Adrenalina, amore disordinato, funk, R&B e un disco in ricordo di… Questi gli ingredienti di tre album – due usciti a febbraio e uno nel lontanissimo 1971 – che ho scelto per far da colonna sonora a questo lunedì di sole in una Milano ormai primaverile. Buona lettura e buon ascolto!
1 – What Now – Brittany Howard – uscita: 9 febbraio 2024
La frontman degli Alabama Shakes che dodici anni fa sono esplosi come coriandoli colorati nelle classifiche di tutto il mondo, pubblica il suo secondo lavoro da solista. E finalmente si rivedono quei coriandoli, quelle complessità, quelle atmosfere a cavallo tra cori sognanti e impennate di chitarre secche e penetranti. Dalla “spaziale” Earth Sign che dà inizio alle danze, alla più terrena title track What Now, alla eclettica Another Day, un treno potente che fila dritto senza fermate o deviazioni. Un Holi festival indiano dove l’artista lancia ritmi e generi come fossero colori che vanno ad appoggiarsi ad altre tinte accese, creando un ascolto stratificato e brillante.
2 – Future Pasts – Konkolo Orchestra – uscita 26 gennaio 2024
Dopo l’energia della brava Howard cambiamo completamente ascolto: si vola in Africa per un album che ci riporta alle sonorità di Fela Kuti e Tony Allen, uscito a fine gennaio. La Konkolo Orchestra, al suo primo disco, è un progetto partito dal polistrumentista e compositore Alexis Malefakis e ha sede a Zurigo. Malefakis, disegna ritmi e armonie tipiche degli anni verdi dell’Afrobeat, servendosi di cantanti e ospiti di tutto riguardo: il sudafricano Nongoma, il ghanese Sir Frank Karikari, il congolese Kitio Batola e il percussionista ghanese Eric Owusu. Un disco da ascoltare e da ballare, profondamente funky a partire da Blue G, brano da mettere a tutto volume, con una chitarra alla Nile Rodgers, le percussioni alla Allen e un giro di basso più che funkeggiante. E così si va avanti con Yese Yese, ad How We Got Here, ottava e ultima traccia.
3 – Tago Mago – Can – dicembre 1971
Damo Suzuki, il frontman e chitarrista della band krautrock di Colonia formatasi nel 1968, se n’è andato, a 74 anni, dieci giorni fa a causa di un tumore al colon contro cui aveva combattuto non poco. In questa triade di ritmi, immagini, emozioni, non potevo non inserire un album che ha fatto la storia del rock, quel Tago Mago, primo album dove il chitarrista giapponese era entrato di diritto come frontman, dopo l’uscita di Malcolm Mooney, l’americano che aveva creato l’iconico nome della band. Oggi Tago Mago è un disco di culto per gli adoratori del krautrock (ho una bella cerchia di amici impallinati del genere) e Damo Suzuki è un sacerdote che ha continuato, anche dopo l’abbandono della band nel 1973 (i Can si sciolsero nel 1979), a regalare ai suoi discepoli perle di saggezza musicale, in altre band o da solista, sempre psichedelico, hippy nello spirito e profondamente orientale nel suo cantare visioni. Vi lascio con Halleluwah.