Tre dischi davvero alternativi del 2023

Ritorno da voi ancora acciaccato da una brutta influenza per raccontarvi tre lavori che, vista la mia forzata immobilità, hanno riempito le mie giornate e permesso di viaggiare tra le spettacolari terre del Nord Europa, la spensieratezza del soukous congolese e la cultura maroon a New Orleans. Tre dischi alternativi, non nell’accezione musicale del genere, ma nella loro più intima sostanza, tre modi di percepire la realtà tra sogni, danze, parole. 

1 – Sun Arcs – Blue Lake – uscita: 23 giugno 2023
Dietro il Lago Blu, moniker più che azzeccato, si nasconde un texano, Jason Dungan. Jason vive a Copenaghen, ed è proprio tra i boschi nella Danimarca che ha tratto l’ispirazione per la realizzazione di questo disco strumentale, ricco in armonici e bordoni, vivendo per un periodo in una baita in compagnia del suo cane. In otto tappe il musicista racconta di un viaggio che parte da Dallas, accattivante brano d’apertura dal sapore Americana, fino all’ultimo chiamato Wavelenght (lunghezza d’onda): due percorsi paralleli, il primo fisico e il secondo sonoro, intervallato da brani altrettanto interessanti, ricchi di sfaccettature, come Bloom 6 minuti e 22 secondi di grande potenza espressiva. L’artista ha fatto tutto da solo: una cetra appositamente costruita per Sun Arcs è la protagonista assoluta del lavoro, quindi chitarre, drum machine, brevi fraseggi di clarinetto, violoncello o flauto dolce, tratteggi di una possibile sinfonia. Drone music, certo, ma anche ricerca pignola di un mondo sonoro composto quasi filologicamente lungo il sentiero su cui ogni giorno Jason e il suo amico a quattrozampe si avventuravano. Pezzi apparentemente semplici, fraseggi ripetuti come mantra per ammaliare, sirene innocue per navigare in altre dimensioni…

2 – Bark Out Thunders Roar Out of Lightning – Chief Adjuah aTunde Adjuah – uscita: 28 luglio 2023
Christian Scott non smette mai di stupire. Il quarantenne trombettista di New Orleans, nipote del sassofonista Donald Harrison, dopo aver esplorato il jazz in lungo e in largo con il nome di Christian Scott aTunde Adjuah – di lui vi ho parlato in questo blog nel dicembre del 2020 all’uscita di Axiom (live), il disco dell’ultimo concerto tenuto al Blue Note di New York prima della chiusura per la pandemia – publica questo lavoro completamente diverso rispetto ai precedenti. Un cambio di rotta con il faro della ricerca sempre puntato verso l’Universo. Christian diventa Chief Adjuah aTunde Adjuah, il suo nome di battesimo svanisce, non è necessario. E Bark Out Thunders Roar Out of Lightning, 10 brani per 56 minuti d’ascolto, un disco talmente denso che richiede piùi ascolti. Non è musica convenzionale, non ci sono fiati, ma solo strumenti percussivi (una ventina) e pochi altri a corde costruiti dallo stesso Chief Adjuah. Cito ill New York Times: «Come indica il suo cambio di nome, Chief Adjuah è un capo della Xodokan Nation, parte del movimento Mardi Gras Indians attraverso il quale i discendenti degli schiavi fuggiti onorano i nativi americani che li hanno aiutati». Christian ha seguito le orme dei suoi nonni. La cultura africana, dunque, incontra quella dei nativi americani in un linguaggio musicale che Scott, da un decennio, definisce “stretch” (organizza anche dei Stretch Music Festival), e cioè la possibilità di contaminare senza tener conto dei generi predefiniti seguendo solo una solida base culturale e musicale. E questo disco ne è la prova. Ipnotico, violento nella voce possente di Chef Adjuah, potente nei tamburi che ti entrano nei polmoni e fanno rimbombare la cassa toracica. Ascoltate On the New Orleans (Runnin’ in 7’s Redux), Africa, Brasile, inserti jazz, è un’elettrizzante botta che fa da contraltare al brano successivo, End Simulation, con quell’arpa costruita in casa dallo stesso musicista, l’ennesimo guanto di sfida dell’artista che non teme i cambiamenti radicali. Un lavoro solido, oserei, bellissimo, nella sua vitalità, nel voler ricordare che se esiste il jazz lo si deve a New Orleans e ai tamburi africani. Chiarezza, appunto. 

3 – Congo Guitar – Vumbi Dekula – uscita: 15 settembre 2023
Salutare l’acido 2023 con un inno di felicità e speranza. Congo Guitar è proprio questo: come bene spiega l’ottimo The Pan African Music Magazine è un disco fortemente voluto da Karl Jonas, patron dell’etichetta svedese Sing-A-Song Fighter, che aveva pubblicato quattro anni fa Opika, lavoro-rivelazione dei Dekula. A capo della band di musica soukous, la rumba congolese, genere nato a metà del secolo scorso, un istrione della chitarra, Kahanga Vumbi Dekula. Jonas sognava un disco soukous suonato da Vumba in solo. Così è stato, a Stoccolma il musicista congolese ha registrato in nemmeno due giorni, interagendo con una drum machine, piccoli interventi di un pianoforte, un basso e un banjo. Quello che ne è uscito è puro divertimento dell’artista e nostro che lo ascoltiamo. Il pezzo d’attacco del disco, Africa Blues, mette subito le cose in chiaro, portando l’ascoltatore in un mondo “altro”. Il blues lascia il posto al soukous con Maamajacy, pezzo ipnotico che vorresti non finisse mai. Così anche Zuku, con quella chitarra acida che per magia diventa dolcissima e un pianoforte a muro utilizzato per suonare poche, essenziali note. Chiude la provocatoria UN Forces (Get Out of the Democratic Republic of Congo): un banjo ostinato introduce il tema su cui s’inserisce la chitarra di Dakula, due strumenti che nell’avanzare del brano perdono la loro individualità fondendosi uno nell’altro, e l’invito esplicito dell’artista all’Onu di lasciare il suo Paese, “democratico”. Uscita che le Nazioni Unite, dopo 24 anni di missione MONUSCO (Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la stabilisation en République démocratique du Congo) hanno deciso di anticipare al 2024. 

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