Una domenica di bella musica nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, sull’Appennino Tosco-Emiliano, il penultimo appuntamento (l’ultimo sarà il 27 con Ludovico Einaudi) di una sei giorni di un Festival molto interessante per la sua costruzione musicale grazie alla direzione artistica di Enzo Gentile, organizzato dall’Associazione culturale PratoVeteri di Pratovecchio Stia. Oggi alle 5 del mattino, alla Pieve di San Pietro di Romena, Adam Kromelow ha presentato il lavoro dei Genesis Piano Project, progetto iniziato alcuni anni fa con un altro pianista, Angelo Di Loreto, purtroppo mancato due anni fa. Adam lo abbiamo incontrato al festival Ahymé di cui vi ho parlato recentemente in questo post, intervistando Giovanni Amighetti.
Nel tardo pomeriggio, alle 18, a Pratovecchio, il pianista Luis Di Gennaro suona con il dj Comakema accompagnati dall’arte visiva di Afran, pittore e scultore camerunese. Alle 21 chiude Fabio Concato, che ho rivisto mesi fa a Milano al teatro Lirico, sempre un grande artista, uno che sa trasmettere cultura ed emozioni.
Questa sera, alle 20, al castello di Porciano, ci sarà anche un altro incontro musicale, molto intrigante. Un progetto che il trombettista Marco Vezzoso e il pianista Alessandro Collina, accompagnati dal percussionista Andrea Marchesini, portano avanti da qualche anno: ridare dignità alla musica italiana di qualità attraverso la forma del brano strumentale, rivisto in chiave jazz-concertistico. Una bella operazione, che ha avuto molto successo soprattutto in Oriente, dove la musica italiana ha molto seguito. «L’idea non ha niente di nuovo», mi racconta Marco Vezzoso, «Lo facevano i jazzisti americani negli anni Quaranta, rivedevano brani al tempo famosi in chiave jazz, tenendo melodia e armonia originarie».
Con questo spirito, a marzo scorso il trio ha pubblicato un disco per i 70 anni di Vasco Rossi, dal titolo Kind of Vasco, un doppio album con 14 brani firmati dal rocker di Zocca. A Porciano questa sera proporranno una selezione. Ascoltare rock senza rock, fa un certo effetto, indubbio. Però aiuta a scoprire la qualità del brano, «Quando la melodia funziona…», sostiene giustamente Marco. La musica la si può vedere in tanti modi e in tanti modi può sempre emozionare…
Il vostro scopo è raccontare la canzone italiana d’autore perché non si perda, una sorta di richiamo della memoria…
Marco Vezzoso: «È una nostra battaglia, riuscire a portare al pubblico che magari non ha mai ascoltato questa musica o lo ha fatto distrattamente. Facciamo genere strumentale dove dentro trovi jazz, ma anche classica, musica etnica».
Alessandro Collina: «Siamo partiti da un concetto semplice: la musica va conosciuta. In Italia abbiamo una lunga tradizione musicale che non è considerata nel modo giusto. Quello che vedo oggi nel mio Paese è che i progetti musicali sono sempre ripetuti, non ci si sforza di fare altro, perché c’è una garanzia di guadagno».
La musica non dovrebbe essere solo questo. Così non si educa a una sensibilità sonora, c’è il rischio reale di appiattire, schiacciare in basso il livello culturale…
Alessandro Collina: «È venuta meno un’educazione musicale seria, è comunque un atteggiamento dei tempi. Se ripenso al mio trascorso, il musicista deve essere per forza un professionista altrimenti non viene considerato. All’estero ho trovato e suonato con medici, professori straordinariamente bravi. Qui abbiamo ancora una supponenza teoretica…».
Che porta a un elitarismo, nocivo alla “democratizzazione” della musica più complessa e impegnata…
Marco Vezzoso: «In Italia la musica strumentale è praticamente sparita dai media, giornali, televisioni, radio. In Francia dove insegno (è professore di tromba jazz al conservatorio di Nizza, ndr) ci sono radio e giornali specifici sul genere. Noi ci battiamo perché sia sempre presente, perché si possa ascoltare anche nei negozi. Come musicisti abbiamo l’obbligo di diffondere la cultura e la nostra arte».
Alessandro Collina: «La scuola non si è resa conto di tutto ciò, i ragazzi devono avere gli strumenti giusti per capire la musica. Mi dispiace, perché ho tanti amici nella lirica, ma non c’è stato nessuno che abbia portato ai più la conoscenza di questo repertorio, la televisione di stato trasmette qualcosa a orari improponibili perché non si fa audience. È un discorso molto ampio, speravo che con l’avvento dei licei musicali cambiasse, sì qualcosa si è mosso, ma non si mette ancora a disposizione un percorso idoneo che spinga i ragazzi a scegliere».
Siete stati in tournée in Oriente più volte, ci sono differenze rispetto a quanto stiamo discutendo?
Alessandro Collina: «In Cina, in Indonesia, in Giappone i giovani studiano musica distinguendo quella che è della loro tradizione, quindi si applicano anche sulla classica, il jazz, il rock».
Marco Vezzoso: «Ti parlo della Francia, che conosco bene: ci sono proposte molto variegate nell’educazione musicale come ci sono in Italia. La differenza sta nel come lo si fa: lì l’insegnamento è adattato a ogni genere di età, dunque, molto molto attento. Dei giovani che frequentano il conservatorio il 10-12 percento faranno la professione di musicista, tutto gli altri diventeranno pubblico, un ottimo pubblico, consapevole, attento, curioso. Certo, anche Oltralpe c’è il pop che si prende la parte mediatica, ma vicino esiste pure il jazz, c’è spazio nei media di stato e privati, non è un ascolto relegato nelle fasce notturne!».
Tornando al lavoro sul Komandante: viaggia su questa strada che avete tracciato…
Marco Vezzoso: «Sì, e questa sera è la prima volta che lo presentiamo in trio. Poi lo proporremo in altre date, in Italia e in Francia fino a metà settembre».
Vasco è a conoscenza, ovviamente!
Marco Vezzoso: «È stato lui, attraverso il suo entourage, a contattarci, dopo aver sentito la versione di Sally che Alessandro ed io avevamo pubblicato in Italian Spirit nel 2020. Tutto è nato da un video che avevamo girato quando eravamo in tournée in Cina. Da lì è iniziata una stretta collaborazione che ci ha portato a scegliere 15 brani della sua carriera infinita».
Alessandro Collina: «Sally in Cina è stato un successo enorme e ci ha fatto capire quanto sia apprezzata la musica italiana nel mondo. E poi, credo che Kind of Vasco sia la giusta celebrazione di un artista incredibile le cui canzoni sono piene di spunti, doverosi da valorizzare con la musica strumentale».