E-Wired Empathy, improvvisazione e condivisione

Oggi vi propongo un lavoro che rispecchia la mia idea di musica: connessione, empatia, condivisione. Si tratta di un Ep che segue un album rilasciato lo scorso anno entrambi firmati dagli E-Wired Empathy, di cui vi avevo parlato in questo post, collettivo di musicisti che si raggruppa intorno a tre solide figure della musica italiana, Giovanni Amighetti, tastierista di cui vi ho parlato più volte in questo blog, Luca Nobis, chitarrista e direttore didattico del CPM Music Institute, fondato da Franco Mussida, e Roberto Gualdi che del CPM è stato allievo e oggi è insegnante, uno dei migliori batteristi italiani in attività. 

E-Wired Empathy Feat. Gasandji, cinque brani per 26 minuti di intenso ascolto, è un lavoro ricco di sorprese. Perché c’è la voce di Gasandji, artista congolese di una bravura sconcertante che canti in Lingala, uno dei dialetti del suo Paese, sempre più raro, ma anche in francese (risiede da anni a Parigi) e in inglese, c’è Moreno “il Biondo” Conficconi, storico clarinettista e cantante dell’orchestra Casadei, cofandatore degli Extraliscio, talmente versatile da emozionare, Valerio Combass Bruno, bassista del gruppo ska punk Après La Classe e Giulio Bianco, polistrumentista del Canzoniere Grecanico Salentino.

Gli E-Wired Empathy, da sinistra a destra, Moreno “Il Biondo” Conficconi, Gasandji, Roberto Gualdi, Giovanni Amighetti, Luca Nobis, Valerio Combass Bruno

Nell’idea di Amighetti e Nobis che hanno dato vita al collettivo internazionale nel 2021 – allora militava anche Gabin Gabiré, mitico suonatore di kora del Burkina Faso, mancato il 9 giugno dello scorso anno – c’è l’improvvisazione, il fondere generi e formazione artistica di musicisti che provengono dalle più diverse estrazioni, affidando all’esperienza di ciascuno e al dialogo la nascita di brani unici. Un significato alto in termini culturali e musicali. 

Si vuole dimostrare come la musica, intesa nell’accezione di linguaggio universale, sia il collante per costruire un nuovo mondo basato non sulle differenze ma sulle affinità. In brani come O vento de Gaita, Lelo Tina Te, Drogatti c’è tutta l’essenza del progetto: musica popolare che si unisce a world music, classica che vola con ampie ali nel progressive e, come punto d’incontro, la voce di Gasandji. Una voce che diventa strumento, persuasivo e percussivo, testi che sfiorano lo spoken word, una collettivazione linguistica inserita in una musica collettiva. “La mia musica viene dai miei piedi”, ha detto l’artista, a significare come il ritmo sia fondamentale ma altrettanto importante è il solido ancoraggio alla terra d’origine.

Ascoltatelo, ne vale la pena! Perché non è un’operazione commerciale ma una sana pratica di condivisone, interplay e speranza.   

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