto che sei anche una pianista, cos’è per te la musica, che emozioni ti dà, quale preferisci?
«Il pianoforte è il massimo, puoi farci anche l’orchestra! Vederlo in giro per la città è piuttosto surreale: arriva questo mostro, lo devi piazzare, accordare. Perciò si percepisce che non è la solita musica da strada (peraltro musica che adoro!). È un gigante che attira l’attenzione. Quello che piace a me è la musica contemporanea, la musica d’oggi, la musica nuova. Approfitto, anche sadicamente, del pubblico, perché è vero, autentico, non di quelli che zittiscono il vicino se fa il minimo rumore, che apre le orecchie e ascolta per cinquanta minuti con autentica curiosità. Questo è la chiave per un festival così pop – la gratuità è una forma d’arte pubblica – e formativo».