Mi è capitato sotto mano l’ultimo lavoro targato Rebel Bit, uscito il 5 novembre scorso, dal titolo lapidario: Come. Il gruppo in questione viene da Cuneo. Sono cinque musicisti, tutti trentenni, tutti usciti dal Conservatorio che hanno scelto la loro personale cifra stilistica: cantare a cappella. Sì, un coro, anzi, un Signor Coro! All’estero, soprattutto negli Stati Uniti, dove il genere è vivacemente sull’onda da anni, sono famosissimi, hanno avuto riconoscimenti importanti come le cinque nomination ai Contemporary A Cappella Recording Awards di Boston e altrettanti nell’A Cappella Video Awards di Los Angeles. Da noi, hanno partecipato come concorrenti a Italia’s Got Talent edizione 2021.
Come ben si evince dal nome della formazione, è un coro che si “ribella” alla tradizione e lavora con effetti e programmi tipici della musica elettronica. Il risultato è molto interessante. Dopo aver parlato con Beppe Dettori e Raoul Moretti dei cori tradizionali sardi in Animas, disco che riconsiglio!) ho voluto approfondire questo genere che certamente affascina e cattura con il “Rebel” Lorenzo Subrizi, l’arrangiatore dei brani di Come.
Lorenzo, sul vostro sito vi definite “voci al servizio dell’elettronica”…
«Esatto, ma vale anche elettronica al servizio della voce. Questo siamo noi, la ragione per cui abbiamo studiato questo nuovo approccio al canto a cappella. La musica vocale in Italia è ancorata ai canti corali della tradizione, i Tenores in Sardegna, i cori degli alpini dalle nostre parti, e, fortissima, la musica corale classica. Quella vocale moderna, invece, ha sempre fatto fatica a decollare».
In effetti, mi vengono in mente solo i salernitani Neri Per Caso, ma era negli anni Novanta.
«Cantano e fanno concerti ancora oggi, però e un circuito molto settoriale. Ed è un problema, e qui ti parlo da insegnante (i Rebel sono tutti insegnanti alla Fondazione Fossano Musica, ndr): è una questione culturale. Negli States è un genere molto sentito e seguito, ci sono festival dove la maggioranza degli ascoltatori sono ragazzi. Basta pensare al fenomeno dei Pentatonix, entrati nel circuito mainstream. Oltre ai Rebel Bit, collaboro con i genovesi Cluster. Negli ultimi anni c’è un cambiamento, stanno nascendo gruppi di musica corale moderna formati da giovani».
Parliamo un po’ di voi…
«Veniamo tutti dal conservatorio di Cuneo, siamo tra i 30 e i 35 anni. Tre di noi, io, Giulia Cavallera e Guido Giordana ci conosciamo da adolescenti. Abbiamo frequentato il liceo musicale “Ego Bianchi”, sempre a Cuneo. La dimostrazione che se la scuola ti forma, fa cultura musicale, lascia poi il segno. Siamo tutti insegnanti di musica e stiamo vedendo una sempre maggiore curiosità degli allievi nello scoprire qualcosa di diverso che non sia il solito mainstream. Credo che in Italia manchi un’educazione all’ascolto, finché si continua con il flautino alle elementari non si andrà da nessuna parte…».
E Italia’s Got Talent?
«Abbiamo partecipato quest’anno, dopo due anni fermi per le note cause, per cercare di portare in televisione il nostro lavoro».
Come siete strutturati nella “band”?
«Paolo Tarolli è il nostro baritorno e beatboxer, il batterista vocale, Guido Giordana è tenore e baritono, Giulia Cavallera soprano, io basso e baritono, mentre Andrea Trona è il nostro sound designer. Io mi occupo degli arrangiamenti, mentre Andrea lavora sui live looping, che usiamo spesso, e sugli effetti sulle voci che sembrano strumenti musicali. È uno scambio continuo, elaborazioni di suoni vocali che diventano elettronici e viceversa. Il risultato è una sonorità piuttosto unica, dalle nostre ricerche ci sono solo due, tre gruppi nel mondo che fanno ciò».
Quando avete deciso di diventare Rebel Bit?
«Siamo nati ufficialmente nel 2018 con l’idea di ricercare sonorità particolari, ma abbiamo impiegato un paio d’anni a mettere a punto il progetto. Dietro c’è tanta ricerca e studio. Ora, oltre al disco, che abbiamo iniziato a portare nei teatri, continuiamo a presentare un musical basato sul Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, che abbiamo chiamato Paper FlightS. Il nostro obiettivo è quello di far conoscere l’arte del canto corale a cappella in uno spettacolo teatrale strutturato, accompagnato da una scenografia e da supporto video».
Una curiosità, come scegliete i brani e quanti sono di vostra composizione nell’EP che avete pubblicato? Il traino di Come è Toccaterra, canzone contenuta nel disco omonimo d’esordio di Emma Nolde (2020). Tra l’altro un lavoro e una cantautrice molto interessante…
«Nella composizione dell’album siamo partiti da un’idea di ciò che volevamo esprimere, in questo caso il cambiamento, il guardare oltre. Toccaterra della Nolde è un brano che ha scelto Giulia, per dare spazio al nuovo cantautorato femminile. Vince chi molla di Niccolò Fabi l’ho scelto io perché mi trovavo in un periodo particolare della mia vita e l’ho arrangiato in base a quello che sentivo. Walk on Water dei Thirty second to Mars è nato nel 2019 per un festival di Fossano. L’abbiamo registrato live con un coro di sessanta elementi più diverse voci importanti di cori europei. Di cover c’è anche Trusty and True di Damien Rice. I nostri due brani originali, Scatto Lento e Not a Fairytale, li abbiamo composti in un ritiro di tre giorni sulle montagne dalle nostre parti…».
Il titolo del disco, Come, si presta a diverse interpretazioni…
«Sì è una doppia lettura, come stiamo cambiando noi e “come”, in inglese, venite, seguite la nostra strada, quello che Damien Rice continua a ripetere in modo ossessivo in Trusty and True…».
Anche la cover non è stata scelta a caso…
«È la scena finale del film Truman Show, il protagonista si rende conto che la sua vita è tutta finta, lo è anche il cielo. E nel cielo trova una scala che lo conduce a una porta, l’ingresso nel mondo reale. L’omino con la valigia è Guido…».
State preparando un altro lavoro?
«Stiamo iniziando a pensare al volume II di Come. Ora stiamo seguendo un progetto didattico particolare che vedrà la luce a metà 2022. Voce ed elettronica in collaborazione con la Fondazione Fossano Musica. Se non si parte da lì, dalla cultura…».